L’Italia è aggrappata al treno delle migliori, ma sempre in ultima classe. Che sia per il numero dei laureati o il livello dei salari, siamo sempre lì in fondo alle classifiche internazionali a batterci la maglia nera con la Grecia o con la Turchia. Ma c’è una questione che riguarda gran parte del nostro Paese con conseguenze dirette su vari settori della società, a livello locale e globale: il più basso tasso di natalità nell’Ue. Siamo prigionieri di quella che i tecnici chiamano “trappola demografica”. Ma come uscirne? Dall’8 luglio sarà disponibile in libreria e su Amazon un libro scritto da due giornalisti del Messaggero, Luca Cifoni e Diodato Pirone: “La trappola delle culle”, Rubbettino. Cifoni e Pirone hanno provato a fare ordine fra tutti i pezzi del puzzle. Forniscono un quadro completo della situazione ma danno anche speranza, perché dal dramma della desertificazione si può uscire come in parte hanno già fatto Svezia e Germania e, in Italia, le due province autonome del Trentino e dell’Alto Adige.
In Italia sempre meno figli (e va sempre peggio)
Siamo la seconda manifattura d’Europa con un patrimonio culturale invidiato da tutto al mondo. Eppure, non riusciamo a sfruttare il nostro potenziale e siamo sempre in coda rispetto agli altri. Ma come è possibile? Secondo Cifoni e Pirone la risposta è semplice: rimaniamo a galla grazie alle italiane e agli italiani. Non abbiamo materie prime (e quelle che abbiamo le lasciamo sottoterra) ma in compenso possediamo una misteriosa e affascinante capacità di cavarcela, che sembra concessa solo a noi.
Ma se gli italiani sono la ricchezza dell’Italia perché siamo ultimi in Europa per il più basso tasso di natalità? E già un po’ di tempo che abbiamo smesso di fare figli. L’anno scorso ne abbiamo messi al mondo 6,8 per ogni mille abitanti, il tasso di natalità più basso del Vecchio Continente, dal Portogallo alla Russia, la metà rispetto ai 742.000 francesi. Fatto sta che l’anno scorso sono nati solo 399.431 italiani, il dato più basso mai raggiunto in Italia; nel 2020 i neonati sono stati 404.892, nel 2019 420.084, mentre nel 2018 erano 439.747. E non sembrano esserci buone notizie: è previsto un ulteriore calo nel 2022 per i riflessi della guerra in Ucraina, con i rincari delle materie prime e dell’energia e un’inflazione inarrestabile.
Una “crisi demografica quasi irreversibile”
Oggi siamo meno di 59 milioni e in pochi anni, a dispetto del gran parlare di immigrazione, abbiamo perso la popolazione equivalente ad una metropoli come Milano. Persino l’imprenditore americano Elon Musk, lo scorso 25 maggio ha lanciato l’allarme con un tweet ai suoi 100 milioni di follower: “Se continua così l’Italia resterà senza popolazione”.
Siamo in una emergenza di cui si parla troppo poco anche se è in gioco la nostra stessa esistenza. Per rendercene conto dobbiamo fissare un paletto: perché non facciamo più figli? Per molte ragioni, sostengono gli autori, ma la principale ha a che fare con una legge della natura: 40 anni fa abbiamo iniziato ad avere pochi bambini e dunque oggi i nostri giovani sono pochi e formano poche coppie in grado di procreare. I pochissimi bambini di oggi fra 20 o 30 anni creeranno ancora meno coppie e automaticamente nasceranno ancora meno italiani. È in atto anche un fenomeno di bassa fertilità delle donne, che diminuiscono di 200mila l’anno. Per il territorio questo si traduce in paesi spopolati, scuole chiuse, milioni di case vuote, reti ospedaliere ristrette, meno imprese e meno innovazione, intere aree del Paese senza economia. Nel 2050 rischiamo di essere 5 milioni in meno, come se sparisse il Veneto. E questo – in uno scenario globale come quello riemerso con l’invasione russa dell’Ucraina – significherà anche perdita di peso internazionale.
Italiani prigionieri della “trappola demografica”: come uscirne?
Il libro, composto da 6 capitoli, propone 9 azioni per uscire dalla trappola demografica, che vanno dall’individuazione di un nuovo linguaggio sui figli alle riforme del lavoro, dai pregi e difetti del nuovo strumento dell’Assegno unico universale al ruolo delle imprese nell’assistenza ai dipendenti che mettono su famiglia. Per evadere dalla “Trappola delle culle” c’è una sola soluzione: avviare una grande campagna sistematica e collettiva. Una sorta di rivoluzione culturale che faccia tornare gli italiani a fare figli. Non basta un intervento forte dello Stato. Serve più immigrazione. Servono più famiglie, non solo quelle tradizionali. È fondamentale mettere in condizione le italiane di iniziare a partorire molto prima dei quasi 32 anni di media di oggi perché avere un figlio per coppia non ferma di certo la crisi demografica. Lo Stato e le Regioni dovranno incrementare gli aiuti alle famiglie ma è indispensabile un impegno di tutti: imprenditori, sindaci, famiglie, sindacati, volontari, individui. Non dobbiamo più dimenticare – sottolineano gli autori – che per costruire il nostro futuro gli italiani restano indispensabili.