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La riforma elettorale, priorità per i partiti

Un po’ recalcitranti e con molti dubbi, ma sembra che le forze politiche abbiano cominciato a ragionare anche di riforma elettorale. E’ già qualcosa. Infatti, dopo che la Corte costituzionale (con buone ragioni giuridiche) aveva dichiarato inammissibili i refrendum che tendevano alla “reviviscenza” del mattarellum, la questione era sembrata passare in secondo piano. Il ragionamento di molti era che, in questo momento, erano altre le urgenze che premevano sul Paese, e che quella del cambiamento delle regole elettorali non era avvertita come una priorità dai cittadini italiani.

Ragionamento fondato, ma solo fino a un certo punto. Certo, prima di tutto venivano i problemi dell’economia, vale a dire il risanamento dei conti e la crescita. Questioni alle quali si sta applicando, e con qualche successo, il governo Monti. Ma dire che il ripristino delle regole democratiche per eleggere i nostri parlamentari (finora nominati e non eletti) è questione che gli italiani considerano di secondo piano è del tutto azzardato. A dimostrarlo c’è il milione di firme raccolte in pochissimo tempo, e in condizioni sfavorevoli (pochissima l’informazione in televisione) da coloro che proponevano l’abrogazione del cosiddetto Porcellum. E poi quella di una legge elettorale che ripristini il diritto di scelta ai cittadini è una questione democratica. E come tale, per principio, non dovrebbe mai essere in secondo piano.

Quindi è bene che i partiti, coperti per le altre problematiche dalla efficiente azione di governo, abbiano ripreso a parlarne. Ma è noto che tra il dire e il fare… Non possono quindi che produrre preoccupazione le dispute sul fatto se sia meglio fare, prima della riforma elettorale, quelle più complessive che riguardano l’assetto costituzionale del Paese. Il sospetto che dietro questa disputa sulle priorità si nasconda una tattica dilatoria, potrebbe essere fondato. Perché è noto che per fare una riforma elettorale basta una semplice legge ordinaria. Per cambiare l’assetto costituzionale servirebbero leggi costituzionali e quindi tempi molto più lunghi.

Meglio quindi provvedere al più presto ad una legge elettorale nuova, la quale ripristini il diritto dei cittadini a scegliersi i propri rappresentanti a Camera e Senato. Poi si potrà provvedere ad altro. A cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari. Naturalmente i partiti per ottenere un risultato favorevole ai cittadini dovranno essere in grado di tenere a bada i propri egoismi e le proprie furbizie. Tra le tante bozze delle quali si è ragionato in questi giorni, una delle più accreditate prevedeva che metà dei parlamentari potesse essere scelto nei collegi uninominali e metà con liste bloccate. In questo modo il Porcellum finirebbe per essere, invece che abolito, dimezzato. E francamente non sembra una buona idea.

Si discute poi molto se debba prevalere la strada dei collegi o quella del voto di preferenza. Pur non demonizzando questa seconda soluzione, che in passato ha fatto molto meno di danni di quanti le sono attribuiti, i collegi di modeste dimensioni riporterebbero la politica sul territorio. E questo sarebbe un fatto positivo, perché accorcerebbe la distanza tra elettori ed eletti. Ragionevole poi pensare ad uno sbarramento (il 5 o il 6 %) per evitare la frammentazione delle liste (che, come abbiamo visto, non basta neanche il bipolarismo esasperato tra berlusconismo e anti-berlusconismo ad evitare), piuttosto che ad un irragionevole maxipremio di maggioranza.

Ma queste cose apparterranno alla libera trattativa tra i partiti. Ai quali toccherà trovare una soluzione di equilibrio che tuteli le diverse scuole di pensiero, che in materia elettorale non mancano, e soprattutto il diritto dei cittadini a poter scegliere i propri rappresentanti. Ma è soprattutto indispensabile che i partiti si diano tempi certi e ravvicinati. La prossima volta votare di nuovo con il Porcellum, oltre che irragionevole, sarebbe indecente.

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Categories: Politica