La Roma continua a vincere, e lo fa anche convincendo a pieno. In meno di mezz’ora di dominio calmo – un incedere tranquillo che porta lontano – la pratica Bologna è già chiusa, senza neanche sudare troppo. Tre a zero dopo 25 minuti e gara finita prima di nascere.
Saranno 5, alla fine, le reti della Roma: Florenzi, doppietta di un Gervinho trasformato in tre giorni da “intruppone” a bomber, Benatia e infine Ljajc, al quale Garcia sta cucendo addosso un ruolo di guastatore dalla panchina che sembra fatto apposta per esaltare le caratteristiche del serbo.
Un’orchestra in cui tutti segnano e nessuno stona: alla base c’è un centrocampo solidissimo e unico, formato da tre fattispecie atipiche, tre registi che non lo sono davvero e sono anche qualcosa d’altro e diverso, e una qualità media francamente elevatissima per il campionato italiano. L’attacco è spuntato, in una rivisitazione di 4-3-3 in salsa coriacea, e la difesa al momento appare impermeabile a ogni pioggia. L’unico che avrà qualcosa da ridire, forse, sarà De Sanctis, a cui la solitudine del numero 1 non sarà mai sembrata tanto reale.
Vero è che il calendario non è stato durissimo, ma a fare la consistenza del tuo avversario spesso sei proprio tu, e il Bologna garibaldino e sciupone visto con il Milan è parso un lenzuolo umidiccio – un pezzo di stoffa privo di forma e volontà propria – al cospetto dei giallorossi.
Ma il volo della Roma non basta a creare un solco, a segnare una distanza reale tra eversore e avversari: Juve e Napoli sono là a un sospiro, a due punti che non significano niente. Basta che sbagli una partita e sei dietro.
Ci arrivano in maniera diversa, torinesi e napoletani, a quella piazza d’onore alle spalle della tabella linda dei giallorossi. La Juve lascia di sé un’impronta strana: non più le ruote di un autotreno che scartavetrano le partite, ma qualcosa di diverso, più pigro e leggero. Con un Toro che più dimesso non si poteva è bastato un golletto di Pogba in fuorigioco, poi la Juve si è accontentata, senza farsi contagiare dalla fame atavica del suo Apache Tevez.
La Juve sembra poca, in questo momento: poi, però, guardi la classifica e la trovi là e scopri che ha vinto tutte le partite, spesso con quel golletto di differenza che alla fine basta a chi ha la maturità di gestirlo, e che gli unici due punti li ha persi sul campo dell’ottima Inter di quest’inizio stagione.
Il Napoli ha espugnato il campo del Genoa – in quella malinconia tipica delle partite del sabato pomeriggio -, piazzando l’ultimo chiodo sulla bara di Fabio Liverani, che sarà sostituito dal figliol prodigo Gasperini. L’ha fatto facilmente, aggredendo subito la partita con la doppietta di Pandev e lasciandola lì, tra le mani di un Genoa impotente e incapace di riaprirla. Il pari casalingo col Sassuolo ha smesso di gridare vendetta, forse, però ne rimane l’eco lontana, mentre Napoli e Juve già si preparano a un turno di Champions già pesantissimo.
Tra sabato e domenica la Roma andrà nella tana di Mazzarri e i bianconeri ospiterano quello che resta dell’orgogliosa truppa di Allegri. A far visita al Napoli ci sarà il Livorno, in una riedizione di quelle partite che sembrano facili, ma poi si rivelano insidiose, e guai a non vincerle. Alla fine, sapremo certamente qualcosa di più su di loro.