Per spiegare chi è Pasquale Tarallo chef del Paisà di Agnone Cilento, in provincia di Salerno, un piccolo gioiello incastonato fra il mare, le alte scogliere del costone del Pistacchio, la foce del Rio Lapis, nel parco nazionale del Cilento e Vallo di Diana, caratterizzato da acque cristalline e pescose sempre premiate con la Bandiera blu, non servono parole. Basta citare una piccola dicitura in calce al menù: sconto del 10 per cento a chi arriva in bicicletta o in barca a vela.
Ed ecco tracciata immediatamente la filosofia di questo chef innamorato del mare e della campagna di questi luoghi da sentirsene parte integrante e privilegiare chi li ama e li rispetta e soprattutto custode di una cucina di antiche tradizioni di questo straordinario territorio. Il fratto è che Pasquale Tarallo non è nativo di qui ma è un lumbard di nascita. Como gli diede i natali poi con la famiglia, quando aveva cinque anni, emigrò al Sud, compiendo il percorso inverso rispetto alla fiumana umana di emigranti del sud che da sempre hanno cercato fortuna nel nord industriale.
Ma non è atipico solo per questo. Pasquale Tarallo. Non nasce alla vita in un istituto professionale per cuochi. Consegue prima la maturità in un liceo classico la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione all’esercizio della professione forense.
Quindici anni fa assieme ai Fratelli, Luca, Memy, e sua moglie decidono di riaprire il Paisà, un vecchio ristorante di famiglia chiuso da qualche anno. In cucina ci va Luca il fratello, lui si occupa della sala e della gestione. . Io stavo in sala e mi occupavo della gestione.
Ma nel 2014 accade che il fratello Luca se ne vada in Brasile per gestire il ristorante che lo zio, Alfonso e la Nonna Veturia, quelli che avevano creato a suo tempo il Paisà, avevano aperto in Sud America facendo fortuna.
Che fare a questo punto? Chiudere di nuovo il Paisà con tutti i suoi ricordi? Pasquale non si tira indietro, prende un diploma professionale in servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera, segue un master come esperto di Dieta Mediterranea presso l’Istituto Suor Orsola Benincasa e si mette ai fornelli mentre la moglie Saria prende il suo posto in sala.
“Ma la vera scuola – dice oggi – l’ho fatta guardando cucinare le mie Nonne Veturia (Cilentana) e Luigia (Friulana trapiantata a Como) e vivendo con loro”.
I suoi studi classici gli forniscono un grosso supporto per approfondire la cultura della cucina del territorio in tutte le sue sfaccettature, quelle della storia, della tradizione, dell’originalità, del significato profondo della materia, del rispetto e dell’amore per l’ambiente circostante. Metabolizza tutto e come un bravo avvocato va all’origine delle cose, le inquadra deterministicamente per proporle poi in un discorso culinario di senso compiuto che cerca l’effetto e il convincimento dove nulla viene tralasciato al caso, i suoi piatti nascono infatti prima nel cervello e poi puntano a emozionarti la bocca.
E Pasquale ha in breve convinto gli ispettori delle migliori guide gastronomiche, la guida Osterie d’Italia Slow Food, quella dei Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso, del Touring Club, del Golosario Massobrio. Lo aiuta in questo la natura circostante. Al Paisà di carne se ne vede poca, ma il pesce, il pesce di quelle acque, alici, gamberoni, aragoste, cozze, scorfano e tonnetti, vi regna sovrano con i suoi sapori. Pesce freschissimo che compare in lista solo se il mare lo ha dato il giorno prima. E ancora: formaggi caprini ed ovini affinati da Vincenzo Passaro di Giungano che si portano appresso il sapore del parco nazionale; l’olio è solo quello dell’azienda di Piero Matarazzo di Perdifumo,Tre Foglie Verdi del Gambero Rosso, il primo premio dell’EVOOOOIC, primo posto nazionale alla diciassettesima edizione del Sirena D’Oro di Sorrento; i fagioli non possono che essere quelli di Controne Igp, la verdura e la frutta arrivano da Montecorice, il pane e freselle dai forni delle campagne circostanti, e poi ci sono i fichi cilentani di Giuseppe Pastore de “I sapori della terra” di Casalvelino, un vero alchimista e artigiano del gusto, e i dolci fatti in Casa ricordi della nonna Veturia e della nonna Luigia.
Insomma il territorio qui è sovrano e la cucina lo esalta senza bisogno di andare a proporre soluzioni astruse. Una cucina semplice ma intensa e che ti lascia forte il ricordo di piacevolezze intense come le inguine al tonno e limone, i paccheri allo scorfano, le fritture di triglie e di alici, le crocchette di pesce e fiori di zucca, l’ involtino di peperoni con ripieno di ricotta di capra ed ortaggi, l’acquasale cilentana con trancio di tonno e per finire la mousse di marmellata di limoni di Agnone con olio extravergine di oliva Dop Salella.
Per i lettori di FoodFirstOnline Pasquale Tarallo propone un piatto che è un biglietto da visita dei sapori del Cilento: la zuppetta Mediterranea di Ceci Neri con la Seppia di Agnone, un piatto di magro ideale per il periodo quaresimale di facile esecuzione
La ricetta: la zuppetta Mediterranea di Ceci Neri con la Seppia di Agnone,
Ingredienti per 4ps
320gr di ceci neri
1kg di seppie
10 Pomodorini gialli invernali del Cilento.
Profumi del Mediterraneo (alloro, timo, maggiorana, mirto)
2 spicchi d’aglio bio
Olio Extravergine d’Oliva D. O. P. Cilento Ramarà di Piero Matarazzo q.b.
Sale integrale di Trapani q.b.
Preparazione
Mettere i ceci neri a bagno per almeno 24 ore poiché la buccia, rugosa, è molto resistente. Cambiare l’acqua almeno 4/5 volte.
Una volta finito l’ammollo mettere i ceci a freddo in una pentola con il doppio dell’acqua. Aggiungere il sale e 5 pomodori. Gli aromi e l’aglio possono essere aggiunti ed inseriti in un infusore per praticità.
La cottura del cece nero è abbastanza lunga. Più o meno 1ora e mezza. Intanto pulire le seppie e tagliarle a striscioline larghe 1cm. Le teste divise in 3 parti. Qualche minuto prima della fine della cottura dei ceci saltare in una padella , antiaderente e ben calda, con olio evo l’aglio, i 5 pomodorini tagliati a metà, le seppie iniziando dalle teste e dopo 2 min il resto. Saltare e coprire. Far cuocere a fiamma alta per circa 2min.
Unire i ceci alle seppie e servire.