Gabriele D’Annunzio, che aveva acquistato una casetta di pescatori nei pressi di San Vito Chietino trasformata nel suo nido d’amore li definiva “granchi colossali”. Ne era affascinato e li rese protagonisti di alcune memorabili pagine del suo romanzo Il trionfo della morte. Parliamo dei Trabocchi, affascinanti costruzioni su palafitte in legno, vere e proprie macchine da pesca che rendono unico il panorama del litorale abruzzese al quale danno il nome di Costa dei Trabocchi: “La lunga e pertinace lotta contro la furia e l’insidia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva vivere d’una vita propria, avere un’aria e una effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni e anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava tutte le fibre, metteva fuori tutte le sue asprezze e tutti i suoi nocchi, rivelava tutte le particolarità resistenti della sua struttura, si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava un carattere e una significazione speciali, un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avesse compiuto la loro opera crudele.”
Anche se antichissime, per alcuni sarebbero addirittura di origine fenicia, in realtà queste insolite costruzioni da pesca ricevono la loro prima testimonianza storica in un manoscritto risalente al 1400, ritrovato nell’abbazia di San Giovanni in venere, a Fossacesia, dove Padre Stefano Tiraboschi, parlando di Pietro Da Morrone ( vissuto nel 1.200), uscendo dall’abbazia, poteva ammirare la costa “ punteggiata” dai trabocchi. Ma le leggende e i racconti popolari, le fanno risalire al 1600, quando famiglie Sefardite (ebrei spagnoli), si stabilizzarono in quei luoghi, e a seguito di un forte maremoto, ingegnarono questo sistema per poter pescare senza essere costretti ad andare in mare aperto.
Su questo straordinario panorama del tratto di costa che va Fossacesia a Ortona si affacciano le suggestive terrazze del Ristorante Caldora Punta Vallevò gestito da due fratelli gemelli Marco in cucina e Luca a sovrintendere la sala e la nutrita cantina. E’ semplice e appassionata al tempo stesso la loro avventura. Nel 1995 i due ristrutturarono un rudere a Vallevo’, una piccola località nel comune di Rocca San Giovanni (CH) a picco sul mare fiancheggiata , all’epoca, dalla ferrovia adriatica oggi, dismessa, e ne fecero in pochi anni un punto di riferimento apprezzato dai gastronomi per una cucina che, come i trabocchi, affonda le sue radici nella consolidata tradizione gastronomica abruzzese e si protende verso i sapori di una mare autentico e genuino e che ha il suo punto di forza in una semplicità che sa esaltare i sapori con mano felice cogliendone l’essenza. E il cui segreto è unicamente nella freschezza del pescato: si mangia e si gode di quello che il mare offre affidandosi alla fantasia. E la semplicità e la stagionalità guidano anche la scelta di prodotti del territorio rigorosamente a km zero. C’è infine un terzo segreto che ha segnato il successo di questo ristorante ed è la sua conduzione familiare, i due gemelli assistiti da moglie e figli riescono a far sentire a casa propria anche chi non è strettamente della famiglia coinvolgendo gli avventori nella passione più autentica per la terra abruzzese.
Ai lettori di Mondo Food lo chef Marco Caldora propone una Zuppa di legumi e frutti di mare, quanto di più saporito e salutare ci si possa augurare in questo momento con il suo carico di vitamine del gruppo B, di acido folico, di minerali, come ferro, calcio, fosforo, potassio, magnesio e zinco i primi e di ferro, iodio, zinco, magnesio, potassio e selenio e omega3 i secondi.
Lo chef ha sempre ben stampato nella mente e nelle mani tre ingredienti: tradizione, stagionalità e semplicità (che dice sempre: è un dono del Signore).
“Il piatto – spiega – nasce appunto dai legumi costumati molto in inverno, da una zuppa calda che con temperature fredde è ben gradita, e dall’utilizzo di pesci che in questo periodo esprimono il massimo dei sapori. E poi una zuppa senza pasta dovrebbe essere sempre presente nel menù di un ristorante”.
La ricetta della zuppa di legumi e frutti di mare
ingredienti per 6 persone:
500 gr fagioli secchi Tondino del Tavo
500 gr ceci secchi
500 gr lenticchie di Santo Stefano di Sessanio
500 gr piselli
1 cipolla bianca. Piattona di Farà Figliorum Petri
300 gr olio evo della varietà leccino e/o gentile di Chieti
100 gr di pomodorini appassiti all’aria
Per il condimento:
600 gr calamari
500 gr vongole veraci
600 gr scampi
600 gr gamberi
1 spicchio d’aglio rosso di Sulmona
Un mazzetto di prezzemolo tritato
4 fette di pane tagliato a dadini e tostato.
Procedimento:
Per prima cosa mettere a bagno in acqua fredda per una notte i legumi secchi.
In un pentolino fare un fumetto/brodino con le teste e i carapaci dei crostacei.
In una pentola alta mettere a soffriggere la cipolla tritata con l’olio e cominciare ad aggiungere i legumi dai più duri ossia i ceci e i fagioli, fare rosolare per qualche minuto e aggiungere il fumetto e qualche mestolo d’acqua, portare ad ebollizione e aggiungere i piselli e le lenticchie stando attenti a non farli cuocere troppo.
In una padella mettere i calamari tagliati a julienne, dopo qualche minuto le vongole. Appena le vongole sono aperte, togliere subito dal fuoco, sgusciare e filtrare il sughetto.
Aggiungere i pomodorini spaccati ai legumi, il sughetto filtrato e dopo qualche minuto il resto del pesce (compreso i scampi e i gamberi sgusciati che io metto a crudo perché cuoceranno nella zuppa).
Servire in un piatto fondo con un filo d’olio a crudo, i crostini di pane e prezzemolo tritato fresco.
Ristorante Caldora a Vallevò
SS16 Adriatica, Nord, 66020 Vallevò CH
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