Due imprese su tre faticano ad attrarre i giovani, ma di queste solo una su due usa la formazione per rendersi appetibile e ancor meno definisce percorsi di crescita professionale. Nel Triveneto il 57% degli imprenditori intervistati dalla Fondazione Nord Est ha confermato, indipendentemente dalla dimensione, di aver avuto difficoltà nell’assumere e/o trattenere i giovani in azienda. Con una punta del 61,2% nel metalmeccanico e minori criticità nei servizi (34,3%).
Secondo gli intervistati le difficoltà derivano dalla scarsa attrattività che il lavoro in fabbrica esercita sui giovani (49,5%) e dalla distanza tra competenze richieste e preparazione dei candidati (36,1%). Ma perché? Le nuove generazioni hanno un approccio al lavoro che assegna un ruolo chiave a tre aspetti, che vanno oltre la retribuzione: la possibilità di intraprendere un percorso di crescita di competenze, la possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro e la condivisione con l’azienda di alcuni valori, come la sostenibilità e l’inclusione.
Solo una parte minoritaria delle imprese che faticano ad attrarre i giovani ha colto l’importanza di soddisfare questi bisogni e attuata azioni concrete come la formazione continua, la definizione di percorsi professionali personalizzati, l’attenzione al bilanciamento dei tempi e la flessibilità. Sono soprattutto le grandi aziende a adottare queste strategie, potendo offrire anche il welfare aziendale (53,5%) e lo smartworking (45,6%).
Secondo gli stessi imprenditori, l’impegno delle imprese deve essere affiancato anche da quello dei territori, con azioni che possano favorire la propria capacità attrattiva. In primo luogo, con misure rivolte proprio ai giovani, ma anche con politiche per supportare e favorire un upgrading del sistema imprenditoriale, ovvero la crescita dimensionale e una rinnovata cultura di impresa. Resta sullo sfondo il miglioramento della narrazione della trasformazione del manifatturiero per renderlo più interessante per i giovani.
Lavoro: è difficile attrarre e trattenere giovani talenti se non sono preparati
Proprio perché tale criticità è richiamata maggiormente dall’industria non stupisce che sia indicata come causa primaria il fatto che i giovani non siano attratti dal lavoro in fabbrica (il 45,9% dei rispondenti lo indica come prima ragione, il 20,5% come seconda). Come ulteriore motivazione viene ripreso il tema delle competenze e delle scelte formative delle nuove generazioni che non corrispondono a quanto desiderato dalle imprese, non solo quelle manifatturiere (36,1% e 22,1%). Questi due elementi raccolgono complessivamente ben l’82% delle indicazioni nelle prime risposte e sembrano quasi esaurire la lista delle motivazioni che secondo i titolari d’azienda allontanano e non trattengono i giovani; cosicché le altre ipotesi, come quella della mancanza di occasioni occupazionali o come la minore fama delle eccellenze del territorio, ottengono quote ridottissime di adesioni da parte dei rispondenti.
In sintesi, per gli imprenditori le difficoltà nascono da una perdita di contatto e di appeal tra imprese e nuove generazioni e dall’approccio di quest’ultime al lavoro, più che da criticità del sistema imprenditoriale e territoriale. Diventa quindi utile interrogarsi sulle aspettative dei giovani e sulle azioni promosse dalle aziende per avvicinarli.
Lavoro, cosa chiedono i giovani? Crescita, tempo e valori condivisi
Pur non avendo attualmente a disposizione dati raccolti direttamente dalla Fondazione Nord Est presso i giovani triveneti, appare utile confrontarsi con i risultati di alcune rilevazioni che indagano il rapporto tra nuove generazioni e lavoro perché costituisce senza dubbio la base per definire adeguate azioni per trattenere e attrarre questi talenti. Seppure con approcci diversi, le differenti indagini che si concentrano su tali aspetti, con particolare riferimento alla generazione Z o ai laureati, evidenziano alcuni fattori significativi. Un aspetto fondamentale, ad esempio, è il valore attribuito al lavoro come un percorso di crescita professionale e personale, più che come uno strumento per garantirsi una sicurezza economica, con un approccio molto pragmatico, considerata l’elevata quota di lavori precari e il percorso lungo di inserimento nel mercato del lavoro sperimentato dai giovani. Così come risultano fondamentali l’adeguato bilanciamento tra il tempo per la vita professionale e il tempo per la vita personale e l’attenzione verso i valori di cui le aziende devo essere portatrici per suscitare l’interesse dei nuovi lavoratori: sostenibilità e inclusione.
Cosa offrono le imprese ai giovani talenti?
Le strategie attuate per attrarre e trattenere i giovani coinvolgono una quota ancora troppo piccola di aziende, sebbene le quattro maggiormente diffuse risultino coerenti con le esigenze precedentemente richiamate in quanto, da un lato fanno leva sulle loro aspirazioni di crescita professionale e, dall’altro, ne riconoscono le esigenze personali extra-lavorative. Infatti, le azioni realizzate più rilevanti sono: la formazione continua come strumento di sviluppo e aggiornamento dei talenti (40%), la definizione di un preciso percorso di crescita professionale che fissi obiettivi e fasi della carriera (34,9%), l’attenzione alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (31,7%) e, infine la flessibilità degli orari di lavoro attuata dal 30% dei rispondenti. Minoritaria, ma non trascurabile, anche un’attenzione alle questioni salariali (27%) che abbiamo visto essere uno degli elementi che rendono più attrattive le aziende dell’Emilia-Romagna.
Cosa si può fare? Politiche per i giovani e trasformare il sistema produttivo
Le imprese indicano al primo posto la realizzazione di politiche a favore dei giovani, indicazione che ottiene il consenso del 38,1% dei rispondenti come prima scelta e il 19,4% come seconda. Tuttavia, il 36,4% esprime la consapevolezza che l’ambito principale da coinvolgere sia proprio quello dell’impresa. Infatti, vengono indicate due azioni volte a supportare un’evoluzione del sistema imprenditoriale sia favorendo la crescita dimensionale delle aziende del territorio (19,8% come prima risposta e 13% come seconda) sia accrescendo la cultura imprenditoriale, che garantisce una migliore resilienza e una maggiore attenzione alla valorizzazione dei talenti (16,6% e 16,1%). Sebbene con percentuali ridotte, seguono due proposte che riguardano la capacità, da un lato di comunicare quanto il settore manifatturiero sia evoluto e cambiato negli anni e con esso anche il lavoro in fabbrica, con punte di eccellenza significative (6,1% e 10,3%), e, dall’altro, di definire in modo esplicito e chiaro il progetto di sviluppo delle regioni, così che sia riconoscibile negli obiettivi, nei valori e possa agire da elemento di interesse per le persone e gli investimenti (7,6% e 10,7%).