C’è una moderna via della seta gastronomica che unisce Venezia all’estremo oriente, un percorso raffinato che dal prodotti del territorio veneto si fonde e si confonde con le fascinose sapidità orientali in un’alchimia di sapori che si concretizza in un tempio storico e architettonico, quel Mulino Stucky che un imprenditore e finanziere di nobile famiglia svizzera Giovanni Stucky, realizzò alla Giudecca tra il 1884 e il 1895 per sfruttare il canale veneziano come via di trasporto del grano proveniente su navi dall’Est Europa. Quel Molino che sul finire dell’800 grazie a moderne tecnologie d’avanguardia assicurava un forte contributo all’economia della città, con 1500 operai che producevano 50 tonnellate di farina al giorno lavorando ininterrottamente 24 ore al giorno, oggi dopo un imponente e certosino restauro che ha esaltato le architetture neogotiche dell’imponente edificio ospita un esclusivo albergo della catena Hilton frequentato da una clientela internazionale che preferisce le atmosfere ovattate e i servizi di lusso dell’Hilton al pulsare turistico della città dall’altra parte del canale, godendo di una bellissima vista su San Marco e respirando le magiche atmosfere delle botteghe artigiane d’arte che pullulano nelle piccole stradine dell’isola mantenendo viva un’antica e storica tradizione un po’ bohémienne, un po’ alternativa e tanto vitale.
Si parlava della strada della seta ebbene questa ha il suo punto di arrivo nelle cucine del ristorante Aromi, nome italianissimo che a pensarci bene tuttavia richiama assonanze orientaleggianti, un’ambientazione stile yachting club per una cucina fine dining affidata a Ivan Fargnoli, milanese di origine, che divide il suo cuore di chef fra la cultura mediterranea che lo ha formato e quella orientale, cinese soprattutto, che ha scoperto per lavoro e che ha amato a tal punto da sposare una figlia del Sol levante. Un percorso lungo ma progressivo il suo. Dall’infanzia in cui si appassionava ai sapori di cucina di una famiglia in cui tutti amavano cucinare. Il grande salto avviene con una chiamata all’Hilton di Shangai: Fargnoli parte con curiosità ma poi vi resta 10 anni accanto allo Chef Emmanuel Souliere, formatosi al prestigioso Le Laurent di Parigi, “Chef dell’anno 2009” per la rivista City Weekend, vincitore del “Best Use of Foie Gras Award” per i French Cuisine Chef Star Awards 2008 Shanghai, Medaglia d’oro Food Asia 2002 di Singapore, “Chef of the Month” di Asian Cuisine 2003 e “Executive Chef of the Year” per la rivista Cuisine and Wine.
Da lui – dice Ivan Fargnoli – ho imparato tantissimo, è uno degli chef che mi hanno ispirato, cresciuto professionalmente e personalmente”. Ma l’esperienza a Shangai diventa fondamentale per la sua formazione per la sua formazione professionale soprattutto perché gli permette di scoprire un mondo complesso e raffinato come è quello della antica tradizione gastronomica cinese, con i suoi riti, le sue attenzioni maniacali alla esaltazione materica, al rispetto fideistico per la natura in tutte le sue espressioni.
E in questo galeotto e prezioso è stato l’apporto della moglie sposata in Cina che, dice, “mi ha aiutato a comprendere quelle sfumature portanti che possono sfuggire ad una persona che proviene da una cultura diversa”. Una cultura che però in lui convive appieno con la sua storia personale e le tradizioni della sua gioventù da milanese educato all’arte della cucina mediterranea e solare da una nonna casertana. E tutto si rimescola e si rinnova in una continua filosofia della contaminazione che scaturisce dalle tappe e dalle esperienze della sua vita di chef che spiega così: “ Mi piace giocare con i prodotti e con i sapori classici italiani, rispettandoli ma rivisitandoli con prodotti e profumi provenienti dall’Asia, dal Medioriente e dall’India. È proprio ciò che vorrei che i miei ospiti si ricordassero dopo essere stati nella mia cucina.
C’è un grande lavoro di ricerca e sperimentazione per raggiungere uno specifico sapore. Ritengo la mia una filosofia tradizionale che strizza l’occhio a ingredienti e tecniche innovative rispetto alla cucina mediterranea, esportate dall’Oriente e concettualizzate nella mia idea gastronomica”.
Nascono così il Capretto con panura alle erbe, castraure chutney di mele e pepe Sichuan, la sua celebrata Zuppa di funghi per la quale ha dovuto fare analisi e approfondimenti su varie tipologie di funghi per arrivare a raggiungere quel gusto che aveva in mente o la Zuppa d’Anatra, il vero manifesto della sua cucina per la quale ha sperimentato molti sapori tipicamente asiatici che ha uniti per creare un piatto dal gusto unico. E poi c’è il Moro oceanico australiano, finocchi, piselli e riduzione di crostacei, uno dei piatti a cui ha lavorato di più di cui dice: “me lo porto dietro da tanti anni. Il lavoro di ricerca è stato molto inteso, perché si tratta di un pesce poco conosciuto e molto caro”.
Se l’esclusivo Ristorante Aromi, può essere considerato il luogo privilegiato di una cucina raffinata con i piatti signature, fatti di ricette originali in cui la creatività si declina nei sapori, nei profumi e nell’estetica della composizione, con la sua voglia di sorprendere gli avventori, la seconda anima dello chef, quella con i piedi nella terra veneta dove è approdato dopo tanto girare per il mondo si manifesta nelle cucine di Bacaromi, l’altro ristorante del Molino Stucky, con una vista unica sulla Giudecca, più smart, rispetto all’Aromi che prende ispirazione dai bacari le tipiche osterie veneziane a carattere popolare, dove trovare vini in calice (ómbre o bianchéti) e i tipici spuntini (cichéti), o cibi in piccole porzioni. Un nome che alcuni fanno da Bacco, dio del vino. Più realisticamente un’altra teoria vedrebbe derivato da “far bàcara”, espressione veneziana per “festeggiare”. Certo è che “Bacari” era il nome attribuito, un tempo, ai vignaioli e ai vinai che venivano a Venezia con un barile di vino da vendere in Piazza San Marco insieme con dei piccoli spuntini. Il bicchiere di vino che si beveva si chiamava “ómbra”, perché i venditori delle botteghe alla base del campanile di San Marco ne seguivano l’ombra per proteggere il vino dal sole. Da questa tradizione prende spunto Bacaromi come esaltazione del territorio in tutte le sue straordinarie potenzialità di terra e di mare. “Sto iniziando ora – afferma Fargnoli- a conoscerne i prodotti, i profumi ed i sapori. Ho cominciato a comprenderlo, andando in giro e frequentando i luoghi della Venezia classica e popolare, a cui mi ispiro e traggo tante idee di rivisitazione per il mio bagaglio culinario”.
Il principio è quello di dare a ciascun ristorante una propria identità, diversificando così l’offerta food dell’albergo, per soddisfare i gusti di una clientela diversificata, da quella più esclusiva a quella più giovanile, che chiede alta qualità ma anche diverse sensazioni. “Il filo conduttore resta la mia concezione del gusto, fatta di ricordi dei sapori dell’infanzia e di scoperta di ingredienti nuovi, sviluppato con la mia brigata, il cui apporto è un elemento essenziale per offrire ai nostri clienti un’esperienza culinaria unica”.
La ricetta del Moro oceanico australiano, finocchi, piselli e riduzione di crostacei
Ingredienti
200 Gr di Merluzzo Moro oceanico australiano
50 Gr Finocchio
QB Piselli
Polvere di olive nere
Procedimento
Scolare le olive nere, metterle in una teglia e infornarle a 80 gradi per una notte o finché non saranno essiccate, successivamente frullarle fino a ridurle in polvere
Tagliare il merluzzo a metà e marinarlo col sale. Metterlo in frigorifero per 15 minuti. Procedere quindi tagliando i finocchi il più sottile possibile e metterli in acqua ghiacciata.
Pulire e sgusciare i piselli, farli bollire in acqua salata
In una pentola calda mettere un po’ di olio Extravergine d’oliva e cuocere il merluzzo senza pelle fino a doratura
Presentazione
Mettere in un piatto le due metà del merluzzo e disporre a lato i finocchi con i piselli. Guarnire con la polvere di olive nere.
Aromi Restaurant Venice
Bacaromi
Giudecca 810
Venezia (VE) ITALY
041 2723316
VCEHI_FB@HILTON.COM
https://goo.gl/maps/1Zbva22PvsgxCKeeA