“Concorrenza, mercato…e tutele”. E’ questa la nuova via per rendere le liberalizzazioni più accettabili in Italia? A lanciare il messaggio e l’idea di una nuova strategia che renda più condivise e più favorevolmente accolte le riforme che vanno in direzione dell’apertura del mercato è Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato in quota Pd e tra le più competenti in Parlamento sul tema delle liberalizzazioni che da anni la vedono in prima linea. E’ di pochi mesi fa, in febbraio, lo sciopero selvaggio dei taxi che si ribellarono – bloccando per giorni le principali città italiane – ad un emendamento di maggioranza da lei proposto per arrivare a un piano che fissasse, una volta per tutte, nuove regole per il trasporto con conducente. A quella reazione violenta il Governo ha poi risposto con una delega a risolvere entro un anno il nodo rimasto aperto: Flixbus e Uber – le nuove piattaforme che rendono disponibili servizi low cost – avranno libera cittadinanza in Italia? E’ una delle tante domande rimaste aperte.
La legge sulla concorrenza, da poco passata al Senato dopo due anni di lento e faticosissimo percorso parlamentare dovrebbe essere approvata definitivamente a giugno alla Camera. Nel frattempo è stata depotenziata, si è passati da 32 articoli a 191 commi che ne fanno un gran calderone e l’impianto originario si è perso per strada. Ha ragione Giovanni Pitruzzella, presidente Antitrust, a tirare le orecchie al Parlamento e a lanciare l’allarme sull’attacco dei nazionalismi all’economia aperta, in Italia e in Europa? E soprattutto quali antidoti al “mal di concorrenza” si possono mettere in campo per il futuro? Forse anche organizzare sessioni parlamentari sulla concorrenza in cui far maturare le scelte, come ha suggerito Alberto Pera su FIRSTonline , potrebbe essere una strada da percorrere.
“La concorrenza non è una persecuzione anzi, è di sinistra. E’ uno strumento per redistribuire in modo più equo la ricchezza prodotta. E’ una leva che va attivata e utilizzata in modo costruttivo. Ma non possiamo ignorare che in periodi di crisi o di scarsa crescita economica, l’impatto della liberalizzazione spaventa e suscita resistenze nei settori tradizionali. Dobbiamo perciò farci carico, molto più che negli anni passati di espansione economica, di rassicurare e di accompagnare con supporti finanziari, formativi, con politiche attive del lavoro quei settori che si sentono minacciati”, afferma oggi Lanzillotta in questa intervista a FIRST online.
La proposta è innovativa e chiama in campo anche l’utilizzo dei fondi sociali europei. Forse riuscirà a ribaltare le tesi di chi, come il Movimento 5 Stelle o la Lega, ritiene invece che il mercato trasformi i consumatori in prede per famelici e aggressivi Grandi Potentati economici. Ma ecco, qui di seguito, l’Intervista a Linda Lanzillotta.
Senatrice, la nuova legge sulla concorrenza sarà uno strumento adeguato a fronteggiare i nazionalismi da un lato e dall’altro lo strapotere dei giganti del Web, confermato proprio in questi giorni, dalla maximulta dell’Antitrust europeo a Facebook su WhatsApp?
“Di sicuro la legge ha avuto una sperimentazione lenta: fa pensare che la concorrenza non sia tra le priorità dell’agenda parlamentare ma va anche detto che il governo forse non ha spinto abbastanza. In generale, tutte le modifiche introdotte sono andate nel senso di una maggior cautela verso l’apertura del mercato. In alcuni settori, in particolare quelli delle professioni e penso ai notai e al mancato trasferimento di competenze agli avvocati sulle vendite immobiliari, si è un po’ arretrato; in altri si sono ottenuti dei risultati migliorativi”.
Per esempio quali?
“Nelle assicurazioni il beneficio per i consumatori c’è: si è ottenuta una migliore e più semplice comparazione delle offerte, un recesso facilitato per i clienti e la spinta per una maggiore disciplina alla guida da parte degli automobilisti. Nell’energia l’abolizione del regime di maggior tutela è positivo”.
E’ stato però rinviato al 2018…
“Il rinvio, e l’accantonamento del sistema delle aste, può essere visto come un punto a favore dell’Enel. D’altra parte lo Stato si trova, su questa materia, in conflitto d’interesse: da un lato spinge per favorire i consumatori, dall’altro come azionista del gruppo elettrico è sensibile agli interessi economici dell’azienda. Il rinvio al 2018 è stato il punto di mediazione ma è comunque un passo avanti e nulla esclude che lo si possa migliorare”.
C’è altro nella legge?
“La legge ha introdotto, è vero, una serie di misure a grappolo. C’è qualche apertura sui servizi postali, con la messa a gara di avvisi giudiziari e multe, ma sarebbe bene andare avanti. Tuttavia bisogna anche tenere conto della necessità di bilanciare le aperture con la ristrutturazione di Poste. Serve gradualità perché se è vero che le aree di riserva monopolistica ancora esistenti consentono le inefficienze, è anche vero che servono a tenere in piedi servizi non sempre sorretti da una giustificazione economica ma sociale: la presenza di uffici postali diffusi su un territorio di piccoli Comuni come il nostro è importante. E la rendita dovrebbe servire a finanziarli. Occorre tenerne conto”.
Vale anche per le farmacie?
“Se si riferisce alla contesa con le parafarmacie sui farmaci di fascia C, le dico subito che avevo proposto di mantenerla ma solo per i Comuni minori e non nelle grandi città. Si è deciso diversamente e questo mi spinge ad una ulteriore riflessione”.
Quale?
“Dobbiamo cominciare a pensare che i processi di liberalizzazione del mercato sono parte della paura e dell’insicurezza sul futuro che grava su tanta parte del Paese. In particolare sulle piccole imprese e le attività tradizionali. Perciò dobbiamo pensare di accompagnare l’apertura del mercato e la concorrenza con misure di protezione sociale. Altrimenti si rischia di bloccare tutto. Certo, alcuni settori accettano la gradualità e il sostegno, altri – com’è il caso dei taxi – sono per la conservazione dura e pura. E’ tuttavia importante far capire che aprire alla concorrenza non è una punizione per alcuni e un vantaggio per altri ma un beneficio che va nell’interesse di tutti. Nessuno deve sentirsi abbandonato in modo traumatico”.
Lei stessa distingue tra settori più o meno “resistenti”. Ma la Legge Concorrenza da “legge di manutenzione”, ancorata alle segnalazioni Antitrust si è trasformata in un provvedimento-contenitore. Dentro c’è finito un po’ di tutto. Ha senso proseguire su questa strada o per il futuro è meglio studiare altre strategie?
“La legge annuale è diventata la sede in cui si trasferiscono i nodi non risolti altrove. Per essere più efficace bisognerebbe invece inserire non solo le norme di liberalizzazione ma anche quelle che accompagnino la ristrutturazione dei settori interessati. Tutte cose che non si prestano ad una legge-omnibus. Ora il governo ha annunciato un nuovo decreto sulla concorrenza proprio per dare seguito, anche in chiave Ue, alle politiche riformiste. Dopodiché una riflessione su come operare in futuro sarà certamente utile”.
E’ un’eredità per la nuova legislatura?
“Io spero che nel nuovo decreto possa trovare spazio anche una norma che acceleri, entro fine anno, l’approvazione delle nuove regole per il trasporto con conducente. Lasciarle ad una delega da esercitare entro un anno dall’approvazione dell’attuale legge sulla concorrenza, significherebbe rinviare tutto alla nuova legislatura. E spero anche si possa trovare spazio, nel prossimo decreto, per eliminare il patent linkage che allunga impropriamente la durata dei brevetti farmaceutici e impedisce l’immissione sul mercato dei generici. Non solo porterebbe più trasparenza tra la Pubblica amministrazione e le imprese farmaceutiche ma consentirebbe risparmi di 500-.600 milioni l’anno”.
Tirando le somme: dare alla concorrenza un volto socialmente sostenibile può essere un tema anche europeo?
“Senz’altro. E’ importante che assumere la responsabilità dell’impatto sociale delle riforme sia un valore condiviso a livello europeo: consentirebbe l’utilizzo dei fondi sociali europei ed eviterebbe che le eventuali misure di sostegno vengano bocciate come aiuti di Stato. D’altra parte il tema della protezione è un tema europeo e lo si è visto da come è stato declinato nella campagna elettorale francese: da Marine Le pen in chiave protezionistica e da Emmanuel Macron come un modo per accompagnare i francesi verso le liberalizzazioni e il cambiamento. Sinistra tradizionale, Destra sociale, Conservatori, Sovranisti, il discrimine politico passa da lì: tra chi è per la chiusura dei confini e dei mercati e chi vede aperture europeiste supportate da meccanismi di sostegno che le rendano condivise da tutti”.