La guerra della Mozzarella di Gioia del Colle DOP, è giunta al termine. L’atteso riconoscimento, scaduto il tempo previsto per l’opposizione da parte di terzi, e dopo il voto favorevole a maggioranza dei paesi membri della UE, arriva in questi giorni con la registrazione ufficiale in sede europea. Ci sono voluti 9 anni di battaglie per il riconoscimento del nuovo marchio DOP dopo il ricorso al Tar del Consorzio della mozzarella di Bufala campana – e si può comprendere -, l’opposizione dei produttori bavaresi, che si appellavano alla confusione che la nuova Dop avrebbe generato con prodotti similari considerato che anche da loro si produce già un formaggio che viene chiamato mozzarella – e si comprende meno – e perfino quella veramente incomprensibile dell’associazione imprenditoriale americana Colonel’s Foods. La Mozzarella di Gioia del Colle arricchisce così il ricco paniere dei prodotti DOP italiani che conferiscono al nostro Paese un primato mondiale: sono infatti 656 i prodotti Food a Denominazione di Origine Protetta (DOP), 780 i Prodotti a Indicazione Geografica Protetta (IGP) e 64 le Specialità Tradizionali Garantite (STG).
Ma facciamo un passo indietro. La richiesta pugliese è stata formalizzata ad agosto 2017. Solo due anni più tardi, dopo aver vinto la battaglia avviata dal consorzio di mozzarella di bufala campana con un ricorso al Tar, il ministero delle Politiche agricole trasmise la domanda all’Unione europea, che venne pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea il 21 ottobre 2019.
La battaglia sembrava apparentemente finita. Tuttavia, c’era da attendere il periodo dei 90 giorni per eventuali ricorsi da parte di uno degli Stati membri. A quel punto subentrarono i bavaresi: 3 importanti consorzi lattiero-caseari, tra cui Bayernland fecero opposizione.
Per i tedeschi, che possiedono importanti quote di mercato della mozzarella in Europa, il termine mozzarella era generico, già impiegato in altre 2 denominazioni d’origine tutelate: la Bufala campana Dop e la Mozzarella Stg. Per questo motivo non poteva essere utilizzato in un’altra denominazione, avrebbe generato confusione per il consumatore.
A quel punto, la Commissione europea chiese al consorzio pugliese dei chiarimenti. Michele Faccia, referente scientifico dell’iter del disciplinare e docente di Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Bari, sottolineò come un terzo marchio non avrebbe leso gli interessi economici visto che la mozzarella generica non era stata pregiudicata dal mercato con i primi due. Ma la risposta faticava ad arrivare.
In realtà, i due prodotti sono differenti. Proprio per l’origine del latte, uno di vaccino l’altro di bufala. In più, nel disciplinare di produzione sono evidenti i vincoli qualitativi per la produzione della mozzarella pugliese.
Nella produzione della Gioia del Colle si utilizza latte fresco intero bovino, non addizionato da alcun conservante, ma solo attraverso l’innesto di sieri artigianali autoctoni. Inoltre, gli animali devono essere mantenuti al pascolo obbligatorio per 150 giorni all’anno e nutriti con una dieta specifica, così da avere un latte ricco di elementi vegetali, grassi insaturi, vitamine e soprattutto di gusto.
A differenza di quella campana, la Mozzarella di Gioia del Colle ha una consistenza più compatta ed elastica, con un peso che varia dai 50 grammi al chilo, a seconda della forma: a treccia, a nodino o la classica sfera. Tutte previste dal disciplinare di produzione.
Il colore va dall’avorio a qualche velatura di colore paglierino, che può variare in base al periodo dell’anno. La pelle è molto sottile, contrariamente a quella di bufala, perché il latte è vaccino e la salatura non avviene secondo la tradizione campana (immersa nella salamoia), ma prima della filatura (eseguita in acqua bollente e successivamente in acqua fredda per ottenere il rassodamento).
Inoltre, presenta una leggera fuoriuscita di siero di colore bianco, indice di freschezza e qualità. Anche il gusto è diverso: dolce e acidulo, con note di latte fresco, burro e vegetali da campo con un finale di lieviti fermentati, più evidenti nella mozzarella appena prodotta.
Un prodotto dalla grande versatilità in cucina. La Mozzarella di Gioia del Colle DOP è ottima al naturale, in una caprese o in insalata con verdure crude o cotte. Dall’antipasto a condimento per primi piatti, freddi o caldi, o per arricchire la pizza, la Mozzarella di Gioia del Colle si presta perfettamente per qualsiasi preparazione: per piatti più elaborati, ma anche per un panino da consumare al parco.
Il territorio della DOP comprende 16 comuni della provincia di Bari, 6 di Taranto una porzione del territorio di Matera. Al Consorzio aderiscono circa l’80% dei produttori dei territori che andranno a trasformare 2,06 milioni di quintali di latte all’anno. Con 15,8 milioni di kg di mozzarelle prodotte, da parte di 22 aziende casearie. Tutt’altra storia per il Consorzio campano, ancora indebolito dagli effetti della pandemia.
Un risultato che i pugliesi rincorrono da 10 anni: la conquista della DOP per la Mozzarella di Gioia del Colle “è garanzia di qualità, tracciabilità e riconoscibilità del prodotto e anche di rispetto e tutela del consumatore”, ha dichiarato Giuseppe Genco, consigliere del comitato promotore Gal Terra dei Trulli e di Barsento.
La storia.
In un articolo apparso anni fa sul Corriere del Mezzogiorno Gianni Spinelli ripercorse la storia di questo formaggio rifacendosi alle ricerche di Rocco Fasano, classe ’28, laurea in Lettere moderne, iscritto all’albo degli psicologi, docente, direttore didattico, diverse pubblicazioni, uomo di grande cultura.
Verso il 1955, alla periferia dell’abitato – si legge – c’erano una quindicina di botteghe-latterie, sistemate nei sottani. Gli uomini lavoravano giorno e notte per produrre latticini e gettavano acqua e siero sulle strade e sui campi. Ovviamente, per chi arrivava in paese, l’impatto non era gradevole per via di esalazioni acide. Ma i latticini erano già una fortuna, arrivata per intuizione. Agli inizi del Novecento – scrive Rocco Fasano – addirittura si era mosso un medico, figlio di «massari», avvezzo a viaggiare per studi e interessi vari. In una delle sue escursioni, si «tirò dietro» due nipoti. Partirono in treno per le Alpi della Svizzera, alla ricerca della vacca giusta.
E scoprirono la «brunalpina», una mucca di colore grigio che produceva molto più latte rispetto alle vacche locali anche con pascoli magri. Fu così che la «brunalpina» e la «frisona» sostituirono la tradizionale vacca «podolica», pigra e mangiona, che era di casa nelle campagne della zona. Fu Clemente Milano a creare la prima latteria del paese. Nacquero i «mozzarellari».
Clemente Milano – prosegue ancora l’articolo – ebbe molti seguaci, tutti con il proposito di mettere sul mercato latticini pronti per la vendita giornaliera. Nelle masserie si continuarono a fare formaggi e caciocavalli dal latte delle mucche podoliche, ma la mozzarella divenne la nuova regina. E alcuni caseari divennero ricchi, meritandosi il nomignolo di «Signor Mezzomilione». Il resto è storia dei nostri giorni, la fama della Mozzarella di Gioia del colle varcò non solo le Murge, ma tutta Italia e anche i confini nazionali e le richieste arrivarono anche dall’estero.