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La risposta italiana alla crisi sanitaria: pensare oggi il futuro del Paese

Pubblichiamo un report inedito firmato da PADOAN, BINI SMAGHI, MESSORI, MICOSSI, BASTASIN, PASSACANTANDO E TONIOLO per la Luiss School of European Political Economy di fronte alla crisi senza precedenti che è davanti a noi e alla possibile strategia di risposta

La risposta italiana alla crisi sanitaria: pensare oggi il futuro del Paese

°°°°Il testo che pubblichiamo qui sotto è un policy brief della Luiss School of European Political Economy elaborato dagli economisti CARLO BASTASIN, LORENZO BINI SMAGHI, MARCELLO MESSORI, STEFANO MICOSSI, PIER CARLO PADOAN, FRANCO PASSACANTANDO E GIANNI TONIOLO

Di fronte ai nostri occhi si prepara una crisi senza precedenti. Alle perdite e alle sofferenze umane causate dall’epidemia Covid-19 si stanno aggiungendo i danni provocati alla vitalità economica delle persone e delle imprese. Anche le conseguenze sull’economia, come quelle sanitarie, sfuggono alla nostra capacità di prevedere affidabilmente gli sviluppi dei prossimi mesi. La previsione “di consenso” sulla caduta del PIL, attualmente pari al 5% nel 2020, richiederebbe che l’economia cominciasse a riprendersi dalla fine di maggio per consolidarsi successivamente. Si tratta di un’ipotesi ottimistica. Altre stime collocano la caduta del PIL italiano ben oltre il 10%.

In tale contesto, il compito dello Stato è in primo luogo quello di rafforzare i presidi sanitari, garantire il funzionamento delle attività essenziali e fornire un’assicurazione immediata e generale dei redditi, dei posti di lavoro e della sopravvivenza delle imprese per tutto il tempo necessario. Rispetto alle stime attuali, lo Stato dovrà mobilitare subito risorse tre o quattro volte maggiori. Inoltre, dovrà esercitare grande capacità di valutazione per intervenire in modo da preparare la ripresa dopo la caduta. È importantissimo che tutte le misure siano collocate in una prospettiva più ampia di quella odierna, cercando lo spazio per sostenere gli investimenti per leproduzioni chein futurosaranno il motore dellaripresa dell’economia italiana secondo nuovi modelli di sviluppo sostenibile ed efficiente.

Il governo italiano ha reagito alla crisi con un primo decreto (il 18/2020 “Cura Italia”) che contiene misure importanti per sostenere l’occupazione e il reddito di tutti coloro che sono direttamente colpiti dalla crisi, nonché per aiutare a sopravvivere le imprese in difficoltà. Ma la misura dell’impegno finanziario è insufficiente. Il confronto con le analoghe iniziative assunte negli altri paesi sembra confermarlo. Qualche preoccupazione riguarda anche l’efficacia degli interventi promessi, che devono poter raggiungere famiglie, lavoratori e imprese rapidamente, senza trovare ostacoli in complicate condizioni o procedure di accesso.

Le nuove garanzie previste dal decreto ‘Cura Italia’ lasciano largamente scoperti i crediti in essere e la nuova finanza per tutte le imprese, mentre è del tutto insufficiente il previsto incremento del Fondo Centrale di garanzia per le piccole-medie imprese (PMI). Già prima della crisi l’Italia si caratterizzava per un ammontare delle garanzie pubbliche al credito alle PMI molto inferiore a quello degli altri maggiori paesi: per intendersi, il 4,2% del PIL nel nostro paese a fronte del 10-15% in Germania.

Nella crisi attuale tali garanzie svolgono un ruolo cruciale non solo per mantenere il sostegno di liquidità a tutte le imprese e alle partite IVA; ma anche per assicurare l’afflusso delle risorse rese disponibili dalla BCE a tassi largamente negativi. Senza le garanzie, le banche saranno obbligate a ridurre il credito man mano che l’aumentare dei rischi renderà più stringenti i vincoli di capitale. È urgente, dunque, raddoppiare lo stanziamento del Fondo Centrale di Garanzia e portare rapidamente la percentuale di credito alle imprese garantita dallo Stato al 90%. Il costo per la finanza pubblica – stimabile tra mezzo punto e un punto percentuale di PIL – vale sicuramente la candela: qui si gioca la capacità di mantenere in vita centinaia di migliaia di imprese che non devono assolutamente cadere perché ciò causerebbe danni permanenti alla nostra capacità produttiva. Un ulteriore intervento da migliorare è la sospensione degli adempimenti tributari e contributivi, oggi sottoposta a limiti dimensionali delle imprese incomprensibili.

Infine, il decreto ‘Cura Italia’ rinvia a ulteriori provvedimenti le misure per rilanciare la crescita. E’ necessario che il primo decreto venga completato tempestivamente, come già anticipato dal Ministro dell’Economia, da un secondo e più deciso intervento legislativo indirizzato alle sfide di più lungo termine. A questo riguardo, ci preme sottolineare alcuni principi che dovrebbero essere tenuti in considerazione.

Primo, il sostegno all’economia dovrebbe comprendere investimenti che favoriscano la trasformazione delle attività in modo tale sia da attenuare i disagi presenti, sia da agevolare la ripresa futura, in particolare se l’emergenza sanitaria dovesse durare fino all’adozione di vaccini o all’attenuazione del contagio. Secondo, vanno individuati con maggiore precisione e trasparenza i settori da salvaguardare, a cominciare da quelli di sviluppo dei presidi sanitari o di digitalizzazione delle reti di distribuzione, e valutarne lo sviluppo futuro: per esempio la creazione di presidi ricettivi e sanitari nel Mezzogiorno, o lo sviluppo tecnologico e digitale delle attivitàin tutto il paese.

In questo caso vanno adottate procedure che permettano di ridurre drasticamente i tempi di implementazione della spesa in conto capitale. Più in generale, occorre approfittare della natura sistemica della crisi in atto per anticipare le trasformazioni inevitabili richieste sia dalle nuove tecnologie digitali, sia dalle sfide poste dalla crescita sostenibile, che oggi più che mai deve includere la dimensione della salute. Una strada per farlo è quella disostenere gli investimenti nell’innovazione. Infine, è necessario incominciare a prefigurare sistemi di assicurazione sociale adeguati alle nuove condizioni dell’economia.

La dimensione complessiva degli interventi necessari subito è probabilmente nell’ordine di 5-10 punti di PIL, a seconda di quelle che saranno le dimensioni dello shock. Va sottolineato che l’annunciato acquisto di titoli pubblici da parte della Banca centrale europea è tale da compensare con larghezza tale maggior disavanzo, dunque si può contare che non vi saranno problemi di collocamento dei titoli necessari per la copertura del maggior fabbisogno.

Nel complesso le banche centrali hanno creato una liquidità senza precedenti ed è vitale che banche e imprese italiane si attrezzino per indirizzarla all’economia reale. Ciò non esclude, tuttavia,l’esigenza di utilizzare tutti i canali europei di sostegno finanziario – dal FEI, al Meccanismo europeo per la stabilità finanziaria, alla Banca europea degli investimenti. Il sostegno europeo è importante anche per rafforzare la credibilità delle garanzie pubbliche che il governo italiano è chiamato ad offrire in questa difficile circostanza. Il governo dovrebbe anche esaminare ogni modalità atta a rafforzare il contributo diretto del risparmio italiano al sostegno delle spese per fronteggiare la crisi e i grandi investimenti per il futuro – ad esempio valutando la praticabilità di un prestito obbligazionario ad hoc, come è stato già proposto.

In questo contesto, va tenuta in considerazione la possibilità che l’Italia utilizzi una linea di credito precauzionale ‘aumentata’, offerta dal Meccanismo europeo di stabilità (MES) – che potrebbe arrivare fino a 2 punti percentuali di PIL. Con due considerazioni: la scadenza del credito del Mes appare troppo breve; e, soprattutto, le condizioni di politica economica per il prestito dovrebbero limitarsi al buon impiego delle risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Il ricorso al prestito tra l’altro aprirebbe la strada alla possibilità di interventi illimitati della BCE in caso di bisogno.

Proprio quando una sfida sembra insormontabile, bisogna avere la capacità di guardare oltre. E’ necessario immaginare in quale modo l’economia italiana possa uscire trasformata da questa prova. Stiamo comprendendo la necessità di disporre di adeguate strutture di ricerca e di assistenza sanitaria, ma stiamo toccando anche con mano l’importanza di un adeguato livello di digitalizzazione delle attività in tutto il paese che renda più efficiente il sistema delle reti di distribuzione dei beni e dei servizi.

Da tempo inoltre siamo coscienti della necessità di riconversione ambientale delle attività produttive e delle infrastrutture. Le risorse finanziarie disponibili, in parte provenienti dall’Unione europea, vanno subito orientate a progetti utili per l’oggi e per il domani. Sostenendo famiglie, lavoratori e imprese senza risparmio, agevolando la rapida ripresa dell’economia italiana e investendo per il futuro, si offrirà ai cittadini una prospettiva di recupero della propria vita attiva intorno alla quale ricostruire la fiducia nel nostro futuro.

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