La siccità assilla l’Italia. Nel primo giorno di primavera, 21 marzo, è convocata a Palazzo Chigi la cabina di regia, mentre la nomina del Commissario straordinario all’emergenza è stata per ora congelata. Vero è che negli ultimi giorni la situazione è un po’ migliorata. Ma le ricadute sull’agricoltura e sulle famiglie restano pesanti. I danni per Coldiretti superano ormai i 6 miliardi di euro. Il Paese non era preparata ad una crisi di queste dimensioni. Da Febbraio 2021 la siccità ha colpito il 38% delle aree agricole irrigue. L’Anbi – Associazione Nazionale Consorzi di gestione dei bacini idrici- la definisce siccità severa-estrema e nell’ultimo report scrive che : l’Italia ormai non ha più grandi fiumi. Il primo fiume della Penisola, il Po, resta sotto il minimo storico mensile con il 14% in meno di acqua rispetto ai valori medi.
Contro la siccità i dissalatori dell’acqua di mare?
Il Presidente del Veneto Luca Zaia e il Sindaco di Genova Marco Bucci hanno proposto la costruzione di dissalatori dell’acqua del mare. Evidentemente avranno approfondito le analisi dell’Oms che ha inserito l’Italia tra i Paesi a maggiore stress idrico. Fatto sta che una risposta tecnica e politica a queste emergenze va trovata. Sono circostanze esiziali per il clima e accentuano la tropicalizzazione della Penisola. Ma i dissalatori sono davvero la risposta più adeguata? E quali sarebbero i tempi per costruirli, vista la cronica lentezza per nuove infrastrutture ? «I tanto citati dissalatori possono essere una soluzione per emergenze localizzate, non sono certo risolutivi per un fattore esteso quale la siccità penalizzante l’agricoltura e l’ambiente in un territorio come quello italiano “ dice Francesco Vincenzi, Presidente dell’ANBI ». Non solo. Viene ricordato che Israele ha trasformato sì il deserto in area verde. « Noi il giardino lo abbiamo ed il nostro compito è mantenerlo. Non mi pare proprio la stessa cosa…” aggiunge Vincenzi. Lo stato meteorologico nazionale è costantemente osservato. Le precipitazioni restano scarse e insufficienti a risolvere una situazione di crisi idrica generalizzata. Sulle Dolomiti il manto nevoso è di 40 centimetri. Il lago di Garda è riempito solo per un terzo. In Liguria ha piovuto nell’entroterra genovese, così come in Calabria qualche pioggia i avuta solo nella provincia di Reggio Calabria. Pillole di ottimismo. Quanto ai fiumi, essenziali per l’ecosistema, i livelli sono in calo come si rileva lungo il Tevere. In due Regioni del Sud -Basilicata e Puglia- le riserve di acqua sono quasi a secco. In Puglia mancano addirittura 5 milioni di metri cubi di acqua.
Investire anche sugli invasi
Massimo Gargano, Direttore Generale dell’ ANBI nell’ultimo Bollettino dell’organizzazione, riprende il tema dei dissalatori. Bocciati in toto ? No. « Se parliamo di isole sì, sostituendo le obsolete e costosissime bettoline del mare. Molti dubbi, invece, se farli nel resto del Paese, soprattutto avendo come riferimento nazioni prettamente desertiche, dove l’economia del petrolio finanzia abbondantemente tale pratica ». L’aspetto economico in queste settimane è ben evidenziato in tutte le analisi per combattere la siccità. La cabina di regia di martedì prossimo potrebbe anche autorizzare nuovi interventi a sostegno soprattutto dell’agricoltura, quando aumentano gli appelli dei Sindaci per i razionamenti. « I costi [ dei dissalatori ]- aggiunge Gargano- metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare, aumentando i costi dei prodotti sullo scaffale. Insieme all’ efficientamento della rete idraulica ed all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate ? ” Rispetto all’operazione dissalatori gli interventi sugli invasi sarebbero più rapidi. La desalinizzazione, tuttavia, è un fenomeno da prendere in considerazione. In Italia esistono 20.000 piccoli invasi, che fino a trenta anni fa conservavano il 15% dell’acqua piovana, contro poco più dell’11% di oggi. Per anni non si è fatta manutenzione indebolendo un sistema antico, eredità dei contadini, contro la scarsità di acqua. Per i tempi medio lunghi, il PNRR ha previsto interventi per 700 milioni di euro all’anno fino al 2026. Una cifra ritenuta minima, però, da organizzazioni come Utilitalia che dopo due annate terribili stimano necessari investimenti per 6 miliardi all’anno. Soldi tutti ammissibili per essere in grado di far fronte ad imprevisti (?) invece molto prevedibili legati ai cambiamenti climatici.