Noto ai più come Cannolicchio, ma chiamato anche Canol in Emilia Romagna, Canello nelle Marche, Manego de coutelo in Liguria, Manico de coltel in Friuli, Capalonda in Veneto, Arrasoias in Sardegna o Manicaio in Toscana, assieme alle vongole e alle cozze è una presenza irrinunciabile sulla tavole estive e marine dei buongustai.
Il suo nome scientifico è Solen marginatus, e al pari delle telline o delle vongole ama nascondersi nei fondali sabbiosi.
Vive da pochi metri a oltre 20 metri di profondità, sta dritto in piedi, infossato nella sabbia ed è praticamente invisibile. La sua presenza viene rivelata soltanto dall’estremità dei sifoni che formano due fori visibili sulla sabbia dalla forma simile a un 8. E’ molto sospettoso e per questo come avverte che qualcuno vuol pescarlo riesce a fuggire in profondità rendendosi imprendibile. Ne sanno qualcosa i villeggianti che di prima mattina approfittano della bassa marea per farsi una passeggiata sulla battigia alla ricerca dei due forettini. Se non sono più rapidi del Cannolicchio sono destinati a rimanere a bocca asciutta.
E’ lungo in genere dai 12 ai 15 centimetri, ma può raggiungere anche i 17 centimetri e il colore varia dal marrone chiaro al giallo.
In Italia lo si trova facilmente nel Tirreno e nell’alto Adriatico ed esistono diverse specie differenti e simili tra loro, è presente anche nell’Atlantico orientale, in Marocco, sulle coste francesi fino al Mar Baltico.
Dal sapore molto delicato, al pari dei lupini e delle telline va consumato vivo al fine di gustarne tutto il sapore marino.
Non piace solo agli uomini, che se ne sono cibati fin dall’antichità, ne parla anche Apicio nel suo De Re Coquinaria, ma piacciono anche ai pesci e agli uccelli: i più golosi divoratori di cannolicchi sono, infatti, le orate, le ombrine, i saraghi, le mormore le aquile di mare. Quando rimangono all’asciutto, sono prede anche dei gabbiani.
E’ un mollusco che ama le acque pulite, e quando c’è inquinamento scompare. Per anni non se ne era più vista traccia sui litorali laziali poi è ricomparso 20 anni fa per la delizia degli chef della costa.
Ma il suo nemico è spesso anche l’uomo.
I Solen marginatus vengono pescati in modo professionale con le draghe turbo soffianti che penetrano per circa 20-25 centimetri nel fondo sabbioso, pratica altamente dannosa per l’habitat marino, visto che viene risucchiato tutto ciò che è nei fondali sottostanti, ragion per cui per praticare tale pesca ci vuole apposita licenza. Ma spesso capita che questa pesca venga compiuta indiscriminatamente anche da pescatori poco professionali perfino nei mesi di riproduzione compromettendo così il rinascimento di questo saporito protagonista di spaghetti, zuppe e grigliate estive.
A differenza che in Italia, in Spagna sono state avviate pratiche di allevamento.
Vivendo nella sabbia filtrando l’acqua alla ricerca di cibo finisce per incamerare notevoli quantità di sabbia, ragion per cui è necessario prima di consumarli – ovviamente avendoli comprati vivi – metterli prudentemente a spurgare in una bacinella immersi in una soluzione di acqua e sale per il tempo necessario a eliminare tutte le impurità.
Fatta questa indispensabile operazione potremo poi sbizzarrirci nel prepararlo. Si può mangiare crudo accompagnato da una goccia di limone e una spolverata di pepe, oppure saltato in padella per farne condimento di spaghetti o sautée, oppure cucinarli alla griglia o alla piastra o meravigliosamente gratinati al forno con pan grattato aglio e prezzemolo. La raccomandazione è di osservare tempi di cottura rapidissimi per non compromettere l’eccezionale sapore o le sue notevoli qualità nutrizionali da momento che è ricco di sali minerali importanti per l’organismo come il sodio, il fosforo e il ferro. Inoltre è un’eccellente fonte di proteine (15%), e come le telline o le vongole essendo povero di grassi è consigliato per chi segue una dieta ipocalorica.
Roberto Serra, chef del ristorante Su Carduleo a Abbasanta, in provincia di Oristano, uno dei tre Bib Gourmand della Guida Michelin in Sardegna, ha impostato il suo locale su una cucina 100% isolana, che esalta e rispetta i prodotti della sua amata Sardegna. La sua è una cucina “innamorata del territorio”, come lui stesso la definisce, e si divide con eguale passione fra carne e pesce.
Il suo claim ricorrente è “Sentimento, mai ricetta. Le cose buone non nascono da una ricetta, ma da un pensiero.”
Formatosi alla scuola alberghiera di Arzachena Roberto Serra ha avuto poi un corso di assoluto rispetto passando prima per l’Hotel Cervo e il Cala di Volpe, in Costa Smeralda, e per il Grand Hotel di Firenze. Da Firenze si è trasferito quindi a Londra, all’Harry’s Bar sotto la sapiente guida di Alberico Penati, lo chef casanatese ammesso alla corte del grande Angelo Paracucchi nel ristorante il Carpaccio nell’hotel Royal Monceau a Parigi poi trasferitosi a Londra dove ha aperto il ristorante Alberico at Aspinall’s, che si è rapidamente conquistato una fama internazionale, un maestro che segna profondamente la vita professionale di Roberto Serra. Il quale, non pago, arricchisce la sua esperienza culinaria e raffina i suoi strumenti e le sue conoscenze con Bruno Barbieri a Villa del Quar a Verona e con Gianfranco Vissani, a Baschi.
Ai lettori di First&food Roberto Serra propone un suo classico di successo, un piatto dal grande sapore, dove si percepisce l’immediatezza del gusto marino, che ha il pregio di facile esecuzione e di grande soddisfazione per il palato, con l’elegante accostamento con elementi poveri della terra come le bietole e i fiori di zucca.
LA RICETTA DI ROBERTO SERRA:
Cannolicchi in tegame alla vernaccia con zuppetta di bietole, pane bruschettato e fiori di zucca
Ingredienti per 4 persone.
16 cannolicchi già spurgati
1 bicchiere di vernaccia di Oristano D.O.C
1 mazzo Bietole fresche
1 spicchio di aglio, pomodoro secco e cipolla (tritata)
8 pomodorini spellati
Pane casereccio bruschettato
4 fiori di zucca
Olio extra vergine
Peperoncino (facoltativo)
Procedimento
Aprire i cannolicchi in tegame con olio e aglio, poi bagnare con la vernaccia e sgusciare.
Preparare la zuppa di bietola: Preparare a parte un brodo vegetale. Quindi in un tegame rosolare l’aglio, aggiungere un trito di cipolla, a seguire pomodoro secco, la bietola, e portare a cottura. Allungare a proprio gusto con il brodo vegetale.
A parte bruschettare le fette di pane e pulire i fiori di zucca.
Impiattamento
Quando la zuppa è arrivata a cottura, impiattare in una fondina la bietola, poi i cannolicchi e il pane bruschettato A guarnizione adagiarvi un pomodorino spelato e i fiori di zucca freschi.