Disegni su fotografia e sculture figurative intagliate nel sughero e nello Styrofoam, realizzate con materiali di scarto e argilla, o fuse in bronzo, con i quali Bhabha esplora le tensioni tra tempo, memoria, e sradicamento. Tra fantascienza, resti archeologici, rovine romane e utopia postbellica l’artista trasforma la figura umana in totem ghignanti, allo stesso tempo figure inquietanti e sinistramente divertenti. The Company è in parte ispirata a “La Lotteria a Babilonia” (1941), un breve racconto di Jorge Luis Borges nel quale una società immaginaria è sopraffatta dal sistema di una lotteria che dispensa ricompense e punizioni e dove la Compagnia, inesistente organismo che decide i destini delle persone.
I disegni su fotografia richiamano questi personaggi, che sembrano provenire da un lontano regno futuristico così come da una civiltà perduta. Le figure in piedi sono intagliate in pile di sughero scuro, emanante un acre odore di terra, e dal suo opposto tecnico, lo Styrofoam. Questi materiali, dall’aspetto duro e compatto, come pietre erose e marmi appena estratti, sono in realtà leggeri e morbidi e permettono a Bhabha di scolpire in maniera rapida e spontanea senza rifiniture.
I volti delle sculture di Bhabha sono simili a maschere maestose e conturbanti. Dipinti in toni pastello—azzurro, malva, rosa e verde—richiamano i graffiti, nei quali la sporcizia urbana si mescola a interventi pittorici dai colori brillanti. Con i loro lineamenti folli da cartone animato le sculture di Bhabha sembrano quasi prendere in giro e allo stesso modo mettere in guardia.
Bhabha ha a lungo sostenuto che il mondo sia un’apocalisse, creata sia dall’uomo che dalla natura: le sue sculture saccheggiate sembrano essere testimoni di una certa catastrofe alla quale sono riuscite a sopravvivere per raccontarne la storia.
Come un faraone sul trono o un cyborg colpito da una pioggia di schegge di proiettili, una figura seduta è realizzata con argilla giallastra compressa in rete metallica, frammenti di Styrofoam macchiati, ossi giocattolo per cani e sedie arruginite provenienti da Karachi, la città natale di Bhabha, intrappolata in un fuoco incrociato di conflitti intestini e internazionali.Nei disegni di grande formato di Bhabha, figure umane e non umane abitano lo spazio condiviso da fotografia, collage e gesti pittorici: i loro visi eterogenei e le forme indistinte sembrano infestare paesaggi, strade cittadine e siti architettonici. In uno di questi, un arco blu e beige interferisce su una fotografia che Bhabha ha scattato a Roma, ai Musei Capitolini, ad un’antica statua di un cane, con due kouroi bianchi che incombono sullo sfondo.In occasione della mostra, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma ospita l’artista in conversazione con Cristiana Perrella, direttrice del Centro per l’Arte Contemporanea Luici Pecci di Prato, il 18 settembre alle 18.00. La conversazione, aperta al pubblico, si terrà in inglese.
Huma Bhabha è nata nel 1962 a Karachi, Pakistan, vive e lavora a Poughkeepsie, New York. I suoi lavori sono inclusi nelle collezioni del Museum of Modern Art, New York; Metropolitan Museum of Art, New York; Whitney Museum of American Art, New York; Bronx Museum of Art, New York; Hammer Museum, Los Angeles; Museum of Fine Arts, Houston; Centre Pompidou, Parigi; Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Italia; e della Art Gallery of New South Wales, Sydney. Tra le più recenti mostre istituzionali si annoverano Huma Bhabha, Aspen Art Museum, CO (2011–12); Players,Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Italia (2012); Unnatural Histories, MoMA PS1, New York (2012–13); We Come in Peace, Roof Garden Commission, Metropolitan Museum of Art, New York (2018); Other Forms ofLife, Contemporary Austin, TX (2018–19); e They Live, Institute of Contemporary Art, Boston (2019). Bhabha ha partecipato alle mostre Intense Proximity, La Triennale, Parigi (2012); All the World’s Futures, 56th Biennale di Venezia (2015); e al 57th Carnegie International, Carnegie Museum of Art, Pittsburgh, PA (2018).#HumaBhabha
Immagine di copertina: Huma Bhabha, Beyond the River, 2019 – Cork, Styrofoam, rebar, wood, acrylic, and oil stick, 103 × 37 × 30 inches (261.6 × 94 × 76.2 cm) © Huma Bhabha. Photo: Rob McKeever