C’è qualcosa di nuovo nell’economia del Mezzogiorno di cui la politica deve tener conto. Mai come questa volta – da dieci anni in qua – c’è forte bisogno di armonizzare gli investimenti in infrastrutture, ambiente, credito. Settori strategici, utili a far decollare ancor di più quella microeconomia che dà segnali di ripresa. Inoltre, due Regioni – Campania e Basilicata- hanno ripreso un ritmo di crescita che sta trainando le restanti Regioni dell’ “altra Italia”. Si, perché pur sempre di “altra Italia” si tratta, da dove ogni anno scappano migliaia di giovani in cerca di occupazione. Dal Rapporto “Pmi Mezzogiorno 2017”, curato da Confindustria e presentato a Napoli, comunque, emergono valori più rassicuranti e noti finora sotto traccia. La piccola e media industria è volano di ripresa, come dimostrano le 25 mila aziende con un massimo di 250 addetti, Le considerazioni di prospettiva riguardano, però, anche soldi per l’innovazione tecnologica per sostenere la competitività. Le infrastrutture e gli aspetti ambientali pesano in egual misura, in quanto fattori condizionanti per una serena attività imprenditoriale. Ma la domanda di innovazione viene fuori pesantemente, allorché si confrontano gli investimenti sin qui effettuati e i crediti.
Per Confindustria, giunti ad aprile, il 2017 può permettere all’area dell’ex Agenzia del Mezzogiorno di recuperare i livelli pre-crisi. Secondo il presidente del Comitato Politiche di Coesione, Natale Mazzuca, “il profilo del Mezzogiorno, è quello di un’area tornata timidamente alla crescita, ma nella quale il ritmo con cui i segnali della ripartenza si affermano ne rendono solo parzialmente percepibile la consistenza” . I segnali non sono univoci e quindi la mappatura della ripresa non è omogenea. I maggiori indicatori economici: Pil, export, occupazione, imprese ed investimenti sono tutti positivi. C’è voglia di fare sistema con istituzioni locali e rappresentanza sociali.
Ma troppe volte lo slogan non ha avuto riscontro nella realtà. Il caso dei fondi europei degli anni scorsi e il loro impiego deve andare verso una netta discontinuità. Non è utile, soprattutto davanti a numeri positivi, scaricare le negligenze sull’uno o sull’altro. Fare sistema vuol dire anche autocritica per rigidità generate da burocrazia locale, inganni politici e scarsa lungimiranza. Trascurando – pro bono pacis – vicende come l’opposizione regionale al gasdotto che attraversa la Puglia, pensiamo a quando il governo Renzi con il Masterplan per il Sud ha voluto cambiare approccio e prospettiva. E i Patti attuativi di quel piano stanno muovendo i primi passi. Anche il piano Industria 4.0 del Ministro Calenda, in fondo, dovrà tenere conto di 18mila nuove imprese di capitali nate al Sud nei primi 6 mesi dell’anno e del fatturato complessivo aumentato del +3,9%. Non soddisfano i margini lordi che sono più bassi di un terzo, ma si ritorna ai punti centrali del chi deve fare e che cosa. In fretta per non raffreddare i buoni indicatori del Rapporto di Confindustria.