PETROLIO E GAS IN SALITA, E L’AUTO VERDE ESALTA LE COMMODITIES
Fa un certo effetto, per chi ricorda gli anni Ottanta, prender atto che l’inflazione italiana, pur in ascesa, è sotto di un punto abbondante rispetto alla Germania (3,9% contro 5,2% a novembre) per non parlare degli Stati Uniti (il 7%). Ma la soddisfazione cede spazio all’inquietudine se si guarda al dato dell’energia: i prezzi dei beni energetici salgono in maniera sostenuta (+29,1%) ancor prima dei prossimi rincari già annunciati. L’aumento registrato nel 2021 (+14,1% contro un calo dell’8,4% nell’anno precedente) ha del resto già contribuito in maniera determinante all’aumento dei prezzi al consumo: +1,9%, ai livelli più alti dal 2012. Ma il dato statistico dà solo una parziale misura delle preoccupazioni delle imprese, in attesa delle proteste in arrivo dai privati quando le nuove tariffe si tramuteranno in salate bollette.
I maggiori costi delle commodities, infatti, vanno a colpire la ripresa dell’industria manifatturiera che non è in grado di scaricare sui listini finali i maggiori prezzi, pena l’interruzione del recupero dei margini delle imprese, ancora convalescenti dopo il lockdown. E le previsioni, a proposito delle materie prime, guardano verso l’alto.
Vale per il petrolio che galleggia sui massimi dal 2014 con un rialzo del 12% da inizio 2022. Il sentiment degli investitori resta saldamente rialzista anche perché l’OPEC+ non sta fornendo quanto basta per soddisfare la forte domanda globale, un po’ per difficoltà tecniche e politiche (la Libia non è in grado di rispettare la sua quota) un po’ perché le Big Oil occidentali si stanno adeguando allo scenario concordato a Glasgow sul global warming (le scorte Usa sono ai minimi dall’ottobre 2018). Il risultato, secondo Vitol, uno tra i più grandi intermediari indipendenti di materie prime, è che il rialzo del greggio proseguirà per effetto del contango, la situazione che si verfica sul mercato in quanto i future di breve periodo sono più costosi dei contratti di medio-lungo periodo (backwardation). Non stupisce perciò che il settore energia contenda alle banche il titolo di comparto migliore di inizio 2022, l’anno della rivincita dell’economia “value” sui tecnologici.
Ma sul mercato del greggio ed ancor di più su quello del gas incombono le tensioni geopolitiche. Certo, il gas naturale di riferimento per l’Europa tratta oggi a 87 euro per Mwh, molto distante dal picco di 180 euro toccato in dicembre. Un folto gruppo di navi gasiere è arrivata dagli Stati Uniti aumentando le importazioni di gas naturale liquefatto (LNG) ai massimi da due anni compensando il calo delle spedizioni russe. Il rischio, però, di un inasprimento della crisi ucraina impone di tenere la guardia alta.
A complicare il quadro è poi l’andamento delle altre materie prime, non meno strategiche in epoca di transizione energetica. E’ di oggi la notizia che le vendite di auto elettriche in Europa, sostenute (salvo che in Italia) da generosi incentivi, hanno superato per la prima volta quello dei diesel. Una buona notizia salvo per l’effetto moltiplicatore sui prezzi delle commodities per ora indispensabili: cobalto, litio, manganese, nickel, rame +57%. Difficile pensare che la pressione su buona parte di questi prezzi possa diminuire in maniera sensibile in primavera, come pure non è escluso dagli osservatori più ottimisti.
Le previsioni sul calo dei consumi, però, sono comunque condizionate da problemi tecnologici ancora da risolvere. Per il petrolio, ad esempio, è possibile ipotizzare un drastico calo dei consumi per produrre elettricità o per far correre automobili o aerei (con un salto di qualità tecnologico grazie all’idrogeno) ma è assai più difficile ipotizzare l’uscita dalla plastica (in parte limitata dal riciclaggio, in parte da materie prime agricole) che nel 2020 è stata prodotta in 367 milioni di tonnellate.
E’ questo il quadro generale in cui l’Italia deve affrontare, nel breve, il caro bollette che minaccia l’industria manifatturiera. L’andamento in Borsa di Enel (+0,9% alle 13), A2A (+0,5%) dimostra che il mercato non crede a misure troppo penalizzanti per il mondo delle utilities. Gli analisti, a leggere i vari report, sono convinti che il decreto allo studio dell’esecutivo possa contenere un mix di misure, da un ulteriore riduzione dell’Iva sulla bolletta energia, allo spostamento degli oneri di sistema dalle bollette alla fiscalità generale e l’utilizzo dei proventi delle aste dei certificati CO2; altre misure sui bilanci delle imprese, in termini di intervento sugli extra profitti. Ma gli interventi a breve, pur necessari ed urgenti, non spostano più di tanto il problema. Occorrono interventi strutturali, a partire dall’aumento della produzione nazionale laddove è possibile come nel gas.