Il sontuoso buy back di Apple (90 miliardi di dollari, tanto per suscitare l’invidia di Giancarlo Giorgetti che sta sudando sette camicie per raccogliere 7 miliardi di euro per prolungare il cuneo fiscale fino a dicembre) chiude nel modo più eloquente il ciclo delle trimestrali della tecnologia Usa, il settore vincente specie a fronte dei problemi delle banche Usa e delle incognite sull’inflazione. La riscossa delle Big Tech passa dall’AI: è un pericolo o no?
La rivincita dei Big di Silicon Valley e la nuova onda dell’Intelligenza artificiale
I Big di Silicon Valley si sono ripresi una sonora rivincita sulle banche, stressate dalla crisi degli istituti regionali americani, il principale polmone finanziario per le piccole e medie imprese nonché per l’immobiliare, considerato oggi a fronte rischio dopo i tracolli delle banche che hanno prestato soldi ai clienti ricchi a tassi oggi risibili. Tutt’altra musica per i Big di Silicon Valley, già dati in forte difficoltà a fronte dell’aumento del costo del denaro. Al contrario, da Mark Zuckerberg di Meta a Jeff Bezos di Amazon, i giganti del Web hanno giocato d’anticipo: dallo scorso di cembre sono almeno 120 mila i colletti bianchi lasciati a casa dai Big che pure hanno difeso, se non aumentato, il giro d’affari, magari andando a caccia di nuovi mercati, come Apple decisa a ripetere in India la formidabile penetrazione sul mercato cinese. Ma le strategie di mercato ed i risparmi spiegano solo in minima parte la nuova onda di innovazione che promette di investire i mercati, le strutture dell’economia e gli stessi equilibri politici e sociali un po’ a tutte le latitudini. Un po’ come è successo ai tempi del decollo di Internet. O forse ancor di più, date le attese e le paure scatenate dall’Intelligenza Artificiale.
Microsoft e Chat Gpt muovono la Casa Bianca
A confermare il peso della novità basti dire che, a poco più di un mese del lancio di Chat Gpt da parte di Microsoft l’Intelligenza Artificiale ha conquistato sia l’attenzione della Casa Bianca che dell’Unione Europea. Ieri la vice presidente Kamala Harris (in cerca di visibilità in vista della campagna elettorale) ha ospitato i vertici di Google, Microsoft ed Open AI per chiedere la loro collaborazione in vista della creazione di un sistema di regole per il sistema. “Avete un potere enorme – ha detto il presidente Joe Biden rivolto ai Ceo- ma responsabilità ancora maggiori”. Di qui il varo di un centro ricerca pubblico con una dotazione di 140 milioni di dollari per controllare gli sviluppi del sistema dal punto di vista etico e dell’impatto sull’occupazione. A fine agosto, poi, i grandi gruppi attivi nell’AI dovranno sottoporsi ad un esame pubblico dei loro prodotti ad una conferenza statale sulla cybersicurezza.
Allarme Intelligenza Artificiale : anche Bruxelles si muove
Anche Bruxelles entrerà in campo con nuove regole di cui si discuterà la prossima settimana. A modo suo si sta muovendo anche la Cina. In questo caso non è certo in discussione l’impatto politico dell’Intelligenza Artificiale, già abbondantemente usato dal regime a fini repressivi. Ma il partito comunista non sottovaluta l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulla crescita dell’economia a danno delle burocrazie.
Intelligenza artificiale: a cosa serve? E perché è un pericolo?
L’intelligenza artificiale è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Permette quindi alle macchine e ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce, risolvere problemi, e agire verso un obiettivo specifico. Il computer riceve gli input (già preparati o raccolti tramite sensori, come una videocamera), li processa tramite avanzate capacità di calcolo e risponde. L’IA è capace di adattare il proprio comportamento analizzando gli effetti delle azioni precedenti e lavorando in autonomia.
Alcune delle aree dove l’IA trova maggiore applicazione sono: le soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati, soprattutto per realizzare previsioni. Pensate ad ambiti come la pianificazione aziendale, la gestione degli investimenti e le attività di budgeting. Molto importante anche l’area di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato, la cosiddetta Language IA a cui possiamo ricondurre NLP e Chatbot. Un sistema che funziona. Anche troppo, ha ammesso uno dei padri del sistema, cioè Geoffrey Hinton che si è dimesso da Google per lanciare l’allarme sugli effetti dell’applicazione su larga scala dell’AI. A partire degli effetti sull’occupazione. Per limitarci a quanto succede in questi giorni impressiona la decisione di Ibm di rinunciare 8 mila assunzioni perché Chat Gpt svolge meglio e prima il lavoro. Intanto, per la prima volta da 15 anni, gli sceneggiatori di Hollywood sono in sciopero per difendere la creatività degli autori, minacciati dai copioni realizzati via Ai. Ma è possibile sostituire un autore con un software? “Gli studios possono ordinare alla macchina una prima stesura di un poliziesco o i un giallo– risponde Warren Leight, un aurore di Nbc – Poi il materiale grezzo verrà sviluppato ad un costo assai più modesto da un essere umano. No, non credo che l’Intelligenza Artificiale possa realizzare Quarto Potere, ma ridurre la creatività ad una catena di montaggio a bassi prezzi sì”.
L’AI è un pericolo per lavoro e politica. Ma non tutti sono d’accordo
Insomma, stavolta rischiano di più i colletti bianchi. Ma la minaccia ai posti di lavoro non è certo il pericolo più grave. Scrive sull’Economist lo storico israeliano Yuval Harir. “Pensate alla prossima corsa presidenziale americana nel 2024 e provate a immaginare l’impatto degli strumenti di intelligenza artificiale realizzati per produrre in massa contenuti politici, notizie false e sacre scritture per nuovi culti». Ad avviso di Harari, l’arma in più dei nuovi sistemi di intelligenza artificiale è la loro capacità di sedurci.
Non tutti gli studiosi concordano con l’allarme. A partire da Bengio Lecunn, altro padre della ricerca premiato con il Turing Price, il Nobel dell’informatica. Da seguire l’opinione di Paolo Benanti docente di Bioetica ed etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana: eticista, teologo, filosofo, ma anche appassionato di tecnologia ed ex studente di ingegneria. “Historia magistra vitae”, dice. “A fine ‘800 si scoprono i coloranti sintetici, dalla chimica nasce la produzione di farmaci e nella stessa settimana, vengono scoperte l’aspirina e l’eroina, che all’inizio era commercializzata come farmaco perfetto. Dopo un po’ ci siamo resi conto che dava dipendenza: è il greco pharmakon, che in greco significa sia medicina che veleno. Temo che i grandi modelli di linguaggio generativo, Llm, siano un equivalente di quella stagione. Che per curare qualche mal di testa potremmo piangere tante vite. Gpt è la molecola chimica, quello che fa funzionare la cosa; ChatGpt è il farmaco con cui la stanno commercializzando. Ma è a Gpt, cioè l’utilizzo industriale, a cui bisogna guardare”.
Senza pregiudizi, nel bene come nel male. Ma una cosa è certa: dopo tanti tentativi (dal metaverso alla guida driverless) la new economy ha trovato l’erede di Internet e dello smartphone, capace di sconvolgere i mercati. Anzi, la nostra vista.