Condividi

La spesa pubblica italiana non è più alta che all’estero, ma calano gli investimenti

Dal FOCUS del Servizio Studi Bnl – Uno sguardo d’insieme sulla spese delle Amministrazioni pubbliche italiane, che nel confronto internazionale non risultano elevate. Più complessa la gestione delle uscite correnti, sulla quale pesa l’aumento della spesa per le prestazioni sociali trainata dalle pensioni e dai sussidi per la disoccupazione. In calo la spesa per l’istruzione

Nel 2016, le uscite totali delle Amministrazioni pubbliche italiane hanno registrato una leggera flessione, risultando pari a 829 miliardi di euro e scendendo in rapporto al Pil poco sopra il 49%, quasi 2 punti percentuali in meno del 2009.

Nel confronto internazionale, la spesa pubblica italiana non risulta elevata: per ogni residente vengono spesi al netto degli interessi poco più di 12.500 euro; in Germania si sale oltre i 16mila, in Francia oltre i 18mila. Il contenimento della spesa pubblica italiana è il risultato sia del calo delle uscite in conto capitale che della minore spesa per interessi.

Gli investimenti pubblici sono stati, ad esempio, tagliati da 54 a 35 miliardi di euro, interessando le opere stradali, quelle del genio civile, ma anche gli acquisti di apparecchiature ICT e le spese per la ricerca e sviluppo.

La gestione delle uscite correnti appare, invece, più complessa. La spesa per le prestazioni sociali è aumentata, avvicinandosi ai 340 miliardi di euro, trainata dalla spesa pensionistica e dai sussidi per la disoccupazione. La spesa sanitaria è stata, invece, stabilizzata intorno ai 120 miliardi, mentre un taglio significativo è stato apportato a quella per l’istruzione, scesa da 73 miliardi nel 2007 a 65 nel 2015, con quella universitaria ridotta di oltre un quinto.

Nel 2015, in Italia, sono stati spesi in media per l’istruzione poco più di 3.700 euro per ogni residente con un’età inferiore ai 30 anni, in calo dai 4.110 del 2007, mentre la Francia ha superato i 4.900 e la Germania si è avvicinata ai 5.200.

In Italia, il taglio della spesa per l’istruzione non rappresenta, però, una peculiarità delle Amministrazioni pubbliche, ma interessa anche i consumi delle famiglie. Nel 2016, dei poco più di 1.000 miliardi di euro spesi solo 13 sono stati destinati all’istruzione e all’acquisto di libri; si tratta dell’1,3% del totale.

Dall’inizio della crisi, gli italiani hanno ridotto di quasi il 30% la quantità di libri acquistati e di circa il 9% le spese per l’istruzione. Un problema più di scelte che di reddito: nel 2016, ogni italiano ha speso in media 54 euro per comprare libri, circa un decimo dei 547 destinati alle sigarette, mentre i poco più di 170 euro spesi in media da ognuno per l’istruzione possono essere confrontati con i 229 utilizzati per i servizi di barbieri e parrucchieri.

Commenta