La corsa alle energie rinnovabili ha spinto la Commissione Ue a creare una banca per i nuovi investimenti. Istituirne una specifica per l’idrogeno esprime la volontà di candidare il vecchio Continente al primo posto nel mondo nell’uso dell’idrogeno verde.
La Settimana europea 2023 dedicata all’energia del futuro ha segnato il debutto sostanziale della banca, con la presidente Ursula von der Leyen ad annunciare la prima asta per un valore di 800 milioni di euro. Una buona partenza perché come è noto per produrre idrogeno verde occorrono investimenti massici con rendimenti oggi alquanto incerti.
Non è un caso se il combustibile attualmente non supera il 2% di tutte le fonti energetiche utilizzate in Europa. “L’economia dell’idrogeno sta fiorendo” ha detto von der Leyen in apertura della Settimana tematica. Quattro anni fa, quando è stato lanciato il Green Deal, l’idrogeno pulito era solo il sogno di alcuni visionari.
Nel 2022 sono sorte le prime ‘valli dell’idrogeno’: in giro in Europa ci sono treni ed autobus ad H2, in Germania pensano di costruire un idrogenodotto.
Ma la partita che l’Europa vuole giocare – e percepita durante la Settimana europea – riguarda le valli dell’idrogeno, i treni a idrogeno e le fabbriche di acciaio pulito. La Commissione finora ha autorizzato oltre 17 miliardi di euro in aiuti di Stato per 80 progetti nel settore privato.
A primavera 2024 ci sarà la seconda asta della banca per un valore di 3 miliardi e viene presentata come un invito agli industriali a prepararsi per tempo.
La ragione di una massa così grande di investimenti sta nell’ambizione di alimentare industrie pesanti, trasporti, strutture pubbliche. Ci vogliono infrastrutture con altri investimenti pubblici, al netto delle politiche della BCE e del rialzo dei tassi di interesse. L’energia è tra i settori più esposti ma anche quello con più corner, nel senso che ha le sue vie d’uscita nei vecchi sistemi energetici.
Il mercato sarà mondiale
Il mercato dell’idrogeno si deve ampliare ma senza partnership con il settore privato non ci può essere innovazione. Contano anche gli accordi commerciali con Egitto, Kenya e paesi dell’America Latina presentati a Bruxelles come grande potenziale per produrre energia verde.
Il disegno industriale è di vederla trasformata quella energia, in idrogeno pulito e commercializzata. La banca europea si dovrà muovere anche in questo ambito per raggiungere un equilibro distributivo, altrimenti si illudono le industrie e addio speranza di riconversione.
Infine, l’entusiasmo con cui Ursula von der Leyen e i commissari europei parlano di rinnovabili deve fare i conti con il pragmatismo di quei governi che imboccano strade diverse.
La Commissione vuole produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde e deve importarne altrettante entro il 2030. Non è detto che non ci riesca, ma guardando i dati di appena 20 mesi l’Ue usa il 70% di fonti inquinanti. Paesi Bassi, Irlanda e Polonia consumano l’88% di energie fossili. Italia, Germania Lussemburgo sono al 79%, Malta addirittura al 96 %. Soltanto Svezia, Finlandia e Francia hanno quote inferiori al 50%. Per convincere questi governi, ovvero le loro economie, basta una banca con aste così generose ?