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L’America di Trump: muro al confine, addio agli accordi sul clima, rottura con l’Oms e dazi in arrivo. Ecco le prime mosse del neo presidente

Imagoeconomica

Con il giuramento del 20 gennaio, Donald Trump è tornato alla Casa Bianca come 47° presidente degli Stati Uniti, portando con sé il suo stile inconfondibile: diretto, spesso divisivo e senza compromessi. Le sue prime ore da presidente sono un segnale chiaro della direzione che intende prendere sia in politica interna che internazionale. Mentre la tradizione prevede che i leader si concentrino sui primi 100 giorni del mandato, Trump ha deciso che le sue prime 100 ore sono quelle che contano. E come sempre, ha scelto la velocità, la frenesia, e la rottura con il passato.

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Trump: una raffica di decreti esecutivi per segnare il passo

Già nelle prime ore del suo secondo mandato, Trump ha iniziato a firmare una pioggia di ordini esecutivi. E non si è limitato a qualche piccolo cambiamento: ha preparato ben oltre 100 decreti in anticipo. Tra le sue prime mosse, ostentate con orgoglio, l’emergenza alla frontiera con il Messico per accelerare la costruzione del muro, il ritiro dagli accordi sul clima e dall’Oms, e l’annuncio di dazi del 25% su Canada e Messico. Al momento, però, nessuna novità sui dazi per Cina ed Europa. Non sono mancati poi provvedimenti contro i diritti civili, come il ritorno alle definizioni biologiche di sesso nelle politiche federali, un duro colpo per la comunità Lgbt. “Nessuna pietà”, è il suo motto.

Immigrazione: il muro è tornato, e con lui la linea dura. Stop allo Ius Soli

Trump ha firmato subito un ordine che dichiara lo stato d’emergenza alla frontiera con il Messico, accelerando la costruzione del muro e intensificando le espulsioni di immigrati irregolari. Ha anche proposto di sospendere l’ammissione di rifugiati finché non saranno soddisfatti gli “interessi nazionali”. La mossa più controversa, però, è l’attacco allo “ius soli”: nonostante sia un diritto costituzionale, Trump ha annunciato l’intenzione di abolirlo, un’iniziativa che sicuramente darà luogo a accesi dibattiti legali. Questo ritorno a una politica migratoria severa dimostra la determinazione di Trump nell’affrontare senza indugi uno dei temi più divisivi e discussi della sua presidenza.

Un altro passo indietro sui cambiamenti climatici

Trump ha deciso di proseguire sulla strada della rottura con l’approccio dei suoi predecessori in tema di cambiamenti climatici. In un colpo di penna, ha ritirato gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima, puntando su una politica energica che rimette al centro i combustibili fossili. Questo atto segna un ritorno al sostegno per l’aumento della produzione petrolifera in Alaska e per il fracking, la tecnica di estrazione di gas e petrolio tramite fratturazione idraulica “Drill baby drill”, la frase iconica di Trump, è stata ribadita con forza.

Ritiro dall’Oms: un addio deciso

In un altro atto decisivo, Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Il presidente ha giustificato questa mossa con la “cattiva gestione della pandemia di Covid-19”, originatasi a Wuhan, in Cina, e con le “altre crisi sanitarie globali”. Inoltre, l’Oms è stata accusata di “mancanza di riforme urgenti” e di “indipendenza da influenze politiche inopportune di Stati membri”. Il presidente ha anche contestato le richieste dell’Organizzazione di “pagamenti ingiustamente onerosi” da parte degli Usa. Un’ulteriore manifestazione della sua politica “America First”, che ha caratterizzato il suo primo mandato e che sembra non cambiare di una virgola.

Il perdono per i ribelli di Capitol Hill

Mentre alcuni cercano di ripristinare l’ordine, Trump ha preso una decisione controversa: ha concesso il perdono presidenziale a circa 1.500 partecipanti all’assalto di Capitol Hill del gennaio 2021, inclusi membri dei Proud Boys e degli Oath Keepers. Una mossa che ha suscitato polemiche, soprattutto tra chi vede questo atto come una minaccia alla stabilità democratica. Trump ha giustificato la sua scelta dicendo che “dobbiamo riportarli a casa”, suscitando critiche anche da parte di Nancy Pelosi, che ha parlato di “un oltraggioso insulto al nostro sistema giudiziario”.

Colpi di spugna sull’eredità di Biden

Trump ha deciso di annullare 78 azioni esecutive firmate dal suo predecessore, Joe Biden, definito da lui “una delle peggiori presidenze della storia”. Tra queste, spicca la cancellazione delle sanzioni contro i coloni israeliani in Cisgiordania e il ritorno di Cuba nella lista degli Stati sponsor del terrorismo.

Inoltre, Trump ha imposto un “congelamento della regolamentazione” in tutte le agenzie federali, avviando una serie di licenziamenti nella pubblica amministrazione con l’obiettivo di ridurre la burocrazia e assumere solo personale allineato alla sua visione politica. Tra gli interventi più rilevanti, quattro alti funzionari nominati da Biden sono stati rimossi, e “oltre mille altri” rischiano il licenziamento imminente. Il presidente ha anche abolito lo smart working per i dipendenti federali, in un chiaro segnale di ritorno a una gestione più tradizionale e centralizzata della macchina amministrativa.

Dazi al 25% su Canada e Messico

Il presidente ha annunciato l’intenzione di imporre dazi del 25% su tutti i prodotti provenienti da Canada e Messico, a partire dal 1° febbraio. La motivazione ufficiale riguarda il presunto ingresso di “molte persone” nei due paesi, insieme all’accusa che, secondo Trump, vi sia un flusso di “un sacco di fentanyl”. La notizia ha avuto un impatto immediato sui mercati, con il peso messicano e il dollaro canadese che hanno registrato un calo significativo.

Asia ed Europa hanno tirato (per ora) un sospiro di sollievo, poiché Trump non ha ancora imposto dazi immediati. Tuttavia, ha dichiarato di star valutando una tariffa globale sui beni importati, pur non essendo “ancora pronto” per attuarla, suggerendo che potrebbe essere “rapida” se decisa.

L’identità di genere e il sesso: il ritorno alle definizioni biologiche

E non finisce qui. Il presidente Trump, nel suo secondo mandato, ha continuato a mettere nero su bianco provvedimenti forti e controversi. Tra questi, uno riguarda la pena di morte, con l’intento di garantire l’approvvigionamento di farmaci per le iniezioni letali, estendendo la misura anche agli “stranieri irregolari” che commettono crimini violenti. Altro tema caldo, la conferma che esistono solo due generi: maschile e femminile. Una delle direttive più controverse firmate da Trump stabilisce di utilizzare il “sesso” biologico nelle politiche federali invece di “genere” o “identità di genere”. Questa misura impatterà anche su documenti ufficiali, come i passaporti, e ridurrà le protezioni per le persone transgender nelle carceri federali, suscitando polemiche nella comunità Lgbt.

Trump ha anche rinviato di 75 giorni la legge per vietare TikTok, dando tempo a ByteDance di trovare un acquirente non legato al governo cinese. E ha aggiunto: “Potremmo decidere di imporre dazi alla Cina se troviamo l’accordo e Pechino non lo approva”.

Il Golfo d’America, la Groenlandia e ritorna il McKinley

Trump ha ribadito l’importanza della Groenlandia per gli Stati Uniti, ipotizzando che il paese danese si abituerà all’idea di un suo controllo perché gli Usa “ne hanno bisogno per la sicurezza internazionale. Inoltre, ha deciso di ribattezzare il Golfo del Messico in “Golfo d’America” e di restituire il nome della più alta cima del Nord America, situata in Alaska, al presidente repubblicano William McKinley, assassinato nel 1901. Quindi via la “Denali” di Obama, e benvenuto McKinley.

Marco Rubio nuovo segretario di Stato e il “saluto romano” di Musk

Con l’approvazione del Senato, Marco Rubio è stato confermato come segretario di Stato, ricevendo un ampio consenso bipartisan, un segnale di stabilità in un’amministrazione che intende lanciare la propria politica estera con una forte impronta repubblicana.

Intanto, Elon Musk ha preso le redini del Department of Government Efficiency (Doge) nella nuova amministrazione Trump, con l’obiettivo di ridurre i costi governativi. Ma non è solo questo che attira l’attenzione: il controverso miliardario è finito al centro di polemiche dopo un gesto durante un evento di inaugurazione per Trump, accusato da alcuni critici di ricordare un saluto nazista. Su X, Musk ha risposto piccato, dicendo che i suoi avversari “hanno bisogno di sporchi trucchi migliori” e che l’accusa di “tutti sono Hitler” è ormai stancante. 

Le reazioni al Trump Bis

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha creato un clima di nervosismo in Europa e nel resto del mondo. Mentre alcuni alleati più distanti, come Hamas, celebrano il suo ruolo nella fine del conflitto a Gaza, altri, come l’Ucraina, osservano con attenzione in attesa di capire se il presidente manterrà un approccio favorevole nella sua sfida con la Russia. In Europa, l’eco del “Trump bis” è particolarmente forte: Vincent van Peteghem, ministro delle Finanze belga, mette in guardia l’Ue, suggerendo che l’amministrazione americana potrebbe spingerla a rafforzare la sua autonomia economica, vista la prevedibile ripresa delle politiche protezionistiche. Anche altre potenze globali guardano con attenzione il secondo mandato del presidente americano. Mosca, pur mantenendo una posizione di cautela, chiede il rispetto degli accordi internazionali sul Canale di Panama, mentre la Cina, pur dichiarandosi pronta a collaborare con Washington, non esita a criticare la decisione di Trump di ritirarsi dall’Oms e le sue minacce di dazi su TikTok. Nel frattempo, il Canada si prepara a rispondere a una possibile escalation delle tariffe commerciali, ma ribadisce la disponibilità al dialogo. Insomma, tra preoccupazioni e tentativi di mantenere una diplomazia attiva, il mondo si prepara a una nuova stagione di relazioni internazionali che promette di essere tutt’altro che priva di sfide.

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