La notizia era attesa da tempo. Dal 16 dicembre dello scorso anno Auditel rileva, con uno standard condiviso e certificato da tutti i soggetti che agiscono sul mercato televisivo, gli ascolti della televisione su tutti i dispositivi digitali: pc, smartphone, tv connesse e tablet. Per motivi non del tutto chiariti, questi dati tardavano ad essere pubblicati fintanto che, giocoforza, non si potevano più mantenere nel cassetto. Con il Total Audience il quadro che ne esce, dopo la prima settimana ufficiale di rilevazioni, è di grande interesse e inizia a disegnare i nuovi pesi e ruoli che potranno avere i diversi competitor nel mercato televisivo.
Su FIRSTonline lo abbiamo scritto da tempo: la televisione digitale terrestre, sia per motivi tecnologici (diverso uso delle frequenze) sia per motivi legati alle tipologie sociali e di consumo dei telespettatori, è destinata a soccombere sotto i colpi dell’innovazione tecnologia. La chiave di lettura è molto semplice: televisione lineare (tutto ciò che va in onda dall’emittente verso lo spettatore) e non lineare (tutto ciò che il telespettatore decide di vedere dove, come e quando vuole). Come ha detto Andrea Imperiali, presidente di Auditel, “nelle case degli italiani, ai 41 milioni di televisori si affiancano oggi ben 60 milioni di device connessi alla rete, attraverso i quali i contenuti tv vengono fruiti sia live che on demand”.
Il maggior numero degli apparati non significa necessariamente maggiore quantità di ascolti e, tantomeno, è in grado di qualificare la tipologia di utenti connessi (dati interessanti, almeno da un punto di vista dei costi/contatti utile per il mercato pubblicitario). Nei prossimi mesi, a quanto abbiamo saputo, è prevista anche la “profilazione” più dettagliata del pubblico attraverso una fusione del dato censuario con quello del panel tradizionale. Tutto questo certamente però porta a rilevare una tendenza ormai consolidata: specie nel pubblico giovanile, il “consumo”, cioè il tempo trascorso di fronte ad un teleschermo, sta cambiando velocemente e i broadcaster tradizionali faticano a reggere il passo.
Veniamo ai dati ufficiali resi noti martedì e letti per quanto possano significare nelle grandi linee. I due principali broadcaster tradizionali, Rai e Mediaset, sono sotto di tanti punti per quanto riguarda lo stream per editore (precisando che si tratta di LS – Legittimate Stream – ovvero il tempo o volume di contenuti per un determinato arco di tempo). Per quanto riguarda invece il canale connesso, sempre con LS, Canale 5 di Mediaset batte la concorrenza 8 a 1.
Come leggere queste prime sommarie informazioni? Anzitutto si tratta di uno strumento che necessita di un “rodaggio” più puntuale sia nei tempi che nelle caratteristiche dei rilevamenti. Il flusso di dati in streaming dice molto ma non dice tutto e il tema “profilazione” degli utenti rimane ancora centrale perché solo in base a determinati criteri è possibile confezionare i prodotti con le caratteristiche maggiormente apprezzare dai telespettatori (vendibili poi ai pubblicitari). È, in un certo senso, il criterio analogo che determina il successo ad esempio di Netflix che grazie agli algoritmi e ai dati di cui dispone (ed è unico proprietario) è in grado di “confezionare” un prodotto in corso d’opera, non appena è in grado di rilevare il gradimento del prodotto in diffusione.
L’asse di riferimento si sposta dunque dal contenuto del prodotto, che rimane comunque al centro del processo produttivo, alla piattaforma di distribuzione dove, appunto, si conferma la tendenza prevista: dal digitale terrestre verso la televisione connessa in streaming. Attenzione: tra le piattaforme di riferimento c’è anche il satellite che pure ha un mercato di riferimento rilevante: i dati diffusi ieri riportano Sky Sport in testa allo stream per editore (grazie al calcio) e sette tra i primi dieci canali più seguiti (sempre sport).
Chi potrebbe vincere e chi perdere nel prossimo futuro? Citiamo Agatha Christie “Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze fanno un indizio, tre coincidenze fanno una prova.” Per come si stanno evidenziando questi primi dati e volendo semplificare ai minimi termini per Rai anzitutto e in parte per Mediaset (che invece sembra aver già corso ai ripari parcellizzando molti prodotti) si prevedono tempi cupi. A Viale Mazzini, da noi interpellata, nessun commento ufficiale: nonostante sia stata convocato in gran segreto un incontro di “spiegazione” nessuno ha voglia di commentare: “dire che il Servizio Pubblico non regge la concorrenza tecnologica non fa molto piacere” ci ha detto un nostro interlocutore, mentre un altro, più fiducioso, ha detto “Ora è necessario spingere sul Piano industriale”.