Il contrasto tra il Presidente Obama e la maggioranza repubblicana al Senato americano sull’accordo con l’Iran, potrebbe avere conseguenze importanti anche in campo finanziario, nota una recente analisi di John Alterman, del CSIS (uno dei maggiori think tank americani).
L’accordo è un buon compromesso, probabilmente il migliore che si potesse raggiungere tra i molteplici interessi dei negoziatori, non solo l’Iran e gli USA, ma anche la Russia, la Cina, il Giappone e i paesi europei. Esso, nella peggiore delle ipotesi, quella che ha sposato il governo israeliano, rinvia di 15-20 anni il rischio di riarmo nucleare dell’Iran, altrimenti calcolato in pochi mesi, e riconferma la validità del Trattato di Non Proliferazione: un risultato importante, visto il fallimento dell’ultima Conferenza di Riesame del Trattato, lo scorso mese.
Ora che esso è stato approvato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il suo ultimo ostacolo è nel voto del Senato americano, che potrebbe affossarlo per regioni prevalentemente di politica interna. Tuttavia le conseguenze di una tale decisione, se avesse successo (e ad oggi non sembra ancora che i repubblicani abbiano raccolto i voti necessari a superare il veto presidenziale alla bocciatura dell’accordo) avrebbe gravi conseguenze, non solo politiche e forse militari, ma anche finanziarie.
Politicamente ciò accrescerebbe la distanza tra gli USA e i loro alleati e rafforzerebbe l’asse russo-cinese, probabilmente darebbe nuovo fiato alla conflittualità medio orientale e quindi anche alla proliferazione nucleare nella regione, delineando scenari ad alto rischio.
Finanziariamente avrebbe conseguenze notevoli, mettendo in forse il ruolo centrale giocato sino ad oggi nel mondo dal sistema finanziario e bancario americano. Se gli USA, in seguito al voto del Senato, cercassero di applicare le forti sanzioni previste dalla legge, agirebbero in netta contrapposizione con il consenso internazionale e ciò scatenerebbe una corsa alla creazione e sviluppo di forti strumenti finanziari indipendenti dagli occhi americani e soprattutto dalla sfera di interferenza giuridica delle agenzie nazionali USA. Strutture parallele, come la nuova Asian Infrastracture Investment Bank creata dalla Cina (e da molti alleati degli USA) si moltiplicherebbero per sostenere un sistema bancario internazionale parallelo e indipendente dagli USA. Ciò non solo diminuirebbe il prestigio (e il soft power) americano, ma ridurrebbe fortemente la capacità degli USA di combattere la criminalità e il terrorismo e di applicare sanzioni economiche efficaci.
In gioco quindi oggi c’è molto di più del rapporto tra Iran e Israele, c’è il ruolo degli USA nel sistema internazionale.