Quanto si può essere felici dopo una promozione sul lavoro? La risposta che hanno dato due ricercatori australiani (David Johnston e Wang Shen Lee) è questa: 36 mesi. Dopo, stress, ansia, insoddisfazione e orari troppo lunghi e faticosi, che alla fine sfiniscono.
Per realizzare questa ricerca, sono stati intervistati più di 1000 lavoratori prima e dopo la promozione. Il Corriere della Sera ne parla oggi.
La ricerca è stata basata su 11 criteri: controllo, stress, retribuzione percepita e reale, ore di lavore, soddisfazione, salute, vitalità, serenità e il grado di realizzazione nella vita. Ne è venuto fuori un grafico a tre curve.
Secondo il grafico, la tranquilla e la motivazione nel medio-lungo periodo, le persone appena “promosse” si sentono più nervose e meno incentivate a fare bene. La soddisfazione lavorativa è alle stelle fino ai 9 mesi dopo la promozione; ma poche settimane dopo si ha un crollo, e lo stress aumenta.
Lo psicologo del lavoro e docente universitario, Andrea Castiello D’Antonio afferma che “il denaro non basta a motivare i lavoratori”, aggiungendo che a pesare sono soprattutto “le aspettative aziendali, del singolo lavoratore e dei nuovo capi”. Queste cose infatti, dice l’esperto in psicologia del lavoro, devono essere “incastrate bene”. Ma è l’illusione che più angoscia i lavoratori: frustrazione e pentimento giungono subito dopo aver realizzato che i mezzi che si avevano in precedenza guadagnato, in relatà non ci sono più.
Per quanto riguarda il nostro paese, infatti, Castiello afferma che molti quadri non vogliono essere promossi a dirigenti: la situazione infatti, diventa più instabile e stressante, poiché alcuni dirigenti possono non avere molti poteri, e alcuni devono chiedere il permesso per andare a un pranzo di lavoro.
Questa tendenza viene confermata da Paolo Citterio, presidente dell’Assoiciazione nazionale dei direttori delle Risorse Umane. Secondo Citterio, questa “regola dei 3 anni” è iniziata dal 1968.
Il sociologo De Masi invece, accusa la tempistica della promozione che avverrebbe “o troppo tardi, o troppo presto”. Ma è anche vero che, secondo De Masi, “subito dopo l’avanzamento di carriera, il nuovo potere diventa automaticamente meno appetibile di prima.” E subito il lavoratore “vuole aumentare di un altro gradino e non gli va’ più di impegnarsi nel lavoro; ma se non otterrà dopo qualche mese la promozione, “diventa l’uomo più triste del mondo”, conclude De Masi.
La promozione, per concludere, nel modio-lungo periodo, più che diventare un incentivo per fare ancora meglio nel lavoro, diventa soprattutto un peso per il giovane lavoratore, soprattutto se uomo.