La storia di quella che chiamiamo TAV comincia 25 anni fa, più o meno con la nascita dell’Unione europea. Fu allora che si decise di investire fondi comunitari a sostegno di progetti infrastrutturali a livello europeo e non più con criteri nazionali. Furono immaginati un’infinità di interventi e, per quel che ci riguarda, una faraonica rete che andava da Lisbona a Kiev, attraversando l’Italia settentrionale: una specie di transiberiana occidentale. Naturalmente il progetto dovette essere via via ridimensionato, e quello di cui si parla oggi, per grandi linee, è una rete che va da Lione ai confini con l’Ucraina. Chiamarla Tav non ha più senso, perché in certi tratti interessa passeggeri che viaggeranno su treni ad alta velocità, in altri interessa più che altro le merci, come nel tratto Orbassano-Lione. Ed è su questo tratto che si è concentrata tutta l’attenzione dell’opinione pubblica e delle forze politiche, nonché – com’era prevedibile – quella delle popolazioni locali.
Di quanto sia utile il tratto alpino, in termini di costi benefici, è difficile discutere (e perfino inutile). Abbiamo due certezze: le previsioni di crescita del traffico merci formulate allora sono risultate del tutto fasulle: rispetto al 1990 il traffico è diminuito. Ma questa constatazione può essere al più un motivo di sconforto e non di ripensamento, perché subentra la seconda certezza: i trattati internazionali e le obbligazioni giuridicamente vincolanti sottoscritti da svariati governi italiani ci impongono di terminare l’opera, a meno di non voler intraprendere un contenzioso che durerebbe a lungo e produrrebbe costi ben maggiori di quanto si può risparmiare interrompendo i lavori.
Inoltre vi sono altre due considerazioni che suggeriscono di porre fine a questo teatrino politico. Nel 2015 il governo Renzi (e successivamente quello Gentiloni) ha modificato le valutazioni molto approssimative contenute nella precedente legge obiettivo e ha ridotto i costi di molte opere previste (va dato atto al prof. Andrea Boitani di essere stato uno degli antesignani di questa revisione). Per quanto riguarda la Torino-Lione i costi sono scesi da 4,4 miliardi a 1,9 miliardi, con un risparmio del 56%.
La seconda considerazione riguarda il fatto che quasi tutti si scordano che il corridoio che comprende l’attraversamento delle Alpi prosegue fino a Lubiana. Si capisce così meglio perché Zaia, governatore del Veneto, difenda a spada tratta la Tav: “Le opere infrastrutturali dell’Alta velocità – ha detto in un’intervista al Corriere – arrivano fino a Brescia con il quadruplicamento dei binari. Poi, da Brescia a Venezia, si torna a due binari, con treni merci e passeggeri che utilizzano lo stesso percorso. Assurdo. Insomma, io sono favorevole alla Tav anche per queste ragioni”.
Discorso simile vale per Chiamparino, governatore del Piemonte, che è persino disposto a far pagare al Piemonte ( e a chiedere alla altre regioni interessate, Lombardia, Veneto, Friuli, di fare altrettanto) la realizzazione della Tav. Nel progetto è stato infatti inserito il quadruplicamento della tratta Avigliana-Orbassano che permetterà di migliorare il servizio ferroviario metropolitano di Torino. Come si vede “tout se tient” e continuare a parlare solo della Val di Susa potrà portare qualche voto ma non è serio.