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La qualità è crescita e il private equity può concorrere a realizzarla

UN INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELL’AIFI – In un Paese come l’Italia la crescita ha bisogno di qualità e il ruolo del venture capital e del private equity è destinato ad essere sempre più rilevante – Il nuovo paradigma del private: operazioni più ridotte, tempi più lunghi, meno leva – Venture capital per le start up

La qualità è crescita e il private equity può concorrere a realizzarla

La crescita sembra essere ormai scomparsa dall’orizzonte italiano, non solo nel breve termine, afflitto da una recessione di cui non si vede la fine, ma anche per chi volesse guardare un po’ più lontano al medio e lungo termine. Quali possono essere i fattori di crescita per un paese come l’Italia? Come attivarli? Per un paese maturo, la crescita non può derivare, banalmente, da maggiori consumi o investimenti in termini quantitativi. Questa è la via allo sviluppo dei paesi emergenti, dove la popolazione accede per la prima volta a specifici livelli di consumo, come l’auto, l’elettrodomestico, la casa, ecc.

Per un paese maturo come l’Italia, la è crescita è qualità, che genera anche quantità, intesa come maggior volume di Prodotto Interno Lordo. Da noi non servono tanto nuove case per dare un rifugio a nuove famiglie. Serve rimodernare il nostro parco d’immobili per adattarlo alle nostre esigenze e per migliorarne la qualità in termini di conservazione dell’energia, di disponibilità di servizi telematici, di estetica, ecc.. Un analogo ragionamento può essere fatto per l’acquisto di ogni bene durevole: noi non compriamo una nuova auto per aggiungerla a quella che già abbiamo, ma per sostituirla con una che dia prestazioni migliori, in termini di confort, di sicurezza, di consumi energetici. Lo stesso vale per gli elettrodomestici, per i nostri abiti, ma anche per i servizi, come la ristorazione, i trasporti, la cura della propria salute, e altro. Un ragionamento analogo lo fanno le imprese, che cambiano le linee di produzione e i macchinari per sostituirli con altri che sono più performanti.

Se questo è vero, allora dobbiamo domandarci: cosa ci permetterà d’avere consumi e investimenti di maggiore qualità, al fine di poter crescere in un mondo dove le quantità sono diventate appannaggio dei paesi emergenti? La via della qualità si chiama innovazione, che a sua volta richiede ricerca e applicazione della stessa. Viviamo un’epoca di grandi innovazioni e sta a noi saper cogliere le opportunità.

Cogliere le opportunità, per le imprese, implica essere sufficientemente grandi e organizzate, sia per far nascere nuove attività innovative, sia per dare a quelle esistenti quella dimensione di capitale, di organizzazione e di persone, capace di consentire loro un proficuo rapporto con i processi innovativi. Intendiamoci: anche molte piccole imprese sono capaci di innovare e di inserirsi nei processi tecnologici nuovi. Ma è certo che la dimensione di capitale e di organizzazione gioca un ruolo determinante nell’assimilazione dei processi innovativi, come dimostrato dai nostri paesi concorrenti in Europa e fuori dal Vecchio Continente.

E qui sta anche il ruolo della finanza moderna, come i fondi di Private Equity e di Venture Capital. È un ruolo che già ha dato al nostro paese un contributo non marginale. Nel corso degli ultimi anni, i fondi hanno attivato molti start-up, favorendo anche un più stretto rapporto con le Università, e hanno sostenuto molte imprese innovative. Il Venture Capital italiano sta assumendo sempre maggiori dimensioni, anche se resta piccolo rispetto ad altri paesi. È questo il capitale che consente la realizzazione di nuove idee e genera processi innovativi che poi irrorano tutto il sistema delle imprese.

Ma altrettanto importante è il ruolo del Private Equity nel far crescere la dimensione delle imprese. I nostri operatori entrano in imprese nelle quali vedono possibilità di crescita; apportano quel capitale che oggi il sistema del credito non può fornire; finanziano riorganizzazioni ed espansioni; favoriscono l’introduzione di nuove tecnologie; danno le risorse per acquisizioni che permettono fusioni e crescite dimensionali; spingono le imprese a internazionalizzarsi e a collocarsi nei nuovi mercati di sbocco.

In altre parole il Private Equity è un fattore di crescita e d’innovazione per le imprese. Certo, ci sono stati anche errori e operazioni discutibili nel corso degli anni da parte degli operatori finanziari, come in tutti i settori. Ma complessivamente la loro azione è stata positiva. Gli operatori di private equity si sono adattati alle condizioni del nostro mercato. La dimensione delle operazioni è scesa in linea con la dimensione media delle imprese italiane. La leva si è ridotta in questa fase di difficoltà del debito. La durata dell’investimento è aumentata per consentire alle imprese più lunghi processi di ristrutturazione e di rilancio.

La crescita e la modernizzazione dell’economia italiana hanno bisogno di operatori che sanno vedere il futuro e che sanno raccogliere le risorse finanziarie necessarie per sostenere lo sviluppo, le fusioni, le acquisizioni e le introduzioni di nuove tecnologie. Questo è il ruolo che il private equity sta già svolgendo nel nostro paese e che contribuirà a ridare una fiducia nelle tendenze di lungo termine per un paese, come il nostro, che deve trovare nella qualità la molla della sua crescita quantitativa.

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