Una buona notizia, finalmente. L’accordo sulla Brexit è stato accolto con un sospiro di sollievo dal mondo dell’auto. “Un mancato accordo sarebbe stato semplicemente catastrofico”, ha commentato a caldo il direttore generale dell’Acea Eric-Mark Huitem. Certo, il diavolo può facilmente celarsi nei dettagli, vista la mole (250 pagine) del documento, che lascia comunque aperti problemi sui diritti doganali, specie nella componentistica, un mercato tra le due sponde della Manica da 14 miliardi di euro: per non pagare sarà necessario dimostrare che almeno 40% dell’auto è prodotta nella Ue o in Uk. Ma l’intesa salva un interscambio di tre milioni di vetture, per 54 miliardi di euro, e scongiura il rischio di una fuga caotica delle giapponesi Honda, Toyota e Nissan, che da sole rappresentano circa la metà della produzione britannica.
Superata l’incognita della Brexit, però, l’orizzonte dell’auto resta pieno di incognite, sia a breve che in vista delle rivoluzioni in arrivo: idrogeno, guida autonoma e, prima ancora, gli enormi sforzi necessari per sostenere l’avanzata dell’elettrico. Una situazione di stress continuo che ha fatto scrivere a Automotive News, la voce dei dealers e degli altri protagonisti del mondo a quattro ruote che “non dobbiamo vergognarci a dire che usciamo da un anno orribile” mentre nell’immediato la ripresa, negli Usa come in Europa sarà legata agli incentivi che i governi continueranno a distribuire al settore. Non sarà facile, però, recuperare il terreno perduto; nel 2020 le vendite a livello mondiale non hanno superato i 76 milioni di pezzi contro il record di 94,3 milioni del 2017: un calo del 16%, più del doppio in Italia.
La frenata dei volumi è uno dei fenomeni con cui si devono confrontare i gruppi a quattro ruote, specie in Europa. Luca De Meo, l’ex ragazzo prodigio scoperto da Sergio Marchionne, approdato sei mesi fa alla guida di Renault dal gruppo Volkswagen, ha appena pubblicato le regole della “Renaulution”, ovvero la strategia per risvegliare il gruppo francese scosso dalle peripezie della stagione Ghosn. La prima regola, ha scritto De Meo, sarà di non inseguire ad ogni costo i volumi. Non vale più la regola che aveva portato la triade Renault-Nissan-Mitsubishi al primo posto nel mondo per le vendite nella presunzione che più volumi garantissero migliori dimensioni di scala a vantaggio di costi più ridotti. Al contrario, De Meo suggerisce l’esempio di Carlos Tavares, il portoghese che si accinge a guidare Stellantis, il gruppo che riunirà oltre a Peugeot e ad Opel anche Fiat Chrysler.
Il successo della ristrutturazione di Opel è figlio dei tagli dei costi e della semplificazione delle varie piattaforme, strada che Tavares batterà anche a Torino, dopo aver delegato a Mike Manley i pieni poteri a Detroit, la vera gallina dalle uova d’oro dell’ex Fiat Chrysler. Basterà questo per garantire il decollo di quella che si presenta come la quarta forza dell’auto globale, forte di 400 mila dipendenti, un fatturato di 182 miliardi di euro per una produzione di 8,7 milioni di vetture? È senz’altro una delle domande chiave del 2021. Per gli esperti Tavares non riuscirà a rispettare la promessa di utilizzare tutti gli stabilimenti europei ex Fiat senza tagli alla forza lavoro. Ma la scommessa è aperta: il manager portoghese, che porterà in Fiat brevetti sull’auto pulita e un’esperienza consolidata nell’elettrico, è in grado di stupire, a giudicare dai precedenti.
Ma la vera partita del 2021 si giocherà sull’auto che verrà. Ma non solo. Gli equilibri del settore non sono più quelli che si sono consolidati in decenni. Se si guarda alla classifica dei primi 20 prodotti al mondo si deve prender atto che ben sei sono cinesi: sigle sconosciute fino a pochi anni fa (Byd, Nio, Saic, Xpeng, Li auto e Geely), tre delle quali nate dall’industria dei chips e non dalle meccanica. Nessuna di queste aziende esisteva dieci anni fa, oggi vantano una capitalizzazione superiore ai 25 miliardi di dollari. Noccioline, se si pensa al valore di Borsa di Tesla (650 miliardi circa) che pure non ha superato il mezzo milione di vendite negli ultimi dodici mesi, assai sotto ai dieci milioni circa di pezzi di Volkwagen, Toyota e Gm.
Ma nessuno cresce con tanta rapidità del colosso di Elon Musk, colosso dell’energia e dell’innovazione che ha appena lanciato l’ultima sfida: mettere in vendita entro tre anni una Tesla a meno di 20 mila dollari, la scommessa più ardita dai tempi di Henry Ford, Nessuno sembra in grado di fermarlo. Forse ci riuscirà Apple, tornata in campo sul fronte dell’auto con propositi battaglieri, che già hanno spinto il titolo della Mela su di altri 79 miliardi di dollari (più del valore di Borsa di Bmw). O forse le salamandre della Sassonia: il Land tedesco ha vietato l’abbattimento degli alberi che ostacolano i lavori per l’impianto di Tesla che sorgerà vicino a Berlino.