“Se siamo capaci a produrre un iPhone, perché non dovremmo saper costruire un’auto? Infin dei conti è un iPhone a quattro ruote”. Così sette anni fa parlava Terry Gou, il patron indiscusso di Foxconn, il colosso di Taiwan che produce buona parte dell’elettronica di consumo, a partire dai prodotti della Mela. Ma costruire un’auto si è rivelato assai più complicato del previsto. E così, dopo una serie di fallimenti Terry Gou ha deciso di battere la strada delle alleanze con il mondo a quattro ruote, a partire da Stellantis, con cui intende realizzare la cabina di regia delle auto a guida autonoma. Assieme ad altre decine di accordi per conquistare una fetta importante del giro d’affari delle componenti dell’auto elettrica, trampolino di lancio per un’auto Foxconn da assemblare in Thailandia, dove già non mancano le fabbriche dei costruttori tradizionali.
Dalle parti al tutto, insomma. Un gigante dell’elettronica, cioè Foxconn, al pari dei Big di Silicon Valley, da Apple a Google, ha dovuto apprendere con umiltà la lezione dell’auto, ripartendo dall’ABC. L’esatto opposto del percorso concettuale che stanno affrontando i Big dell’auto europea alle prese con la trasformazione più rivoluzionaria della storia: dal motore a scoppio all’elettrico. Proprio all’auto elettrica riparte la stagione dei Saloni, a cominciare dal Salone di Monaco che si aprirà oggi.
Una sfida per certi versi simmetrica a quella dei concorrenti che cercano di entrare nel mondo della mobilità. Il motivo? “Nell’elettrico – dice il ceo di Porsche Oliver Blume – la batteria ha la stessa importanza che finora ha avuto il motore”. E se a dirlo è il numero uno di un mito cresciuto in un secolo grazie ai celebri motori di Herr Ferdinand Porsche, possiamo credergli. Come ormai, dopo le iniziali resistenze, hanno deciso di fare i Big del Vecchio Continente. “Ancora due anni fa – dice ad Auto News Jacob Fleischmann di Mc Kinsey – mi sentivo dire dai capi azienda: ma noi facciamo auto, mica ci intendiamo di chimica. Ma adesso tutti hanno capito che la differenza passa dalla capacità di creare e gestire gigafactory in grado di scaricare MegaWatt assai più che dalle linee di produzione meccaniche”. Di lì, del resto, passa la scommessa europea alimentata dai contributi di Bruxelles (3 miliardi di euro a fondo perduto) per dar vita ad una capacità industriale di 468 GigaWatt- ora (sufficienti a supportare l’obiettivo del 55% di consumi auto entro il 2035) e a 18 mila posti di lavoro, in parziale sostituzione di quanto si perderà con il passaggio all’elettrico.
Il nuovo corso ha già cambiato in profondità il panorama dell’auto europea, assai più in là di quel che può apparire alla superficie, guardando alle novità dei prossimi saloni:
- Tutte le case si stanno muovendo nella direzione di gestire in house o con produttore esclusivo le proprie batterie. E’ il caso di Renault che ha comprato il 20% della francese Verkor per sviluppare assieme una batteria.
- Volkswagen ha una quota nella cinese Gotion che produrrà le batterie direttamente nello stabilimento della casa di Salzgitter. Al gruppo tedesco fa capo anche una quota della scandinava NortVolt. Ma l’obiettivo del gruppo di Wolfsburg è ancor più ambizioso: arrivare ad una produzione “verticale”, in cui la casa controlli l’intero processo, dalle materie prime al riciclaggio alla fine del ciclo di vita del prodotto.
- In questa chiave chi produce auto deve entrare in campi nuovi, scegliendo il giusto mix tra cobalto, manganese e litio per determinare le miscele più affidabili a seconda degli obiettivi industriali.
- Stellantis, la più avanti nelle collaborazioni con i costruttori asiatici (anche perché la più debole in quelle aree) ha già annunciato due soluzioni che fanno a meno del costoso cobalto. Ovvero una lega acciaio-manganese per le auto a minor costo, un’altra a base di nickel e manganese per le serie più esclusive. Le prime batterie, impiegate sulle macchine attorno ai 20 mila euro, saranno il frutto di un accordo con la cinese Svolt, una filiale della Great Wall, che fornirà dal 2023 le batterie alla fabbrica di Saarlouis (Opec). Ma l’ambizione di Tavares è di realizzare un “cell-to-pack” senza cobalto in grado di essere assemblato su tutte le auto della filiera medio bassa con un risparmio attorno al 40 per cento.
- La sfida riguarda anche la concorrenza, da Renault, anch’essa impegnata nella realizzazione di un “cell-to-pack”, a Daimler. E tende a riprodursi, naturalmente, in altri snodi chiave della motorizzazione elettrica, con il risultato di aver già cambiato struttura e priorità del mondo dell’auto, così come l’abbiamo conosciuto nel XX° secolo: la scossa elettrica è già arrivata.