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La piazza vuole la testa di Vegas ma gli scenari probabilistici non sono la verità assoluta

Imagoeconomica Sara Minelli

Alcuni chiedono le dimissioni di Giuseppe Vegas per non aver tutelato i risparmiatori dai fallimenti che hanno coinvolto numerosi istituti di credito. L’argomento è delicato. La piazza vuole la testa di Vegas, ma non è detto che sia colpevole. Dopo il terremoto dell’Aquila la piazza voleva la testa di Enzo Boschi, presidente della Commissione Grandi Rischi, che fu addirittura condannato a sei anni. Solo nel 2014, dopo anni di ostracismo, in appello si arrivò a stabilire ciò che era ovvio sin dall’inizio e cioè che nessuno al mondo è ancora in grado di prevedere i terremoti. La domanda che ci si deve porre è dunque questa: esistono strumenti affidabili, cui l’autorità può fare ricorso, per avvisare i risparmiatori che è in arrivo un terremoto finanziario? Secondo una opinione diffusa, cui ha dato voce Milena Gabanelli in una trasmissione di Report su Rai3, la risposta è positiva. Basterebbe inserire nei prospetti i cosiddetti “Scenari Probabilistici”, in base ai quali l’emittente informa il risparmiatore che “…acquistando per esempio queste obbligazioni hai il 62 per cento di probabilità di perdere metà del tuo capitale”. 

Vegas sarebbe colpevole perché avrebbe impedito che quelle informazioni, che pure furono proposte in ambito Consob nel 2009, fossero trasmesse ai risparmiatori. Al di là del colore di cui spesso si tingono le inchieste giornalistiche (sapeva, ha negato, ha scaricato sull’Europa ecc.), chi conosce l’abc della finanza capisce cosa non va nell’affermazione di Report. In linea di principio, come ha sostenuto Filippo Cavazzuti su questo giornale, si possono usare informazioni sulla volatilità storica di un certo strumento finanziario per dare al risparmiatore un’idea dell’intervallo di confidenza che è ragionevole attendersi attorno al rendimento atteso (anch’esso estrapolato sulla base dei risultati storici). Ma bisogna stare bene attenti: la volatilità storica non dà alcuna informazione sulla probabilità che in un futuro più o meno distante si verifichino eventi estremi, come un terremoto finanziario o il fallimento di un emittente. Sul tema possono esistere legittime opinioni, ma non misure oggettive; è quindi impensabile che un numero come il citato 62 per cento abbia il bollino di una pubblica autorità. Fra il 2008 e il 2011, prima che la Consob fosse redarguita dalle autorità europee, ad alcune banche non fu impedito di includere gli scenari probabilistici nel loro prospetto. Come riferisce Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore del 10 giugno, la popolare di Vicenza e persino la Bcc di Bene Vagienna (Cuneo) che di lì a poco fu commissariata presentarono scenari meravigliosi e mirabolanti, come se fossero il risultato obiettivo di test scientifici. 

La cosa più sconcertante è che la tesi degli scenari probabilistici è sostenuta da alcuni presunti addetti ai lavori che ricordano un po’ quel Giampaolo Giuliani, ex dipendente dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario, che fece la previsione del terremoto, ma a Sulmona e non a L’Aquila e nel giorno sbagliato (il 29 maggio 2009 anziché il 6 aprile). Costoro sostengono di possedere un modello (che però non è noto né, a quanto consta, è mai stato sottoposto a riviste scientifiche) che consente di calcolare gli scenari probabilistici utilizzando gli strumenti “oggettivi” della finanza (teoria dell’arbitraggio, Black and Scholes ecc.), persino per emittenti piccoli per i quali non esiste un mercato dei Cds (posto che i Cds siano davvero utili). I cultori della scienza triste sanno che questa allegra teoria non è vera: per farsi un’opinione, comunque necessariamente soggettiva, sulla probabilità di default di un emittente bisogna fare il lavoro faticoso di studiare i bilanci, valutare le prospettive industriali, saggiare la capacità del management ecc. Non esiste alcun modello scientifico su cui l’autorità possa fare affidamento per mettere in guardia i risparmiatori. Mentre Enzo Boschi e tutta la Commissione Grande Rischi furono condannati a sei anni, il Sig. Giuliani, accusato di procurato allarme, fu assolto con la motivazione che, secondo alcuni consulenti, qualche volta si era effettivamente verificata una qualche correlazione fra la previsione del suo modello e la realtà. Sulle riviste scientifiche che si occuparono del caso si disse invece che non vi era alcuna prova che il metodo Giuliani funzionasse e che nella maggioranza dei casi previsti dal suo metodo non era successo nulla. Se si vuole attaccare Vegas si identifichino analiticamente le possibili responsabilità e si rispetti quel poco di scientifico che la disciplina economica consente di esprimere.

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