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La Pitta di San Martino, il gustoso dolce calabrese degli umili per il santo dell’umiltà

Dolce di antica tradizione viene realizzato per la festa di San Martino ma si consuma soprattutto durante le feste natalizie. Il maestro pasticciere Salvatore Ravese ha recuperato una antica ricetta esalta i sapori e i profumi della terra di Calabria

La Pitta di San Martino, il gustoso dolce calabrese degli umili per il santo dell’umiltà

Dolce tipico calabrese di tradizione familiare preparato rigorosamente a mano fin dal diciottesimo secolo la Pitta di San Martino è un atto devozionale nella cultura gastronomica  delle umili genti della Calabria nei confronti del Santo degli umili, quel Martino di Tours ufficiale romano della Guardia Imperiale originario della Pannonia che nel rigido inverno del 335 durante un giro di guardia  incontrò un mendicante seminudo e vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) condividendolo con l’uomo.

Secondo la leggenda la notte seguente a Martino apparve in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già catecumeno, venne battezzato la Pasqua seguente poi giunto all’età di circa quarant’anni, decise di lasciare l’esercito, divenne Vescovo e fu uno dei fondatori del monachesimo in Occidente. E in questa veste predicò, battezzò villaggi, abbatté templi, idoli pagani, dimostrando comunque compassione e misericordia verso chiunque. La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana (ma anche dal venerato anche dalla chiesa ortodossa che ha una antica tradizione in Calabria, e da quella copta) dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.

Il dolce che gli viene dedicato ha origini umilissime. È un dolce povero, un dolce dei contadini fatto con i prodotti della terra. Già di per sé il nome pitta richiama nella tradizione popolare calabrese a un pane semplice molto rustico basso, considerato uno scarto della produzione del pane, in quanto veniva utilizzato per verificare che il forno a legna fosse abbastanza caldo per cuocere bene i pani destinati alla famiglia. Per questo in alcune zone della Calabria si usava il termine pitta jettata ovvero “buttata via”, per indicare uno scarto per testare la temperatura del forno. Se la pitta tradizionale è sopravvissuta nel tempo trasformandosi in un cibo da strada, una sorta di focaccia da farcire con le verdure o pezzi di carne da mangiare in passeggiata, la pitta dolce ha invece una antica storia legata alle festività e agli usi delle comunità contadine. Resta la forma schiacciata, molto informale, ma si trasforma in un goloso biscotto formato da un impasto a base di miele, uva passa, cedro candito, mandorle, vaniglia e in alcune versioni cioccolato, tipici della provincia di Reggio Calabria, da Bagnara fino in Aspromonte, con i comuni di Sant’Eufemia d’Aspromonte, Delianuova, Molochio, Oppido Mamertina, Taurianova, Cittanova, San Giorgio Morgeto. Se nella tradizione si preparavano per il giorno di San Martino, il loro consumo si prolungava e si prolunga tuttora fino alle feste natalizie. E sempre per tradizione poiché la festa di San Martino coincideva con l’assaggio del vino nuovo era consuetudine che in questa ricorrenza gli uomini facessero visita alle cantine per assaggiare il vino e brindare al buon andamento della vendemmia mentre sulle tavole facevano la loro comparsa  salumi formaggi e le pitte salate e dolci. Lo testimonia un vecchio detto popolare: A San Martinu ogni mustu diventa vinu, a San Nicola pi ogni butti si faci a prova, ‘ra Macculata ogni butti va pirciata, e cioè “A San Martino ogni mosto diventa vino, a San Nicola che cade agli inizi di dicembre, di ogni botte si fa la prova, all’Immacolata, la festa dell’8 dicembre, ogni botte va aperta nel senso che vi si pone il tappo di sughero.

Per finire il ministero delle politiche agricole e alimentari e forestali ha inserito le pitte di San Martino nella lista dei prodotti agricoli agroalimentari tradizionali della Regione Calabria

La ricetta della Pitta di San Martino del pasticciere Salvatore Ravese

Salvatore Ravese, Maestro Pasticciere e gelatiere nominato “Ambasciatore del gelato italiano nel mondo”, titolare della pasticceria Garden di Gioia Tauro, fin dagli esordi della sua carriera si è proposto di studiare e approfondire i valori della tradizione pasticciera della sua regione. La Pasticceria Garden a Gioia Tauro oggi è un consolidato punto di riferimento per la sua capacità di saper riproporre antiche ricette di tradizione contadine rinnovandole in una proposta moderna che si basa sullo studio e sulla ricerca ma anche sulla scelta di ingredienti freschi, genuini e di eccellente qualità. Ravese, infatti, privilegia nei suoi dolci il territorio in tutte le sue espressioni di autenticità andando a scegliere prodotti da piccole aziende locali che mantengono vivi i principi di genuinità e di salvaguardia di integrità del prodotto.  Le ragioni del suo successo che lo ha visto protagonista delle più importanti manifestazioni di pasticceria artigianale nazionale sono riassumibile in tre parole: passione, rispetto, territorio.

La sua Pitta di San Martino è il recupero di una antica tradizione locale. Non un vero e proprio biscotto ma un impasto semiduro che sprigiona sapori e aromi della sua Calabria che può essere realizzato in due versioni, bianca e nera, la differenza è nella glassa di copertura: in quella nera è a base di cacao in quella bianca a base di zucchero

Ingredienti

150 ml di acqua

100g di zucchero

200 g di miele biologico di Calabria

1 baccello di vaniglia

1 scorza di limone della piana di Gioia Tauro

500 g di farina 00

10   g di ammoniaca per dolci

200 g di uvetta passita

150 g mandorle sgusciate

100 gr cubetti di arancio calabrese canditi

100 g cubetti di cedro diamante canditi (riviera dei cedri).

Per la glassa

100 g di zucchero

25 ml di acqua

olio essenziale di limone (igp rocca imperiale)

Procedimento

Riscaldare a 40° acqua, miele, zucchero, vaniglia e limone grattugiato mescolare bene finché diventi uno sciroppo.

Aggiungere la frutta e le mandorle mescolare bene.

Incorporare lentamente la farina e la ammoniaca per dolci; mescolare bene finché si amalgama il tutto e fare riposare l’impasto 10 ore.

Tagliare a forme irregolare e infornare a 160° per 18/ 20 minuti.

Lasciare raffreddare e spennellare con apposito pennello la glassa allo zucchero Limone o in alternativa con glassa di zucchero e cacao.

Procedimento per la glassa

Prendere un pentolino e mettere lo zucchero e l’acqua e portare il tutto alla temperatura di 113°

Spennellate le pitte singolarmente.

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