L’atto di nascita è il 1874, a Parigi. Un gruppo di giovani artisti dopo aver provocato scandalo per le loro audaci idee innovative ed essersi visti sbarrare le porte del Salon, un’esposizione biennale di arte che si teneva al Louvre di Parigi, considerato l’unico modo per farsi conoscere, decisero di unire le forze e organizzarsi in una mostra indipendente nello studio del fotografo Nadar. Il termine “impressionismo” che diede nome alla corrente scaturì da un’espressione spregiativa della loro filosofia artistica da parte di un affermato critico d’arte che scrisse che le loro opere e la loro tecnica di pittura esprimevano un senso di incompiutezza ovvero potevano essere considerate al massimo un’”impressione” artistica. Disapprovazioni del pubblico borghese e mondo accademico, giudizi spietati dei critici, scontri furiosi con la stampa, non riuscirono a soffocare la voglia di nuovo del gruppo di artisti che, al contrario, proprio dalle reazioni che avevano incontrato al loro apparire trovarono linfa per portare avanti la loro rivoluzione.
Il progetto di una mostra collettiva si concretizzò dopo che Ernest Hoschedé aveva venduto con successo diversi dipinti del gruppo di Batignolles
La mostra venne organizzata in particolare dall’effimera Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs et graveurs (“Società di pittori, scultori e incisori”), nello studio del fotografo Nadar, prestigiosa location sul Boulevard des Capucines, a Parigi. L’iniziativa si proponeva di presentare gli artisti moderni in senso lato. Ma la scelta, a testimonianza dell’effervescenza del gruppo, non fu unanime: Degas voleva proporre la partecipazione di artisti di ogni parte, mentre Monet voleva rifiutare coloro che avevano fatto concessioni pur di esporre al Salon ufficiale. Alla fine, emerse un compromesso e si arrivò ad esporre 175 opere di 30 pittori, più o meno d’avanguardia per la maggior parte di loro fu l’unica mostra cosiddetta “impressionista” a cui parteciparono.
Tra gli artisti che esposero coloro che destarono maggior attenzione nella critica furono Degas, Renoir e Monet
Il dipinto “Impressione, levar del sole” realizzato proprio da Monet, darà il nome al nuovo stile grazie alla penna satirica di Louis Leroy, giornalista de Le Charivari. La mostra pur essendo stata un fallimento commerciale che portò allo scioglimento della Société Anonyme des Artistes Peintres, attirò circa 3500 visitatori e diede fiducia agli impressionisti nei meriti del loro movimento. Dopo le reazioni contrastanti alla prima mostra (il Nudo al sole di Renoir venne giudicato come la rappresentazione della “putrefazione di un cadavere” con “toni violacei della carne rancida”) la vendita organizzata il successivo 24 marzo 1875 all’Hôtel Drouot fu desolante: vi fu una sommossa e solo la metà delle opere fu venduta. A causa della recessione economica, Durand-Ruel, tornato a Parigi, decise di non sostenere più attivamente gli artisti e non riprese i suoi acquisti fino al 1881, tuttavia, l’arte moderna iniziò ad interessare i collezionisti che si fecero avanti; tra questi Victor Chocquet, amico di Renoir e Cézanne, che iniziò a costruire un’importante collezione da questa data, il baritono Jean-Baptiste Faure, nonché Georges Charpentier, grazie al quale avranno luogo diverse mostre personali (Renoir nel 1879, Manet e Monet nel 1880, Sisley in 1881). Anche sua moglie, dipinta da Renoir due volte, sostenne il gruppo degli impressionisti e li invitò alle sue serate mondane, dove ebbero l’opportunità di incontrare Léon Gambetta, Gustave Flaubert, Joris-Karl Huysmans, i fratelli Jules e Edmond de Goncourt, Alphonse Daudet o Jules Ferry. Se il 1874 data la nascita della corrente le premesse partono dal 1859 con l’arrivo a Parigi di Claude Monet e il ritorno di Edgar Degas, le prime proposte accettate di Pissarro al Salon, e quelle rifiutate di Manet, Henri Fantin-Latour e James Whistler. Gustave Courbet, influente maestro dei realisti e appassionato di pittura all’aria aperta, non vi espose. In generale, il Salon del 1859 aveva segnato il declino della pittura storica, sostituita dal paesaggio e dalla scena di genere.
A 150 anni dalla data storica Roma celebra una mostra
Una data che portò una corrente d’aria fresca nel mondo artistico dell’epoca Roma celebra l’avventura dell’Impressionismo con una grande mostra affidata a Vincenzo Sanfo in collaborazione con Vittorio Sgarbi, Gilles Chazal, ex Direttore Musée du Petit Palais, Membre école du Louvre e Maithe Valles-Bled, ex Direttrice Musée de Chartres e Musee Paul Valéry, che si terrà dal 30 marzo al 28 luglio al Museo storico della fanteria di Piazza Santa Croce in Gerusalemme, dall’eloquente titolo: ‘Impressionisti. L’alba della modernità’.
La mostra propone un nucleo di circa 200 opere, che documentano con dipinti, disegni, acquerelli, sculture, ceramiche e incisioni, gli artisti che parteciparono alle otto mostre ufficiali “impressioniste” con una particolare attenzione a tutte le tecniche da loro sperimentate e utilizzate. Non si tratta solo di una teoria di dipinti allineati uno accanto all’altro, bensì un insieme organico di opere che intende documentare l’irrompere della rivoluzione impressionista a Parigi, indagando un arco temporale che va dal 1850 al 1915. Il progetto espositivo evidenzia gli importanti cambiamenti della società dell’epoca con l’avvento della grande industrializzazione, la nascita della fotografia, del cinema, dell’elettricità, del telefono e dei primi voli aerei, il tutto esaltato e proposto nelle celebri esposizioni internazionali parigine. Novità, che hanno ovviamente contribuito a cambiare la società e di conseguenza, anche il mondo dell’arte. Al corposo nucleo di opere, si accompagnano materiali documentali, lettere, fotografie, libri, abiti e oggetti che offrono uno spaccato della società nata e affermatasi durante movimento impressionista. Il percorso espositivo, oltre ai maestri di loro riferimento quali David, Guericault, Courbet si sviluppa a partire dagli artisti aderenti al movimento dell’Ecole de Barbizon che furono i germi ispiratori dei giovani Impressionisti, per passare poi ai partecipanti alle otto mostre ufficiali impressioniste a partire da quella storica del 1874 realizzata nello studio del fotografo Nadar che rappresentò l’ingresso ufficiale del movimento nel mondo dell’arte. Trovano quindi posto nella mostra, le opere dei grandi protagonisti: Monet, Degas, Manet, Renoir, Cezanne, Gauguin, Pissarro e altri, accanto ai grandi comprimari come Bracquemond, Guillaumin, Forain, Desboutin, Lepic e tutti gli altri artisti che con loro hanno condiviso l’avventura di un nuovo modo di fare arte.
La mostra, forse la più grande e completa sull’Impressionismo mai apparsa in Italia
La più grande per quantità di opere e per artisti presenti, consente di entrare nel cuore di un movimento che ha scardinato le convenzioni artistiche e sociali del mondo a venire. I prestiti, provenienti da collezioni private, mettono in luce un substrato tutt’altro che popolare, di preziosi manufatti che non vengono quasi mai donati al pubblico.La presenza di alcune figure del post-Impressionismo documenta inoltre l’influenza che il movimento ha avuto nel mondo artistico di fine Ottocento, rimarcata dalle presenze di artisti come Toulouse Lautrec, Permeke, Derain, Dufy e Vlaminck tra gli altri.
COMITATO SCIENTIFICO:
– Gilles Chazal: ex Direttore Musée du Petit Palais, Membre école du Louvre
– Vittorio Sgarbi: Storico dell’Arte, Direttore Mart di Rovereto
– Vincenzo Sanfo: Curatore mostre internazionali, esperto di Impressionismo
– Maithe Valles-Bled: ex Direttrice Musée de Chartres e Musee Paul Valéry