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L’annuncio di Merkel-Sarkozy sulla ricapitalizzazione delle banche fa bene ai mercati

CINA, SCRICCHIOLA IL MERCATO IMMOBILIARE
BORSA DI SHANGAI AI MINIMI DALL’APRILE 2009

Partenza a due facce per i listini asiatici. Tokyo è chiusa per festività, ma la nota negativa arriva da Shangai, ormai tornata in piena attività dopo le festività di inizio ottobre. Le vacanze, riporta l’agenzia di Stato Xinhua, sono state segnate da una novità: le transazioni immobiliari, che proprio in quest’occasione toccano la loro punta più elevata, sono state assai meno numerose di un anno fa. La bolla, insomma,sembra sul punto di scoppiare. Intanto Zou Qiren, membro del board della banca centrale di Pechino, ha annunciato in un’intervista che la politica monetaria resterà ancora rigida perché l’inflazione è tutt’altro che domata. Immediata la reazione sui mercati: la ICBC, il colosso bancario cinese, ha perduto il 2,8%. I listini azionari sono ai minimi dall’aprile 2009.

MERKEL-SARKOZY: PRESTO IL PIANO PER SALVARE LE BANCHE
MA LA RICETTA RESTA VAGA. CAMERON: CI VUOLE UN BAZOOKA

L’Europa ha solo poche settimane di tempo per evitare un disastro di dimensioni mondiali. Per riuscirci, però, è necessario che venga adottata una politica d’urto, utilizzando un “Grande bazooka” finanziario per scuotere i mercati finanziari. E’ questo l’appello rivolto dal premier britannico David Cameron in un’intervista al Financial Times mentre era in corso a Berlino l’incontro tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. I premier di Francia e Germania, almeno all’apparenza, hanno risposto all’appello: entro fine mese, promettono, sarà pronto un “pacchetto di misure globali, compreso il piano per ricapitalizzare le banche”. Il progetto sarà poi sottoposto all’attenzione del G 20 in programma il 3-4 novembre a Cannes. Francia e Germania, inoltre, hanno in cantiere “importanti modifiche” dei trattato dell’Unione Europea per “una maggiore integrazione dell’eurozona”. Sarà sufficiente quest’unità di intenti a tranquillizzare i mercati? E’ legittimo dubitarne perché non è stata risolta la diversità di vedute tra Parigi e Berlino a proposito del finanziamento dei salvataggi bancari: la Germania insiste per operazioni azionali, Parigi chiede la regia e l’intervento finanziario del fondo Salva Stati. Restano intatte, poi, le divergenze sul meccanismo di salvataggio della Grecia. Berlino chede un maggior sacrificio ai creditori privati, la Francia non intende rivedere l’accordo del 21 luglio. Insomma, l’unico risultato concreto riguarda la conferma dell’intenzione politica di non far fallire alcuna banca in Europa. E’ molto, rischia di non essere sufficiente.

IL BELGIO NAZIONALIZZA LA SUA PARTE DI DEXIA: 4 MLD
PARIGI, PREOCCUPATA PER LA SUA TRIPLA A, E’ PIU’ AVARA

Il primo gesto concreto non si è fatto attendere: il salvataggio di Dexia, il ventesimo istituto europeo per valore degli assets. In tarda mattinata, i governi di Belgio, Francia e Lussemburgo hanno emesso un comunicato congiunto in cui hanno annunciato il “pieno sostegno alle proposte del management”di Dexia, la banca travolta dalla crisi. E’ stato così deciso lo spezzatino dell’istituto: la cessione della Dexia Banque Belgique, per la quale il ministro delle Finanze Didier Reynders non ha escluso la partecipazione al 100% del governo, e la divisione delle garanzie da fornire ad una futura ‘bad bank’ che verrà creata per raccogliervi tutti gli asset tossici dell’istituto, sospeso in Borsa da giovedì scorso dopo aver perso il 42%. L’avventura politica del nuovo premier belga, dopo 482 giorni di crisi, si apre così con la nazionalizzazione di una delle principali banche del Paese. Sarà il Belgio ad accollarsi la maggior parte del buco per un valore attorno ai 4 miliardi. Alle nove si terrà una conferenza stampa a Bruxelles. La cridi di Dexia ha avuto riflessi pesanti anche per i risparmiatori italiani. Sono 101 le emissioni della banca collocate anche in Italia; 24 quelle quotate al Mot per un totale di 4,9 miliardi. Il valore medio, dopo una settimana terribile è sceso di un miliardo circa: non resta che aspettare il rimborso alla scadenza. Magari anche nel 2019.

DOPO FITCH L’ITALIA HA PERDUTO LA DOPPIA A
PIU’ DIFFICILE ENTRARE NEI PORTAFOGLI DEI FONDI

E tre. Ancora una volta il mercato finanziario italiano si trova i fronte ad un downgrading del Bel Paese, il terzo nel giro di poco più di un mese. L’ultima a muoversi è stata Fitch che, a mercati chiusi, ha declassato il debito italiano da AA- ad A+ con un outlook negativo. L’agenzia di rating riconosce che il Governo italiano ha rafforzato il consolidamento fiscale, ed ha fornito una buona risposta alle richieste della Banca Centrale Europea. Ma questo non è bastato a giustificare un voto migliore di quelli assegnati da Standard & Poor’s e da Moody’s. Forse perché, come ha commentato il direttore generale della Banca d’Italia Fabizio Saccomanni, le agenzie “ormai si muovono in branco”. L’ultimo taglio, però, promette di non essere indolore. Con la decisione di Fitch, infatti, l’Italia ha perduto l’ultima doppia A, un requisito previsto per gli investimenti di una vasta categoria di investitori istituzionali e di compagnie di assicurazione che devono l’esposizione dei bond governativi con singola “A”

CINQUE LISTE PER BPM, ARPE E BONOMI IN PISTA
GLI AMICI SFIDANO BANKITALIA. DOMANI IL CDA

Nelle stesse ore in cui declassava l’Italia, Fitch ha tagliato anche il rating della Spagna che passa da «AA+» ad «AA-», con outlook negativo. E confermato il rating del Portogallo, «BBB-», con credit watch negativo. Cinque liste si contenderanno i 19 posti del consiglio di sorveglianza della Bpm. Alle 17 di sabato 8 ottobre, infatti, sono state depositati i nomi dei candidati di: Amici Bpm, Fabi-Fiba alleata alla Sator di Matteo Arpe, Investindustrial di Carlo Bonomi, Assogestioni e la tradizionale lista dei soci non dipendenti. La sfida, così, entra nel vivo. Tra vivaci polemiche, com’è tradizione di piazza Meda. Il nodo principale riguarda la presenza nella lista degli Amici, che può contare sul sostegno della Uilca e della Fisac (oltre che dei pensionati) di cinque candidati già presenti nel vecchio board, in aperto contrasto con le raccomandazioni di Banca d’Italia che auspica “il rinnovo integrale degli organi aziendali , mediante scelte di alto profilo e di netta discontinuità rispetto al passato”. “Noi non sfidiamo Banca d’Italia – ha replicato il segretario generale della Uilca Massimo Masi –. La lettera della Banca d’Italia pone l’accento sulla discontinuità, ma si deve tener conto che deve sussistere anche una continuità nella gestione della banca”. E’ con questo spirito che ci si prepara al cda di domani, dedicato all’inchiesta sulle carriere interne e su eventuali irregolarità dovute a giochi clientelari: sulla riunione incombe la spada di Damocle di Banca d’Italia che, di fronte ad irregolarità in materia, potrebbe appellarsi al Tuf e congelare il diritto di voto degli Amici, ovvero la lista sulla carta più forte. Il candidato alla presidenza del consiglio di sorveglianza per il listone degli Amici è comunque un nome al di sopra di ogni sospetto: Filippo Annunziata, commercialista, bocconiano, assai stimato in Banca d’Italia.

Contro gli Amici scende in campo la lista messa a punto da Fabi e da Cisl, rafforzata da Matteo Arpe che presenta Marcello Messori come candidato presidente. Il vero antagonista di Arpe è Andrea Bonomi, forte del 2,63%, che presenta una sua lista guidata da Ulrich Weiss, ex Deutsche Bank: l’obiettivo è conquistare i due posti garantiti alle minoranze per costituire poi un blocco assieme agli Amici. Scende in campo anche Assogestioni con tre candidati: Roberto Perotti, Lucia Callosa e Francesca Cornelli. Infine la storica lista di minoranza dei soci non dipendenti capitanata da Pietro Lonardi. Ecco le squadre ai box di partenza di una gara un po’ folle: nelle prossime due settimane, mentre Massimo Ponzellini (presidente ormai in uscita) e il dg Enzo Chiesa (che punta ad un ruolo chiave nel consiglio di gestione nonostante la richiesta di discontinuità) faranno la spola con Roma, nelle filiali di Bpm scatterà da stamane la caccia all’ultimo voto.

Trattativa ad oltranza a Detroit tra l’Uaw e la Chrysler per chiudere la trattativa sul contratto prima della riapertura delle fabbriche tra poche ore. Altrimenti come ha fatto sapere il sindacato, potrebbe scattare l’ipotesi dell’arbitrato previsto dal contratto. Ma sarebbe un brutto colpo per Sergio Marchionne, dopo i contratti siglati da Gm e Ford che il manager italo-canadese considera troppo onerosi per le casse di Chrysler.

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