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La pesca passiva del Trasimeno diventa Presidio Slow Food e attira giovani generazioni di pescatori

Oliver Migliore-X2

Da tremila anni a questa parte nulla sembra cambiato nella pesca tradizionale del Lago Trasimeno che ieri come oggi avviene con un tipo di pesca passiva, si stendono le reti e si aspetta che il pesce, muovendosi, rimanga imprigionato nelle maglie. “Funziona così da quando l’uomo ha cominciato ad abitare le coste del lago e a uscire in barca» sottolinea Aurelio Cocchini, pescatore da quarant’anni.

Quarto lago più esteso d’Italia, il Trasimeno è un bacino d’acqua dolce particolare, caratterizzato da una profondità media che non raggiunge i cinque metri: un lago che soffre la scarsità d’acqua ma dove il pesce non manca proprio perché non si è mai praticata la pesca intensiva.

Per queste caratteristiche storiche e culturali la Pesca tradizionale del Lago Trasimeno è entra a far parte della famiglia dei Presìdi Slow Food dell’Umbria. «L’opportunità di diventare Presidio Slow Food – dice Guido Materazzi, – arriva in un momento storico importante, in cui il mestiere del pescatore ha necessità di coniugare tradizione e innovazione, buone pratiche e sostenibilità economica». Fare economia tenendo a mente le generazioni future, come ricorda Ivo Banconi, presidente della Cooperativa Stella del Lago, che aderisce al Presidio, sottolineando che «il Presidio è un ulteriore tassello verso la giusta condivisione di strategie comuni a salvaguardia dell’ambiente, nell’intento di preservare quell’immagine lasciataci in eredità da chi ha dato al lago la sua vita».

Persico reale, carpa, pesce gatto, latterino, tinca, persico-trota, anguilla e capitone sono le specie ittiche comprese nel disciplinare che regola il Presidio Slow Food e sono, soprattutto, le protagoniste del lago. «A seconda di quale pesce si vuole pescare si utilizzano reti con maglie più o meno larghe – aggiungono i pescatori -. La carpa viene pescata con una maglia di 90-100 millimetri, mentre per specie più piccole si adoperano maglie che vanno dai 25 ai 40 millimetri».

Il resto lo fa l’intuito, la conoscenza del lago e delle abitudini dei pesci. Ma non è detto che la battuta di pesca sia sempre un successo: può capitare che si esca per giorni e si torni a mani vuote. Il pescatore dev’essere capace di mantenere lo stesso spirito anche quando le giornate vanno male. Naturalmente, serve anche una certa dimestichezza nel guidare l’imbarcazione tradizionale. È stretta e lunga, poco più di un metro per cinque e mezzo, e ha il fondo piatto perché, un tempo, le attività di pesca si svolgevano perlopiù nelle vicinanze delle coste e nei canneti. Ma oggi si pesca anche al largo, dove le onde possono rendere difficile manovrare la barca. «Siccome la nostra è una pesca di attesa, non aggressiva, risulta anche altamente sostenibile – spiega il referente del progetto Aurelio Cocchini -, ed è pressoché impossibile che l’attività si intensifichi al punto da intaccare le riserve di pesce nel lago». Per lo stesso motivo, però, è anche fortemente imprevedibile: «Non posso prevedere di che cosa rifornirò i ristoranti, i negozi o la nostra locanda, perché non ho certezza di che cosa pescherò. Se, da un lato, questo rappresenta un handicap economico, dall’altro nasconde un vantaggio: quello di non rischiare di mettere in crisi gli stock ittici, la nostra fonte di lavoro e di sostentamento».

I pescatori professionisti attivi sul lago Trasimeno oggi sono una cinquantina, la maggior parte dei quali aderiscono a due cooperative: «Negli ultimi tempi l’età media si è abbassata parecchio – conclude Cocchini -. Merito di tanti giovani che, faticando a trovare un lavoro in altri settori a causa della crisi economica, si sono avvicinati al mondo della pesca». Per questo le cooperative continuano a lavorare, addirittura con nuovi investimenti nella filiera di trasformazione del pescato, nella commercializzazione del prodotto e anche nella ristorazione.

L’adesione di nuovi giovani pescatori, gli fa eco Cinzia Borgonovo, referente Slow Food del Presidio e fiduciaria di Slow Food Perugia, ha «ridato entusiasmo e motivazione a raccontare il pesce di lago nel territorio e a farlo conoscere anche ai più giovani. Come Slow Food, ci è sembrato giusto aiutarli a sostenerne l’impegno e lo sforzo. Se guardo al futuro, poi, credo che il riconoscimento come Presidio si inserisca bene anche nel progetto di tutela dell’ecosistema lago, inteso sia dal punto di vista ambientale sia come risorsa per chi vive nei borghi rivieraschi».

Sarà fondamentale, infatti, la collaborazione con le comunità del territorio lacustre, anche per il recupero delle ricette tradizionali e la loro riproposizione. «Noi, per parte nostra – conclude la presidente Slow Food Umbria, Monica Petronio – saremo felici di contribuire a valorizzare le ricette di cucina (tradizionali e moderne) legate al pescato, non sempre di facile esecuzione per chi non è originario di questi luoghi, ma di sicuro gradimento per il consumatore e per il turista, anche grazie alla collaborazione che abbiamo avviato con gli istituti alberghieri di tutta la regione, che coinvolgeremo subito nel progetto. I ragazzi, sia gli aspiranti cuochi che il personale di sala, potranno mettersi alla prova confrontandosi direttamente con i pescatori e i professionisti della ristorazione lacustre, e sicuramente con il loro sguardo e la loro fantasia sapranno ricambiare quanto impareranno dalle generazioni che li hanno preceduti».

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