In Italia, le fabbriche sono più avanzate del lavoro che vi si svolge e le norme e i sistemi di inquadramento del lavoro si adattano ai cambiamenti in modo molto lento. È quanto emerge dalla Ricerca Fim e AQCF dal titolo “Impiegati e quadri verso il lavoro 4.0”, presentata all’Università Bicocca di Milano dalla Fim Cisl Nazionale, dall’ AQCFR (l’Associazione quadri del gruppo FCA) e dal Centro studi “Lavoro e Società”.
La ricerca ha coinvolto 10 aziende metalmeccaniche: FCA, CNHI, Dedalus, Denso, Leonardo, Baker Higes, Fedral Mogul Powertrain, Sadi , Skf, Urmet, Vishay, per un totale di 1.416 lavoratori di cui il 65,7% impiegati e il 33,3% quadri.
Stando ai risultati dell’analisi, i giudizi migliori su partecipazione e lavoro arrivano dagli impiegati collegati alla produzione. In generale, all’aumento della responsabilità non corrisponde un incremento di autonomia. Il fatto che ben il 66% degli impiegati non viva o viva parzialmente la dimensione realizzativa del lavoro è giudicata “una grande sconfitta e al contempo una tematica su cui concentrare le strategie in un paese in cui, troppo spesso, chi ha un lavoro, a qualsiasi età, fa il conto alla rovescia con la pensione”.
L’88% dei lavoratori dice di tenersi stretto il proprio lavoro per una sorta di “sicurezza/orgoglio aziendale”, ma al contempo sostiene che non è ripagato professionalmente per questo sentimento identitario.
Per i lavoratori amministrativi sono stati i software gestionali a cambiare il lavoro: in particolare il SAP, che per l’82,50% dei lavoratori intervistati è stata la novità degli ultimi anni. Smartwatch, tablet e smartphone, insieme ai software specialistici, sono tra le tecnologie entrate a far parte del lavoro quotidiano di impiegati e commerciali, ma anche e soprattutto di tecnici di produzione, insieme all’IOT e alla comunicazione social.
Ancora limitato l’impatto dell’AI (Intelligenza artificiale), della Realtà aumentata e dei sistemi di calcolo con simulazioni virtuali, che interessano circa il 10% dei lavoratori intervistati.
Lo studio ha messo in evidenza, come oltre la metà (il 56%) di lavoratori, chieda un riconoscimento adeguato e misurabile della propria professionalità attraverso un sistema di valutazione che aumenti la meritocrazia e le opportunità di crescita, insieme a un percorso formativo che aiuti a imparare cose nuove.
Una maggiore flessibilità nella gestione del tempo è richiesta in particolare dai tecnici di produzione (il 56% degli intervistati). Tiepida invece la risposta di oltre la metà dei lavoratori intervistati sull’attaccamento all’azienda, mentre per quanto riguarda il sindacato, solo il 32.7% di impiegati e quadri è iscritta, mentre il 53% si rivolge ai rappresentanti dei lavoratori solo per trovare soluzioni ai propri problemi.
“Abbiamo ancora un inquadramento professionale fermo al 1973 – scrive la FIM Cisl – è assurdo, dopo oltre 40 anni, con il lavoro e le professionalità profondamente cambiate, serve più coraggio e cogliere le opportunità che contratti come quelli di FCA, CNHI, Leonardo hanno messo in campo con il contratto e gli accordi integrativi. Bisogna collegare e rendere attiva la partecipazione, come abbiamo fatto in Manfrotto, con la formazione. Entrambe sono fondamentali per futuro di aziende e lavoratori”.
Lo studio “dimostra inoltre come il sindacato tradizionale sia sempre più inutile. La semplice rivendicazione non intercetta né mette insieme le persone, anche nelle mansioni più manuali è necessario mettere in campo un sindacato innovativo capace di trovare soluzioni che tengano insieme la protesta con la proposta attraverso nuovi strumenti di rappresentanza come gli smart contract e le nuove tecnologie. Ma soprattutto serve un sindacato che presidi, certifichi e garantisca il reskill dei lavoratori in qualità e quantità. La nostra sfida è passare dalla Job protection allo skills development, come asse strategico del sindacato futuro”.
Secondo il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli, occorre rilanciare l’idea di “Contratto ibrido”, un contratto per ciascun lavoratore che ha una parte collettiva, solidaristica del suo rapporto di lavoro e una quota che ricomprenda aspetti del lavoro che ultimamente riguardano solo la contrattazione individuale, in cui spesso il lavoratore è solo e con lo stesso scarso potere contrattuale di un lavoratore autonomo ma senza averne i vantaggi.