Ignazio La Russa è il nuovo Presidente del Senato. Il senatore di Fratelli d’Italia ha ottenuto 116 voti a favore alla prima votazione utile, ma i segnali che arrivano da Palazzo Madama sono tutt’altro che rassicuranti per la futura maggioranza, con Forza Italia che non ha partecipato al voto (eccezion fatta per Silvio Berlusconi e Maria Elisabetta Alberti Casellati), lanciando un messaggio chiaro a Giorgia Meloni: il partito dovrà avere un peso all’interno del Governo, altrimenti la vita della futura Premier a Palazzo Chigi sarà tutt’altro che semplice. Nel frattempo sembra diventare ancora più impervia la strada per l’elezione del nuovo presidente della Camera, sul quale il centrodestra non è ancora riuscito a trovare un accordo definitivo.
Volendo riassumere in poche parole ciò sta accadendo alle due Camere: nel primo giorno della XIX legislatura la coalizione ha già cominciato a mostrare i primi segnali di spaccatura.
La Russa è il nuovo Presidente del Senato
116 voti a favore, 2 voti per Liliana Segre, 2 per Roberto Calderoli e 66 schede bianche. È dunque Ignazio La Russa a succedere a Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia) sulla poltrona di Presidente del Senato. Ignazio La Russa ha 75 anni ed è già stato vice presidente del Senato e della Camera, nonché ministro della Difesa nel governo Berlusconi IV. ll suo percorso politico è iniziato nel ’70 con l’iscrizione al Msi-Dn. Nel ’94 aderì Alleanza nazionale e nel 2012, insieme a Giorgia Meloni e Guido Crosetto, fu tra i fondatori Fratelli d’Italia.
Per l’elezione della seconda carica dello Stato era necessaria la maggioranza assoluta dei componenti (almeno 104 senatori). Un traguardo raggiunto grazie al soccorso dell’opposizione perché, senza i voti di Forza Italia (che ha Palazzo Madama è rappresentata da 18 senatori, compresi Berlusconi e Casellati), i numeri non ci sarebbero stati.
Tra le due, quella del Presidente del Senato sembrava essere l’elezione più “semplice” e invece Palazzo Madama si è trasformato in un terreno di scontro all’interno del centrodestra in vista della ben più attesa partita delle nomine governative. Non votando, Forza Italia ha voluto mettere le cose in chiaro: i suoi voti saranno fondamentali per la sopravvivenza del Governo che sta per nascere, dunque il partito dovrà avere il “peso che merita” all’interno del nuovo Esecutivo. Un peso che probabilmente Silvio Berlusconi identifica con il ministero della Giustizia, che però Meloni non vorrebbe concedergli.
E nel caso in cui qualcuno non avesse compreso bene ciò che gli azzurri volevano dire, a chiarirlo è arrivato prima il “Vai a quel Paese” di Berlusconi a La Russa, poi una nota in cui, dopo le dovute congratulazioni al nuovo Presidente del Senato, il Presidente di FI ha rimarcato: “In una riunione del gruppo di Forza Italia al Senato è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni in riferimento alla formazione del governo. Auspichiamo che questi veti vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese”.
Strada impervia alla Camera: il centrodestra continua a trattare
Se al Senato si sono palesate già le prime difficoltà interne alla coalizione di centrodestra, la strada sembra essere ancora più impervia alla Camera.
Dopo la fumata nera nella prima votazione, nella giornata di oggi sono in programma altre due votazioni, una alle 14 e una alle 17. Appare però difficile che si arrivi all’elezione del nuovo Presidente della Camera entro oggi. In entrambe le votazioni sarà infatti necessaria la maggioranza dei due terzi (dei componenti nella seconda, dei voti espressi nella terza), e a meno che diversi esponenti dell’opposizione non decidano di votare con il centrodestra come accaduto alla Camera, per avere il nuovo Presidente dovremo aspettare il quarto scrutinio in programma per venerdì mattina, quando invece basterà la maggioranza assoluta. Sempre che, nel frattempo, Forza Italia si decida a tornare a “più miti consigli” – magari grazie a nuove trattative e a possibili rassicurazioni (e concessioni soprattutto) da parte di Meloni – e la Lega scelga di proseguire sulla strada della cooperazione, nonostante anche all’interno del Carroccio il clima non sia dei migliori.
Secondo gli accordi raggiunti nel corso dei ripetuti incontri svolti nel corso degli ultimi giorni, la presidenza della Camera dovrebbe toccare alla Lega. Ma c’è un ma, perché anche questa intesa sembra essersi già sfaldata. Proprio nel momento in cui Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia avevano trovato la quadra sul nome del leghista Riccardo Molinari, tutto è stato rimesso in discussione. Secondo quanto riferito da fonti della Lega a Repubblica, infatti, probabilmente non sarà il capogruppo uscente della Lega il candidato del centrodestra alla presidenza della Camera. Sul tavolo ci sarebbero altre due ipotesi: Nicola Molteni o Lorenzo Fontana.
Verso il nuovo Governo
L’intenzione del centrodestra era quella di dare un segnale di compattezza, chiudendo in poco tempo la partita delle Presidenze per poi pensare a Governo e ministeri. I segnali che però sono arrivati in mattinata dalle due Camere dicono esattamente l’opposto: già nel primo giorno della nuova legislatura i partiti del centrodestra hanno cominciato a litigare sulle poltrone. Stavolta ad “alzare la voce” è stata Forza Italia, la prossima potrebbe essere la Lega. Ciò che è certo è che senza Salvini e Berlusconi Meloni non avrà i numeri per governare e le scene viste oggi in entrambe le Camere non rappresentano certo un inizio che rassicura sulla futura stabilità nel nuovo Esecutivo.
Nell’opposizione è caccia ai soccorritori
Ma se il centrodestra piange, l’opposizione non ride. L’elezione di La Russa, come detto, è arrivata grazie ai voti dell’opposizione che si è già lanciata alla ricerca dei soccorritori che dovrebbero essere una ventina.
“Mentre la maggioranza è partita divisa, una parte dell’opposizione ha fornito un soccorso decisivo per l’elezione di La Russa a presidente del Senato. Un comportamento grave e irresponsabile che deve essere denunciato con la massima forza”, ha scritto su Twitter il senatore e coordinatore della segreteria Pd, Marco Meloni.
Secondo Serracchiani, però, quei voti non sarebbero arrivati da parte dei senatori del Pd: “Le nostre schede bianche ci sono tutte, i voti in più per La Russa sicuramente non arrivano da noi ma misto, renziani e magari qualche 5 Stelle…”. Renzi, però, ha già respinto le accuse al mittente: “Non siamo stati noi, lo avrei rivendicato con orgoglio. Noi 9 abbiamo votato scheda bianca”.
Il nobile discorso di Liliana Segre al Senato
Al Senato la prima seduta della nuova Legislatura è stata presieduta da Liliana Segre, in quanto senatrice anziana che nel corso del suo discorso d’apertura – più volte interrotto dalle standing ovation dei presenti – ha citato la marcia su Roma e il ricordo di lei bambina che dai banchi di scuola è arrivata al banco più alto del Senato.
“In questo mese di ottobre- ha detto la senatrice a vita – nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica”. “Ed il valore simbolico – ha aggiunto – di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!”.
“In Italia – ha continuato Segre – il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti. Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica”.
“Le grandi nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria. Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date ‘divisive’ anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?”, ha concluso Segre.