Crisi di fiducia
La crisi di fiducia degli italiani nei confronti delle istituzioni finanziarie potrebbe anche essere giustificata, da certi punti di vista. Ma la reazione media a questa disaffezione è in genere controproducente per lo stesso risparmiatore: secondo l’ultima indagine CONSOB sui risparmi delle famiglie italiane, oltre la metà del denaro investito dagli italiani si trova in conti deposito bancari e conti di risparmio postali e, stando alle stime di Banca d’Italia, il 30% circa dei risparmi non viene investito affatto.
Il problema sta in una convinzione comune, che è maturata e si è diffusa soprattutto negli anni seguiti allo scoppio della crisi finanziaria: “le banche sono inaffidabili e i rischi sono cresciuti, quindi è meglio tenere i soldi sotto il materasso”. Tradotto: “non investo i miei risparmi, così rinuncerò al rendimento ma almeno azzero i rischi”. Questo ragionamento è sbagliato per diversi motivi, e il primo è che non tiene in considerazione un fattore importante: l’inflazione.
Il fattore inflazione
Forse ce ne siamo un po’ dimenticati perché negli ultimi anni è stata praticamente inesistente, ma il 2017 potrebbe già vedere un suo ritorno: l’inflazione, che consiste nell’aumento generalizzato dei prezzi, ha la capacità di erodere i risparmi parcheggiati “sotto il materasso”, vanificando i vostri sforzi di mettere qualche soldo da parte. Non ne siete ancora convinti?
Proviamo a dirlo con i numeri. Guardando solo all’Italia, il potere erosivo dell’inflazione dal 1900 al 2014 è stato ben presente: se a inizio del 1900 avessimo messo un capitale di 100 sotto il materasso, con il passare del tempo i nostri risparmi avrebbero progressivamente perso potere d’acquisto, fino a valere meno di 1 centesimo dopo 114 anni.
Le cose sarebbero andate diversamente investendo lo stesso capitale di 100 in un portafoglio bilanciato internazionale: in questo caso ci saremmo trovati a fine 2014 con più di 14 milioni di ricchezza (pari a 2.900 in termini reali – cioè il potere d’acquisto è cresciuto di 29 volte). Il motivo è che depurando dall’effetto erosivo dell’inflazione, dal 1900 a oggi le azioni mondiali hanno mediamente reso il 4,7% all’anno, mentre un paniere di obbligazioni mondiali ha reso l’1,3% all’anno; quindi un portafoglio bilanciato 50% azioni – 50% bond, avrebbe reso il 3% annuo reale. La legge di capitalizzazione composta poi avrebbe fatto il resto.
Rischi VS benefici
Il messaggio è semplice: è vero che investire comporta dei rischi, non stiamo certo cercando di convincervi che non sia così. Ma questi rischi, sul lungo termine, tendono a essere ripagati. Al contrario, rinunciare a investire equivale senza dubbio a rinunciare al rendimento, ma non garantisce affatto l’assenza di rischio, anzi: l’inflazione ha un potere erosivo del capitale che non va sottovalutato.
Quindi non ha senso lasciare i soldi in casa o parcheggiati sul conto corrente. Esistono soluzioni di investimento per tutte le tasche, a condizioni trasparenti e facilmente accessibili – in certi casi è possibile fare tutto online. Basta guardarsi intorno e scegliere quella che fa per voi!