I dubbi dell’Eurogruppo si trasformano oggi nell’ansia dei mercati: lo swap dei titoli di Stato greci non sta andando come previsto e le Borse europee scivolano tutte quante in rosso. Tornano a crescere ovunque i timori su un possibile default incontrollato di Atene, anche perché giovedì scorso i leader dell’Eurozona hanno rinviato l’esborso del nuovo pacchetto d’aiuti al Paese ellenico (130 miliardi di euro), subordinandolo proprio al “successo del Psi”.
L’acronimo sta per “Private sector involvement”, il piano che prevede il coinvolgimento dei creditori privati nel salvataggio della Grecia. Si tratta di un’operazione finanziaria senza precedenti: in sostanza, i titoli di Stato greci in mano a banche, assicurazioni, fondi di investimento, ma anche quelli nei portafogli dei semplici risparmiatori, dovrebbero subire un taglio pari al 53,3% del valore nominale, nella maggior parte dei casi mediante la sostituzione con altri bond a scadenza più lunga e rendimenti inferiori. Una vera boccata d’ossigeno per Atene, che vedrebbe ridursi il proprio debito pubblico di almeno 100 miliardi di euro.
Le adesioni allo swap rimarranno aperte fino al 9 marzo, poi l’Europa tirerà le somme. Non c’è però alcuna garanzia che il piano funzioni: per parlare di un vero “successo”, il Psi dovrebbe essere accettato da almeno il 90% dei creditori privati. Ma non è detto che questo accada. E, a sorpresa, la colpa potrebbe essere degli investitori più piccini, quelli al dettaglio, che hanno in mano fra i 14 e 16 miliardi di obbligazioni greche.
Mentre le grandi società hanno già inscritto nei bilanci le perdite legate allo swap, in molti casi sotto forti pressioni istituzionali, i risparmiatori potrebbero tirarsi fuori dalla partita nella speranza di incassare i rimborsi dei Cds. Se infatti lo swap dovesse fallire, la Grecia potrebbe essere costretta ad attivare le clausole di azione collettiva (Cac), imponendo perdite anche a chi non ha aderito al piano.
A quel punto l’Isda, l’associazione internazionale su swap e derivati, potrebbe rivedere la sua decisione sul debito greco: mentre l’adesione volontaria non rappresentava un “credit event”, il fallimento del piano creerebbe uno status di insolvenza che farebbe scattare i rimborsi sui credit default swaps (Cds), vale a dire titoli derivati che funzionano come assicurazioni sulla vita delle obbligazioni (in questo caso i titoli di Stato greci).
L’effetto domino che seguirebbe non è al momento quantificabile con precisione. Scambiati sul mercato “over the counter” (non regolamentato), i Cds hanno proliferato nell’anarchia, creando una rete di interconnessioni finanziarie potenzialmente in grado di stroncare diversi bilanci. E non è fantascienza: è gia successo quattro anni fa con Lehman Brothers.