Condividi

Lavoro, il Nord Italia perde 177 miliardi di Pil ogni anno discriminando le donne nel lavoro. Le stime della Fondazione Nord Est

La piena parità aumenterebbe il reddito medio familiare di 8.991 euro in Lombardia, 8.863 in Veneto, 7.367 in Emilia-Romagna

Lavoro, il Nord Italia perde 177 miliardi di Pil ogni anno discriminando le donne nel lavoro. Le stime della Fondazione Nord Est

Più lavoro alle donne e meno discriminazione sarebbero non sono solo due elemnti di giustizia, ma anche contributo alla crescita economica del paese. Lo dice uno studio della Fondazione Nord Est.

L’analisi indica in particolare che Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sarebbero le regioni con i maggiori guadagni in termini di PIL se fosse realizzata la piena parità di genere: 73,7, 31,5 e 24,8 miliardi di euro, rispettivamente. Liguria e Veneto registrano la maggiore perdita percentuale (16,14% e 15,99%). In Trentino e Alto Adige il più alto effetto del divario nel part-time (5,14% e 5,46%).

L’analisi evidenzia l’impatto economico della disparità di genere nelle diverse regioni italiane, stimando i benefici in termini di crescita del PIL e reddito disponibile per nucleo famigliare che si realizzerebbero in ciascua regione del Nord Italia se le donne fossero trattate alla pari degli uomini nel mercato del lavoro, in relazione a occupazione, ore e remunerazione.

Il Nord-ovest trarrebbe il maggiore beneficio complessivo, con un incremento di 106,4 miliardi di euro, mentre il Nord-est registrerebbe un potenziale guadagno di 70,7 miliardi di euro. Il divario assoluto origina soprattutto dalla differenza nelle dimensioni economiche di partenza, essendo la Lombardia la più grande regione sia demograficamente sia per il PIL. Sono tutti valori calcolati sulle grandezze del 2023, non essendo ancora disponibili i conti regionali 2024.

A livello regionale, la Lombardia guida la classifica con un impatto di 73,7 miliardi di euro, seguita da Veneto (31,5 miliardi), Emilia-Romagna (24,8 miliardi) e Piemonte (22,9 miliardi). Anche le altre regioni mostrano valori significativi: Liguria 9,2 miliardi, Friuli-Venezia Giulia 6,9 miliardi, Alto Adige 3,8 miliardi e Trentino 3,4 miliardi. Chiude la graduatoria la Valle d’Aosta, con 0,5 miliardi di euro, un valore contenuto in termini assoluti, ma comunque rilevante rispetto alle dimensioni della sua economia.

In termini relativi la Liguria emerge come la regione con il maggiore effetto complessivo (16,14%), trainata principalmente dall’equiparazione occupazionale (8,67%) e dal part-time (4,66%). Anche il Veneto registra una perdita rilevante (15,99%), con una distribuzione simile tra le diverse componenti. La Lombardia, l’economia più grande in termini assoluti, mostra un mancato PIL che in percentuale è del 15,03%, di cui 8,98% attribuibile all’equiparazione occupazionale.
.
Le regioni con economie più piccole, come Valle d’Aosta e Alto Adige, presentano ricadute del
divario di genere inferiori anche in termini percentuali, ma con distribuzioni diverse: l’Alto
Adige è caratterizzato da un contributo significativo delle minori ore lavorate dalle donne
(5,46%), spiegato dall’elevata incidenza del part-time femminile. Nel Trentino, dove l’impatto
percentuale complessivo è 13,50%, la componente dell’orario di lavoro pesa in modo rilevante
(5,14%), evidenziando la presenza assai significativa di donne impiegate con contratti a tempo
parziale.

In tutte le regioni, il gap occupazionale rappresenta il principale fattore di Pil potenziale perduto. Questo suggerisce che il divario occupazionale rimane la sfida principale per la parità di genere nel mercato del lavoro del Nord Italia. Il maggior ricorso femminile al part-time è per dimensione il secondo fattore di emorragia di reddito, mentre le disparità salariali maschifemmine incidono in misura minore, pur restando significative. D’altra parte, qui si considerano solo i differenziali retributivi calcolati sul monte retributivo diviso per il monte ore lavorate.

Mentre c’è un’altra forma di minore riconoscimento del valore del lavoro femminile che passa per la minore presenza delle donne nelle posizioni dirigenziali e apicali; per cui il metodo qui adottato sottostima reale il divario di retribuzione effettivo tra uomini e donne.

Ecco chi se ne avvantaggerebbe di più

La Lombardia potrebbe registrare il guadagno più elevato, con un aumento stimato di 8.991 euro per famiglia, seguita dal Veneto (8.863 euro) e dall’Alto Adige (8.517 euro), che supererebbe regioni più grandi come il Piemonte (7.523 euro). Ciò si spiega con il più elevato reddito per abitante altoatesino.

Queste stime forniscono un’indicazione concreta di come l’impatto sul PIL potrebbe tradursi in benefici diretti per le famiglie: quasi 9.000 euro annui in più per famiglia in Lombardia significano maggiore capacità di spesa e risparmio e migliore qualità della vita.

Anche l’Emilia-Romagna, spesso considerata all’avanguardia nelle politiche sociali, mostrerebbe un potenziale incremento significativo (7.367 euro per famiglia), suggerendo che persino nelle regioni più avanzate persistono grandi margini di miglioramento nel riequilibrio di genere.

Questi dati evidenziano che le politiche per la parità di genere, oltre a rappresentare un obiettivo di equità sociale, costituiscono una leva di politica economica molto potente, con benefici diretti e indiretti per le famiglie italiane. Diretti via aumento del reddito disponibile, indiretti via i maggiori servizi sociali che potrebbero essere erogati grazie ai maggiori introiti nelle casse pubbliche, centrali e locali.


Commenta