Papa Francesco in un messaggio inviato quest’anno alla Giornata internazionale dei legumi promossa dalla Fao, ne ha elogiato le proprietà nutritive definendoli «umili, forti, che non riflettono il lusso» «vigorosi e resistenti». Si riferiva ai legumi in generale e ai fagioli in particolare. Spostando indietro le lancette dell’orologio al 1400 dobbiamo ad un altro Papa, Clemente VII, della potente casata dei Medici, se i fagioli provenienti dal Sud America, ebbero un grande sviluppo in Italia.
Il Ponteficefece dono infatti di quei semi portati nel vecchio continente da Cristoforo Colombo che li aveva scoperti a Cuba, a un umanista e teologo bellunese, Giovanni Piero Valeriano, vissuto alla corte papale negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500 che rientrato nelle sue terre avviò la coltivazione del prezioso legume. Da allora il fagiolo è diventato uno dei protagonisti della cucina dei ceti più poveri, permettendo alla popolazione di sopravvivere alle carestie cicliche e all’imperversare della pellagra. Così diffuso nell’alimentazione popolare e contadina che finì per essere immortalato in una delle tele più note di Annibale Caracci, “Il mangiatore di fagioli”.
Delle diverse varietà che si svilupparono nella Val Belluna una in particolare il Fagiolo Gialet, tondo dalla colorazione giallo intenso con note verdoline tenerissimo perché la sua buccia è pressoché inconsistente dopo la cottura, di umile però aveva poco. Fu subito considerato un fagiolo di pregio e venne coltivato non tanto per il consumo delle famiglie contadine quanto per essere venduto al “padrone” o ai ceti più agiati. I commercianti di Padova, Verona e Bologna ne facevano incetta per venderlo in particolare al Vaticano.
Ma i suoi “quarti di nobiltà” non sono stati sufficienti ad assicurargli un futuro degno della sua storia. Storia ricorrente per tutte le produzioni che mal si conciliano con il mercato e le sue esigenze.
Oggi è il fagiolo Gialèt è a rischio di erosione genetica poiché è coltivato solo da piccolissimi coltivatori nei paesi posti nella Val Belluna in destra e sinistra del fiume Piave che si tramandano il seme in ogni famiglia. Di recente si è costituito un consorzio che riunisce appassionati e agricoltori impegnati a riportare sul mercato questa varietà coltivando piccoli appezzamenti secondo le regole dell’agricoltura biologica, l’obiettivo è di arrivare entro pochi anni ad aumentare la produzione che in questo momento non supera i 20 quintali annui ( su 12mila tonnellate di ffagioli prodotte ogni anno in Italia) portando tutte le aziende del consorzio alla conversione in biologico. Al consorzio aderiscono una ventina di piccole aziende che praticano la vendita diretta, partecipano a mercatini locali oppure aderiscono a cooperative agricole.
Fortunatamente per i suoi destini il Gialet è entrato di diritto nei prodotti Presidio Slow Food e questo equivale ad una assicurazione sulla vita.
La coltivazione è ancora oggi manuale: la semina avviene a maggio, le piantine crescono sostenute a una pertica in legno oppure agli steli del mais, come un tempo, il raccolto si svolge a settembre.
Il fagiolo Gialet con l’ammollo (che deve durare 12 ore) e la cottura successiva (per almeno 40 minuti), triplica le sue dimensioni poiché ha una capacità di imbibizione molto elevata e un’alta digeribilità, perde però in buona parte la colorazione.
In quanto considerato a suo tempo un fagiolo “per i signori” non si tramandano particolari ricette contadine: poiché il sapore è molto delicato. E’ ottimo nelle minestre d’orzo o semplicemente lesso con un filo di olio extravergine e un poco di cipolla.
Proprio per la sua delicatezza è stato scelto da alcuni chef di rango per ricette che ne esaltano il sapore. Uno di questi è Michele Iaconeta. Cuoco e pasticciere, pugliese del Gargano trasferito in Veneto a Costermano sul Lago di Garda dove è risuscito, nella sua lunga permanenza presso la “Casa degli spiriti” un antico rudere sul ciglio della strada trasformato in una lussuosa bomboniera con vista mozzafiato sul lago, a conquistare un piatto della Guida Michelin con una cucina creativa sia di terra che di mare che ha saputo mirabilmente creare un raffinato punto di fusione, fra i sapori della Puglia, sua terrra d’origine, e quelli del Veneto sua terra d’adozione, ma anche fra cucina di innovazione e cucina di tradizione. di territorio.
Quella di Iaconeta, che, conclusa l’esperienza veneta, sta per lanciarsi in un nuovo progetto innovativo, si può definire una cucina della memoria, quella dei fornelli della nonna Serena che lo affascinarono fin da bambino al punto che a 12 anni già andava a fare le sue prime esperienze in una panetteria, ma anche di tutte le importanti esperienze vissute e incamerate nei suoi passaggi all’Hotel Adler Balance di Ortisei, al Ristorante Vescovado a Noli (1 Stella Michelin), all’hotel Northcode nel Lancashire, Inghilterra (1 Stella Michelin), al ristorante Azurmendi a Bilbao (3 Stelle Michelin) e al St Humbertus (2 Stelle Michelin).
Esperienze che hanno lasciato il segno nella sua cultura culinaria che punta all’essenzialità della ragione declinandola però con l’emozionalità della sua natura mediterranea forgiata in una terra, la Puglia, incrocio di culture enogastronomiche e scrigno di grandi sapori stratificati nel tempo. Uno chef che ama concentrarsi su elementi che siano espressione identitaria del territorio per esaltarne tutte le potenzialità possibili come nella ricetta proposta ai lettori di Foodfirstonline con i rarissimi fagioli Giallèt
La ricetta: Paradosso… “ Tortelli di ostrica e fagioli Giallet della val Belluna”
Ingredienti
Per La Pasta all’uovo: 500gr di Farina 00 debole, 100gr di semola rimacinata, 350gr di tuorlo d’uovo, 75 gr di uova intere. E’ consigliabile farla almeno il giorno prima, metterla sottovuoto e tenerla in frigo.”
15pezzi Ostriche Rosse “ Imperiali “
80 gr di Olio di riso
Sale, pepe
1 gr di xsantano
200gr di Fagioli Gialet della val Belluna
Sedano,Carota,cipolla,alloro
Burro x mantecare
300gr di Latte di riso
10 gocce di Colatura di alici
1 Scalogno
Polvere d’alga
Foglia d’oro
Foglia d’ostrica
Olio EVO
Procedimento
Con un minipimer iniziamo a montare le ostriche sgusciate facendo attenzione a recuperare tutta l’acqua di vegetazione con l’olio, verso la fine aggiungiamo lo xsantano e mettiamo in frigo per almeno 2 ore.
Con i Fagioli già ammollati, li mettiamo in cottura con acqua, sale ,alloro,cipolla carota, sedano. Scoliamo dopo cotti un po’ d’acqua in eccesso e togliamo gli odori. Frulliamo al bimby, setacciamo e mettiamo a stabilizzare in frigo.
Tiriamo la pasta molto sottile, la coppiamo con uno stampo tondo e spruzziamo su un po’ d’acqua. Con due biberon , in ognuna le rispettive farce , mettiamo al centro del disco due spuntoncini di crema, poi chiudere come per un normale tortello.
In un tegamino mettiamo lo scalogno, il burro, lasciamo scaldare e poi aggiungiamo il latte di riso e la colatura di alici. Laciamo ridurre di ½. Poi montiamo con il minipimer.
Per la finitura, cuocere i tortelli per 2 minuti in acqua bollente e passarli in padella con del burro salato. Poi assembliamo con il latte di riso montato, foglia d’oro, 3 foglie d’ostrica e la polvere d’alga.