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La ricetta dell’Aiaf: “Ecco l’agenda economica per i primi 100 giorni del prossimo governo”

L’anno che è appena iniziato avrà, dal punto di vista economico, più di uno spunto positivo: anche se l’Italia continuerà a decrescere, dal resto del mondo arriva invece qualche notizia confortante, come la risoluzione (in realtà semplicemente rimandata) del Fiscal cliff americano, o i meccanismi di sostegno finanziario dell’Unione europea divenuti più solidi e credibili, o ancora la ripresa economica segnalata specialmente negli Usa e nei Brics, e in generale ovunque nel mondo (+3,2% la media totale) salvo che in Europa e in Giappone.

A tracciare il quadro è Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, intervenuto ieri a Milano al convengo Aiaf organizzato presso la sede di Unicredit, e che ha visto la partecipazione del direttore generale della banca di piazza Cordusio, Roberto Nicastro, dell’ad di SOL spa e responsabile della commissione sviluppo sostenibile di Confindustria Aldo Fumagalli Romario e di Nicola Pianon, senior partner e managing director di The Boston Consulting Group. “Il problema dell’Italia – ha spiegato De Felice nell’intervento di apertura dei lavori – è la bassissima crescita, o per meglio dire la contrazione che ci accompagnerà ancora in questo anno solare. Qualche segnale di ripresa però c’è: il Pil scenderà dell’1% anziché del -2,1% come nell’anno passato; i consumi delle famiglie, che erano drammaticamente crollati al -4%, risaliranno al -1,8%; gli investimenti delle imprese, precipitati al -9%, si assesteranno secondo le nostre previsioni al -3%. La disoccupazione invece salirà dal 10,6 all’11,7%: come è noto, è l’ultimo dato a invertire la rotta, necessitando di almeno un anno di incremento del Pil alle spalle”.

Completato l’outlook del 2013, e archiviato dal dg di Unicredit il 2012 come “un anno difficile ma costruttivo: l’export, ad esempio, è tornato ai livelli massimi degli ultimi anni ed è diminuita l’incertezza sui mercati”, ai presenti è stato chiesto di elencare, concretamente, le priorità delle quali dovrà occuparsi la maggioranza di governo che uscirà dalle elezioni tra un mese, nei primi 100 giorni della nuova legislatura.

“La crescita – spiega Fumagalli di Confindustria – si fa puntando tutto sul settore manifatturiero, e andando a conquistare i mercati esteri, specie quelli dei Paesi emergenti del Sudamerica e dell’Asia. L’Italia ha bisogno che le sue imprese, piccole medie o grandi che siano, tornino competitive. Per questo servono stabilità governativa a livello nazionale e comunitario, e il benchmark deve essere quello più alto, della Germania, che fa del manifatturiero il 25% del suo Pil, mentre noi pur essendo il secondo Paese europeo nel settore siamo fermi al 16,7%”.

Le priorità per Fumagalli sono dunque principalmente tre: “Recuperare i crediti con la pubblica amministrazione, o almeno 48 degli 80 miliardi in sospeso, abbattere i costi energetici che per le aziende che necessitano di alti consumi di energia per la loro attività sono insostenibili e ridurre l’Irap”. Le prime due azioni non sono poi così difficili: l’anno scorso la bistrattata Spagna ha provveduto a pagare i debiti con le imprese entro 60 giorni (“E’ una mossa che non deve far paura, i mercati l’hanno già messa in preventivo”, spiega Fumagalli), mentre la Germania non fa pagare le bollette alle fabbriche particolarmente “energivore”.

Per giungere a queste e ad altre soluzioni (dismissioni di patrimonio pubblico, ulteriore lotta all’evasione, aumento delle aliquote Iva sul livello della media europea, erogazione di incentivi ad hoc per l’innovazione e non a pioggia, meritocrazia nella PA, tra quelli citati sempre da Fumagalli) è inevitabile orientare qualsiasi ragionamento sul grande tema della spesa pubblica. L’austerità è necessaria, ma ulteriori aumenti delle tasse si rivelerebbero dei pericolosi boomerang: la soluzione inevitabile è una corretta politica dei tagli. “Il vero scoglio – argomenta Roberto Nicastro – sono i costi dei servizi pubblici: servirebbero interventi infrastrutturali e soprattutto l’utilizzo della tecnologia, che farebbe risparmiare tempo e capitale umano, e la riconversione delle professionalità, che ormai è necessaria anche nel pubblico. A livello generale, comunque, la partita cruciale si gioca sull’export: in Germania rappresenta quasi metà del Pil, mentre noi (benchè molte aziende esportino l’80-95%, ndr), non abbiamo ancora quella capacità di allargare le dimensioni o di fare rete per penetrare ed essere competitivi sui mercati esteri”.

Il tema della spesa pubblica è in ogni caso impossibile da aggirare. Fumagalli elenca dei dati: il rapporto spesa pubblica/Pil in Italia è superiore al 50% (50,4), in Germania il 46,6%, il Spagna il 45%. Andando a vedere le quattro macroaree, si nota come “sulle pensioni, nonostante la riforma Fornero che però agirà sul medio-lungo termine, spendiamo ancora troppo: 16% del Pil, la media Ocse è del 7%, Germania 10,7%, Francia 12,5%. Per quanto riguarda l’istruzione invece spendiamo di meno o in linea con gli altri (4,7%, Francia 5,6%), ma evidentemente spendiamo male, mentre sulla sanità siamo virtuosi ma ci sono troppe disparità da Regione a Regione”. Poi c’è la giustizia, che costa troppo in tempi: 480 giorni un processo medio, 157 a Berlino, 250 a Parigi.

Da dove deve iniziare, dunque, il prossimo governo, qualsiasi esso sia? “Da una macropolitica industriale – sostiene il dg del gruppo Unicredit, Roberto Nicastro – che dia un senso di stabilità. In particolare urgono un’Agenda del Turismo, il rilancio di edilizia e costruzioni, settori fermi ma che rappresentano il 20% del Pil, e la riforma della pubblica amministrazione”. Nicola Pianon, managing director di The Boston Consulting Group, conviene sulla centralità del turismo, “che rappresenta 30 miliardi all’anno di Pil e 500 mila posti di lavoro”, e aggiunge “la riforma del lavoro e l’economia digitale, dall’e-commerce al sostegno per le startup tecnologiche”. Secondo Fumagalli, oltre ai già citati tagli la vera priorità è “una legge elettorale nuova”. La chiosa è per De Felice: “L’importante è che tutte le priorità citate vengano proposte e trattate all’unisono, nell’ottica di un unico pacchetto di provvedimenti per rilanciare l’economia del nostro Paese. Non bisogna scendere a compromessi e dire ‘questo sì, questo no’”.

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