Il lavoro sta cambiando anche in modo rapido. Non solo il contenuto del lavoro, ma anche il modo nel quale si lavora. Lavoro: a casa o in ufficio? La pandemia ha accelerato le tendenze, peraltro già presenti, verso un lavoro ibrido stimolato dalle nuove tecnologie.
Senza entrare nel merito di tali complesse questioni, vorremmo proporvi, in versione italiana, questo intervento di Janina Conboye che, nello spazio che il lunedì Pilita Clark dedica al lavoro sul “Financial Times”, ci racconta quello che sta succedendo a Londra.
Lavoro a casa: però che barba!
Dopo due anni trascorsi nella mia camera da letto, ho deciso di cambiare le cose e sono andata a lavorare in un caffè nel mio quartiere a est di Londra. Dopo essermi sistemata, mi sono resa conto che il WiFi era così lento da non poter nemmeno inviare e-mail. Appena finito di bere un caffè lungo ho deciso di tornare a casa.
Mi piace il mio appartamento, ma in questa modalità ibrida i giorni di lavoro a casa miei e del mio compagno non coincidono, e la tranquillità non mi soddisfa (francamente, la odio).
Molti altri si trovano in una situazione analoga: lavorare da casa è noioso, poco produttivo o semplicemente impossibile. Ma c’è una soluzione. Un terzo spazio che non è l’ufficio e non è la casa, ma è una via di mezzo: uno spazio professionale flessibile e accessibile, uno spazio a portata di mano.
Lavoro, il terzo spazio e l’all access di WeWork
Conosciamo tutti l’esito di iniziative come WeWork con i suoi spazi di lavoro condivisi che promettevano uno stile di vita diverso e cool (birra gratis!). Dopo la pandemia, WeWork offre un servizio più flessibile, “on demand”, in più di 250 sedi, permettendo ai singoli lavoratori di utilizzare gli uffici senza vincoli continuativi nel tempo e nello spazio. Si è verificato un incremento delle adesioni al suo abbonamento “all access”, che dà accesso a più di 700 uffici. Questo trend è guidato da individui, come pure da aziende, che vogliono dare ai loro dipendenti più flessibilità di orario e location.
Lavoro, il co-working a 10 minuti da casa
Dan Cable, professore di comportamento organizzativo alla London Business School, vede che questo concetto di “terzo spazio” risolvere una serie di problemi. Nel contesto di ciò che lui chiama “nuove aspettative dei lavoratori” — cioè le persone vogliono più flessibilità non solo su come, ma anche su dove lavorano — il fatto che i terzi spazi siano prossimi alle residenze dei lavoratori è fondamentale. “Dieci minuti da casa, questo è ciò che i lavoratori cercano. Vogliono liberarsi di due ore trasferimento ogni giorno, 10 ore di tempo sprecato”.
Aggiunge che il terzo spazio potrebbero essere una componente importante della rivoluzione a lungo termine che sta avvenendo nel mondo del lavoro. “È una soluzione specifica, pratica e conveniente”, dice.
La scena londinese
Arc Club è una delle tante startup ad offrire spazi di co-working vicino a dove vivono i dipendenti. Hannah Philp e Caro Lundin hanno aperto il primo sito a Homerton, a nord-est di Londra, nel 2020 e hanno appena aperto un secondo a Camberwell Green nel sud. Ne hanno altri 10 in cantiere.
I servizi includono scrivanie individuali, cabine per chiamate e sale riunioni -– c’è del caffè, si può fare networking con professionisti locali e un WiFi che funziona. Costa 25 sterline (circa 18 euro) al giorno o 150 sterline (180 euro) al mese.
Chi usa questi spazi? I candidati ovvi sono ovviamente i freelance e i fondatori di imprese individuali. Però, ci sono anche persone che vogliono avere un paio di giorni di riposo dal pendolarismo o cercano a uno spazio professionale per sfuggire ai figli, ai coinquilini o al frigorifero.
Lavoro, il co-working come benefit
I terzi spazi sembrano adattarsi perfettamente al modo in cui il lavoro ibrido si sta evolvendo e sta modellando il panorama degli uffici nelle grandi città. Quando parlo con quelli del settore immobiliare, ricevo l’impressione che le aziende tendano a centralizzare.
Per attirare i lavoratori, stanno selezionando spazi per uffici di alto livello, situati in posizione centrale con, o vicino a, palestre, caffè e ristoranti.
Eppure mentre il ritorno all’ufficio è ormai all’ordine del giorno, sembra che molti lavoratori stazioneranno in questi uffici solo per una porzione della settimana lavorativa.
Adesso molti lavoratori stanno pagando di tasca propria per accedere a un terzo spazio, ma questo costo potrebbe essere incluso nel pacchetti di benefit per i dipendenti e riportare nel 2022 il personale negli uffici.
“Che un tale servizio possa essere offerto come un benefit, ha un senso”, dice il Prof. Cable. “A me sembra un valore aggiunto, come lo è il benefit. Suona così: “Ti stai fidando di me e mi stai aiutando per fare meglio il mio lavoro”.
Il lavoro in ufficio rompe la routine
Cable ritiene che offrire uno spazio di lavoro flessibile sia un vantaggio per le aziende: È un investimento piuttosto basso per le aziende in termini di ciò che ricevono in cambio”.
Lavorare in un posto nuovo può aumentare la produttività perché rompe la routine. La ricerca dimostra che la parte del nostro cervello che regola la motivazione risponde meglio alla novità.
Anche anche una sede prestigiosa potrebbe ridurre la produttività se vi si trascorre troppo tempo (per non parlare degli spostamenti).
Un terzo spazio come un co-working offre nuove prospettive. Se è possibile concentrarsi in una zona tranquilla o parlare con le persone che si incontrano in quel luogo – allora il coinvolgimento potrebbe aumentare.
Tra me e l’ufficio c’è una passeggiata di 30 minuti. Agevole, ma se ci fosse uno spazio di lavoro flessibile accanto alla mia porta di casa sarei veramente tentata – specialmente se il caffè è buono e il mio datore di lavoro paga il conto.