Due storie diverse. Ma con un denominatore comune: qualcosa si muove nella mappa del potere economico italiano, atrofizzato attorno ai soliti nomi di sempre. Il destino ha così voluto che nello stesso giorno, all’insaputa l’uno dell’altro, Gianluigi Aponte, comandante sorrentino di navi di lungo corso e Claudio Dogliani, potente quanto sconosciuto costruttore in arrivo dalla magnetica terra di Langa, salissero alla ribalta con operazioni (una realizzata, l’altra appena abbozzata) che potrebbero cambiare il volto della logistica italiana. Il primo con Italo, da poco conquistato; il secondo con Autostrade per l’Italia (Aspi). Intendiamoci bene: non esiste alcun collegamento tra i due o, per quel che se sa, del ruolo che queste operazioni potrebbero avere nell’ambito di una strategia per riaprire i dossier delle privatizzazioni. Ma c’è la sensazione, o più di una sensazione che dopo il lungo letargo (e i tanti flop), qualcosa si muove. E il terreno di gioco sono le infrastrutture in Italia.
Aponte con Italo sfida le Ferrovie e pensa a Ita
Il titolo di copertina spetta senz’altro al comandante Gianluigi Aponte, che ha realizzato l’acquisto, gestione connessa, del 50% di Italo, la compagnia ferroviaria concorrente di Fs. E’ l’ultima sfida, per ora del marinaio sbarcato a Ginevra agli inizi degli anni Settanta dopo le nozze con Raffaela Diamant Pinas, figlia di banchieri conosciuta su una nave da crociera di cui era capitano. La sua prima operazione fu l’acquisto del Patricia, una vecchia nave da carico tedesca impiegata per far commercio con il corno d’Africa. Da allora l’espansione del gruppo non si è più fermata: la sua Msc conta oltre 560 portacontainer ed è la prima compagnia merci al mondo, davanti alla danese Maersk. Non meno forte la flotta di traghetti e navi da crociera (madrina l’amica Sophia Loren) creata a partire dall’acquisto di Star Lauro. Ma a catapultare Msc nell’Olimpo dei grandi della logistica mondiale è l’acquisto un anno fa dell’impero di porti, strade e ferrovie africane del gruppo Bolloré; un affare da 5,7 miliardi di euro, reso possibile dagli enormi profitti realizzati nella stagione della pandemia quando i noli balzarono alle stelle.
LEGGI ANCHE: Bolloré e i porti africani: così Aponte ha battuto i cinesi
Forte di una leadership strategica di livello internazionale a prova di recessione, Aponte ha potuto rivolgere le sue attenzioni all’obiettivo di una vita: mettere assieme una rete di trasporto a 360 gradi sia per le merci che per i passeggeri che copra mare, cielo e ferrovia. L’acquisto del 50% di Italo (la compagnia è stata stimata 3,2 miliardi, al netto di 900 milioni di debito rifinanziato di recente) farà da volano all’espansione in Europa via terra perché Aponte, che nei giorni scorsi ha rilevato il 50% del settore merci dell’operatore ferroviario pubblico spagnolo Renfe non vuole certo fermarsi in Italia. E ad aiutare la crescita internazionale serviranno le alleanze con gli altri soci di Italo, dal fondo americano Gip (che nel 2018 aveva acquisito l’intera azienda per 2 miliardi di euro) ai fondi di Allianz, nonché Luca di Montezemolo, che stea presidente, e l’ad Giambattista La Rocca.
Gli obiettivi di Aponte dopo Italo: l’assalto a Ita con Lufthansa
Il primo obiettivo è allargare al traffico merci l’attività della compagnia oltre sintonizzare il trasporto dei passeggeri e le navi da da crociera, poi si faranno viaggiare i treni bordeaux (che collegano 51 città, con una squadra di 1.400 dipendenti e 20 milioni di passeggeri l’anno) in gran parte d’Europa. Nell’attesa di lanciare un nuovo assalto ad Ita, in combinazione con l’alleata Lufthansa.per coronare una rincorsa che dura da 15 anni, quando Aponte accettò di far parte della cordata di imprenditori mobilitata da Berlusconi per rilevare Alitalia, salvo ricredersi pochi mesi dopo nella convinzione, rivelatasi corretta, che quell’avventura non avrebbe portato da nessuna parte. Oggi Aponte, di gran lunga il primo cliente privato di Fincantieri, ci riprova. Così come fanno gli altri colossi del mare: la francese Cna-Cgm è il primo azionista privato di Air France Klm, così come la tedesca Hapag lo è di Lufthansa.
E su Aspi Dogliani prepara un’offerta
Al disegno di Aponte manca il tassello del trasporto su gomma. Ma grandi novità bollono in pentola anche sul tormentato capitolo delle autostrade, a partire da Aspi. Uno scoop di Bloomberg ha fatto sapere ieri che il gruppo piemontese Fininc, che fa capo alla famiglia Dogliani e spazia dal vino alle costruzioni, passando per le concessioni autostradali, starebbe pensando di fare un’offerta per la quota di controllo (51%) di Holding reti autostradali (Hra) posseduta dalla Cdp. Un’operazione da 8 miliardi destinati a salire a 20 con l’accollo dei debiti legato alla rete che il gruppo potrebbe realizzare con l’appoggio di un colosso internazionale del settore.
La famiglia Dogliani, tanto sconosciuta ai più quanto ben introdotta nelle leve del business, non è del resto un outsider nel ramo autostrade: Due anni fa il gruppo langarolo ha soffiato a Gavio, il concorrente di Tortona, la concessione per la A21 Torino-Piacenza e la A5 Torino-Quincinetto. E, da allora, è stato un susseguirsi di ricorsi e controricorsi, una battaglia che non è ancora finita anche se la conclusione sembra vicina. Nel currriculum industriale figurano la costruzione dell’autostrada del Frejus che collega l’Italia alla Francia, nonché della Pedemontana Veneta in Veneto. Al Sud ha realizzato parte dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Fininc in corsa per Aspi: un gruppo solido
Il bilancio della holding racconta di un gruppo solido sul piano patrimoniale che destina gli utili a riserva e che conta 1.500 dipendenti. La società, fondata oltre 50 anni fa con sede legale a Torino, è guidata da Claudio Dogliani, figlio dell’ottantaduenne presidente Matterino, uno dei più potenti ma sconosciuti costruttori d’Italia, ha chiuso poche settimane fa il bilancio consolidato 2022 con un patrimonio netto salito anno su anno da 933 a 995 milioni di euro e un attivo passato da 1,49 a 1,61 miliardi. I ricavi sono progrediti a 304,4 milioni (dai precedenti 256,8 milioni) con un Ebit migliorato a 15,6 milioni (da 11,5 milioni) per soli 739 mila euro di utili. Il fatturato di gruppo è ripartito per 278,1 milioni nel principale settore delle costruzioni, engineering, concessioni e multiutility, per 24,3 milioni nel vino, i restanti 1,8 milioni in un resort turistico.
Aspi a Fininc: una partita difficile ma Salvini spinge
Quali sono i jolly che il gruppo potrebbe giocare in una partita quasi proibitiva, visto l’obbligo per Cdp di mantenere la proprietà di Aspi per almeno 5 anni, come previsto dal contratto con i Benetton? Dietro l’offerta organizzata con la consulenza dalla boutique finanziaria Kaufmann & Partners fondata dall’ex manager Telecom Francesco De Leo ci sarebbe la spinta del ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini stufo per lo stallo sugli investimenti di Aspi. Il ministro non conferma ma sottolinea che ”se un grande imprenditore italiano riesce a mettere insieme i fondi per un piano di investimento fondamentale per l’Italia, come quello di Aspi, dalla Gronda di Genova al Passante di Bologna, dai lavori sulla A1 alla A14 Adriatica fino al nodo di Firenze, questo è sicuramente di grande interesse“.
LEGGI ANCHE: Aspi, Autogrill, Atlantia: le 3 mosse con cui i Benetton dicono addio a Piazza Affari
Privatizzazioni senza affrontare lo stato di vetusta e saturazione ? Anche il
ministero sembra consapevole solo dei colli di bottiglia storici ma non della vetusta e della saturazione . Risolviamo con cambi di proprietà e allungamenti delle concessioni ?