Il piatto di pasta più dietetico? Integrale e ancora meglio se a forma di spaghetto. Pochi infatti sanno che l’indice glicemico della pasta varia a seconda della sua forma, oltre ovviamente della sua composizione. Gli spaghetti hanno dunque un indice glicemico (cioè una velocità di incremento degli zuccheri nel sangue in seguito all’assunzione di una quantità di alimento contenente 50 grammi di carboidrati) inferiore rispetto alla pasta corta: sono quindi più sazianti e da preferire quando si segue un regime dietetico. Il perché ce lo spiega Annalisa Gemelli, biologa nutrizionista laureata in Scienze dell’alimentazione: “Gli spaghetti ad esempio hanno un indice glicemico più basso di lasagne, ravioli o pasta corta, in quanto il processo di pastificazione che prevede l’estrusione della pasta determina la formazione di una pellicola protettiva, che contribuisce a rallentare la gelatinizzazione degli amidi durante la cottura e quindi la loro digestione”.
Un altro fattore è quello del tempo di cottura: uno spaghetto per essere cotto al dente può infatti impiegare anche solo 5-6 minuti, che è il tempo di cottura giusto per mantenere basso l’indice glicemico, il che per l’organismo è ampiamente preferibile in quanto determina un minor rilascio di insulina (aumentando di conseguenza il senso di sazietà), promuove l’ossidazione dei grassi e riduce la lipolisi. “Un altro segreto – prosegue l’esperta – è consumare gli spaghetti freddi. Lasciarli riposare qualche ora in frigo è una buona strategia per controllarne l’impatto glicemico, in quanto si favorisce il fenomeno di retrogradazione dell’amido che, tornando in parte alla sua forma cristallina, è meno digeribile. Questo concetto vale anche per il pane, che se raffermo o tostato ha un indice glicemico più basso rispetto a quando è fresco”. Ecco perché, tra l’altro, anche congelarlo per poi farlo scongelare a temperatura ambiente o riscaldarlo può essere una buona idea, questo perché un amido retrogradato perde una parte del suo potere di gelatinizzazione e diventa termoresistente.
Va anche detto però che la pasta, di suo, non ha un indice glicemico particolarmente alto. E’ inferiore ad esempio a quello del pane (anche integrale) e soprattutto delle patate, il cui consumo deve essere limitato ad una volta a settimana e anche in questo caso consumandole fredde, meglio se con la buccia e condite con dell’aceto. “Meglio orientare poi la scelta su quelle novelle e quelle dolci e verso una cottura al vapore”, precisa Gemelli. Ma torniamo alla pasta: se l’indice glicemico è relativamente basso rispetto ad altri carboidrati, perché preoccuparsene? Perché è più opportuno far riferimento al carico glicemico, un parametro che tiene conto sia dell’indice glicemico che della quantità di carboidrati presenti per porzione. “Questo parametro dimostra ad esempio che anche zucca o carote cotte nonostante il loro indice glicemico alto possano in realtà far parte della nostra alimentazione in quanto, essendo povere di carboidrati, non incidono in modo significativo sulla glicemia”, spiega la dottoressa.
La pasta invece, come noto, è ricca di carboidrati. Ecco perché contenere l’indice glicemico è decisivo in una dieta, anche solo per diminuire il senso di fame. In questo aiutano, come detto, la pasta lunga e prodotta con farina integrale, che lo abbassa in quanto ricca di fibre e proteine. Ma ci sono anche altri fattori da considerare, per mangiare la pasta “perfetta”: ad esempio il cereale utilizzato (riso e mais ad esempio hanno un indice glicemico più alto rispetto al frumento) e il tipo di produzione. Gli alimenti molto manipolati come quelli industriali sono infatti caratterizzati da indice glicemico elevato ed alta densità calorica. L’ideale è dunque farsi la pasta in casa, con cereali integrali e meglio ancora se in chicco. Per dare un parametro: le patate al forno o il pane bianco hanno un indice glicemico più che doppio rispetto alla pasta integrale o di grano saraceno. Quello della birra, l’alimento con IG più alto in assoluto, è quasi triplo.
La questione non è secondaria dal punto di vista della salute: da uno studio recente è emersa una moderata associazione positiva tra alimenti ad alto IG e cancro al colon-retto, vescica e rene e una possibile associazione anche con il cancro all’endometrio. Tuttavia, l’attenzione va ovviamente posta sull’intera composizione del pasto: “Seguire un’alimentazione varia – conclude Gemelli – che prediliga prodotti poco raffinati e includa sempre una quota adeguata di frutta, verdura, legumi e cereali integrali è sicuramente la scelta migliore per favorire la perdita e il controllo del peso e preservare la salute. Da privilegiare poi gli abbinamenti strategici, come quello di pasta con legumi, verdure, proteine magre e grassi buoni, che rallentando lo svuotamento gastrico rallentano anche l’assorbimento degli zuccheri. In questo modo si riesce a limitare l’introito di carboidrati e quindi il carico glicemico del pasto e questo ci per permetterà di sentirci più sazi per tempi più lunghi e di ridurre l’assunzione giornaliera di cibo”.