Cosa può spingere un giovane chef trentenne, che ha affiancato per nove anni un mostro sacro della ristorazione italiana, come Norbert Niederkofler, fino ad arrivare ad essere Head Chef del leggendario ristorante St. Hubertus di San Cassiano, 3 stelle nella Guida Michelin, 4 cappelli e 19 punti in Gault Millau, frequentato da una esclusiva clientela internazionale, a lasciare una posizione di tanto prestigio per una contrada spersa fra i monti del bergamasco, lontana da tutto, ma immersa totalmente nella natura a due passi dalle nuvole?
Gli chiedi se è un matto. E lui ti risponde candidamente che nella vita ci vuole sempre un po’ di follia. Follia certo ma anche tanta determinazione nel voler scrivere una nuova pagina nella ristorazione, prefigurando innovativi scenari di una cucina che cerca la sintesi massima della sua ispirazione nella autenticità dei sapori senza cedere ad alcuna mediazione o compromesso, con “un progetto circolare che possa valorizzare i prodotti di montagna le tradizioni e la sua cultura e che utilizzi tecniche innovative con uno sguardo alle nostre radici”.
Detto così sembra solo un appassionato atto d’amore, ma dietro questa scelta c’è un rigoroso percorso di perfezionismo che ha portato il giovane Michele Lazzarini a girare per l’Europa sempre alla costante ricerca di quella sintesi della genuinità che è la sua filosofia imperativa, dall’Albereta di Gualtiero Marchesi, al Kulmhotel di St Moritz, da Crippa Piazza d’Uomo, al ristorante Studio di Copenhagen, da Azurmendi in Spagna al Sudamerica del Central di Virgilio Martinez, e al Boragò di Rodolfo Guzman, per poi trasferirsi al Faviken di Magnus Niksson e al Noma di Renee Redzepi.
Uno straordinario percorso che ora si sintetizza in un amalgama esperienziale che prenderà corpo a giugno in un insediamento rurale che risale al 1400, Contrada Bricconi, in Oltressenda Alta, un gruppo di stalle abbandonate, ignote perfino a lui che è nato a Gandellino, a dieci minuti d’auto da qui, che solo da un decennio sono state recuperate per un interessante e un po’ visionario, progetto. Un piccolo mondo antico di quattro amici guidati da Giacomo Perletti, oggi trentasei anni laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie, casaro, mungitore, rastrellatore e giardiniere. I quattro grazie a un bando comunale hanno riportato in vita i vecchi locali della contrada totalmente abbandonati avviando un allevamento di circa 35 capi di mucche razza Grigio Alpina, dai quali vengono ricavati formaggi che hanno il sapore dei formaggi di una volta, una vendita di carni straordinarie perché gli animali mangiano perlopiù fieno maison d’inverno ed erba fresca d’estate, circa 20 maiali, alimentati con siero di latte ottenuto dalla lavorazione del formaggio stesso, farina di granoturco, crusca di frumento tenero. Insomma, un posto dove la terra nel suo significato più autentico, storico e culturale è sovrana.
La ricerca di una ulteriore formulazione della filosofia di Cook The Mountains di Norbert Nieder Niederkofler
Lazzarini questa realtà l’ha conosciuta quattro anni fa, se ne è entusiasmato. I quattro giovani di Contrada gli sono apparsi come quattro cavalieri in viaggio verso una dimensione natural-ambientalista totalmente in linea con i suoi principi etico-gastronomici: “Siamo agricoltori, siamo innamorati di questo luogo e dei nostri animali che lo vivono. Il correre per produrre, vendere, consegnare, sono l’ambito in cui la nostra passione passa al vaglio della sostenibilità senza cui la Contrada tornerebbe all’abbandono”. E da quel momento ha cominciato a pensare che quello era il posto giusto per sviluppare una sua idea originale della cucina come ulteriore personale formulazione della filosofia di Cook The Mountains di Norbert Nieder Niederkofler per cui la cucina di montagna può e deve dare il suo contributo alla crescita sostenibile del pianeta promuovendo la tutela del territorio e delle specie animali e vegetali.
“Il sogno era tornare nella mia terra, fare qualcosa nei luoghi che per me sono casa. Ma sempre in linea con la filosofia che Norbert stesso sta portando avanti. Ho preso la decisione di mettermi in gioco per una ristorazione che celebri la cultura di montagna e la sostenibilità». E quel sogno ora si avvera. Il ristorante Contrada Bricconi vedrà la luce a giugno: una trentina di coperti in tre salette dove tutto dagli arredi all’ambiente ha il senso di una full immersion montagnarda nei modi e nei tempi, molto distante dalla way of life urbano. Il lavoro preparatorio è stato certosino: carni e formaggi di qualità sono assicurati ovviamente sul posto, per il resto sono stati coinvolti piccoli artigiani del gusto e aziende dell’area. È già in cantiere un allevamento di animali da cortile, con conigli, polli, anatre, quaglie, faraone e oche. Molto spazio sarà riservato ai vegetali, per i quali ci si approvvigionerà da un orto di 5 ettari, a Castione della Presolana. Per il pesce, esclusivamente di acqua dolce, sono stati presi accordi con un signore che ha delle vasche per l’allevamento di trote e salmerini, alimentate direttamente dalla sorgente; quindi, con acqua purissima che aveva smesso l’attività e che ora verrà ripresa e rilanciata
“Vogliamo dare vita a un ciclo 100% sostenibile – dice Lazzarini – sviluppando un vero e proprio centro non solo produttivo e ristorativo, ma anche di studio dell’agricoltura e allevamento di montagna, in collaborazione con le Università. E questo completa il quadro dell’ambizioso programma del gruppo di amici che appaiono sempre più motivati a fare qualcosa di nuovo e di importante.
“Stiamo creando insieme ai ragazzi della Contrada Bricconi, un nuovo progetto – conclude lo chef – che racchiuderà gran parte dei miei percorsi, un progetto improntato sul territorio di montagna e sulla sua sostenibilità”. In breve una cucina di alto livello che sia in grado di esprimere l’anima della montagna letta gastronomicamente con saperi moderni che ne esaltino la purezza e l’identità. E qualcosa ci dice che prima o poi una stella arriverà a posarsi anche su una sperduta contrada fra i monti del bergamasco.
La ricetta proposta dallo chef Lazzarini è una sua visione della Cagliata trasformazione del latte in una massa solida ad opera degli enzimi presenti nel caglio. “Una lavorazione della tradizione casara delle nostre valli, il primo passaggio per la preparazione del formaggio. Tramite l’assaggio della cagliata appena preparata – spiega lo chef – ho deciso di lavorare questa trasformazione usandola come un dolce molto delicato. Ecco qui la mia cagliata, una lavorazione tradizionale abbinata alla mia cucina di montagna. Il concetto di questo Piatto e l’unione della tradizione casara con la ricerca del prodotto e della cucina di montagna”.
La Ricetta della Cagliata ai profumi di montagna
ingredienti per 4 persone
cagliata di latte fresco
250 ml panna fresca
250 ml latte fresco
50 gr zucchero
9 gr caglio animale
Sorbetto alla corniola
240 ml succo di corniola
250 ml acqua
187 gr zucchero
17 gr glucosio
Composta di rabarbaro
500 gr rabarbaro (fresco)
175 gr zucchero
10 gr verbena (fresca)
5 gr timo (fresco)
Chips di topinambur
nr 2 topinambur
100 ml acqua
100 gr zucchero
Pomodorini al sambuco
nr 12 pomodorini di vari colori (freschi)
50 gr sciroppo di fiori sambuco
sale q.b.
Prugne disidratate
nr 2 prugne (fresche)
30 gr sciroppo di fiori di sambuco
q.b. sale
Altri ingredienti
20 gr noci nere
20 gr succo di corniola
Procedimento per la cagliata di latte fresco
Unire tutti gli ingredienti e portarli a 38°C, aggiungere il caglio e dividere il composto in 4 coppette, lasciar cagliare a temperatura ambiente.
Sorbetto alla corniola
Unire tutti gli ingredienti, fatta eccezione per il succo di corniola e portare a 29° brix, unire il succo e raffreddare. Mantecare in una gelatiera.
Composta rabarbaro
Pelare e tagliare a brunoise il rabarbaro, unire lo zucchero e farlo macerare per 1 ora.
Trascorso questo lasso di tempo, portare il composto a bollore e poi riporre in cella frigorifera per 1 notte intera. Il mattino seguente, filtrare il tutto e portare il succo ricavato fino a di 65° brix, aggiungere il rabarbaro e portare a bollore per circa 1 minuto. Unire le erbe fresche e mettere il composto in un barattolo ermetico, pastorizzare ad 86°C per 18 minuti in forno a vapore.
Chips topinambur
Lavare bene i topinambur e cuocerli a 100°C in forno a vapore per 1 ora circa, una volta morbidi, tagliarli a metà e privarli della polpa. Preparare uno sciroppo 1:1 unendo l’acqua e lo zucchero portandoli a bollore. Raffreddare lo sciroppo ed immergervi le bucce di topinambur, infornare a 180°C per 5 minuti con la ventola del forno a velocità 2.
Pomodorini al sambuco
Lavare i pomodorini ed inciderli con un coltellino sulla pelle, sbollentarli per qualche secondo, raffreddarli in acqua e ghiaccio ed in seguito pelarli. Porli su un pezzo di carta forno, cospargerli leggermente con il sale e spennellarli con lo sciroppo di fiori di sambuco. Riporli in essiccatore a 55 °C girarli e spennellarli ogni 20 minuti circa, ripetere l’operazione fino a che i pomodorini risulteranno semi-canditi.
Prugne disidratate
Lavare le prugne e tagliarle a metà denocciolandole, in seguito lavorarle allo stesso modo dei pomodorini al sambuco.
Succo di corniola
Ricavare il succo ponendo la corniola in un estrattore per succhi a vapore. Raffreddare prima dell’utilizzo.
Porre alla base del piatto la composta di rabarbaro, comporre una macedonia con le chips, l’uva spina fermentata, i pomodorini e le prugne disidratate. Adagiare il tutto sulla composta di rabarbaro, aggiungere i fiori di sambuco e proseguire con uno strato di sorbetto alla corniola, coperto dal caglio fresco, infine aggiungere il succo sul bordo del caglio.