Autunno, andiamo. È tempo di manovra di bilancio.
Il governo ha presentato due lunedì fa la Nota di aggiornamento delle previsioni e degli obiettivi. Lunedì prossimo è atteso varare il documento con i contenuti della manovra 2020 da inviare alla Commissione europea per la “bollinatura” di Bruxelles.
Nelle linee principali questi contenuti sono stati già enunciati nella stessa Nota di aggiornamento: un deficit al 2,2%, con interventi per complessivi 29 miliardi, di cui 23 destinati a disattivare le clausole di salvaguardia e l’aumento dell’Iva e 6 per coprire spese indifferibili e interventi vari. Il principale è il taglio al cuneo fiscale per 2,7 miliardi, da aumentare negli anni successivi.
Qual è la posizione delle parti sociali, cioè dei corpi intermedi dello Stato? La domanda è importante particolarmente dopo il cambio di maggioranza, che nella sua composizione risulta più aperta al dialogo e alla proposta rispetto alla precedente.
La posizione dei tre grandi sindacati Confederali è classica: bene il metodo, ora il merito. Sono molto soddisfatti del confronto che è iniziato con l’incontro con il Premier Conte. Nel merito ritengono che la manovra dovrebbe essere più coraggiosa, in particolare nel rinnovo dei contratti pubblici e nel cuneo fiscale. Poi lo sblocco delle infrastrutture, la difesa di «quota 100».
Le risorse? Dall’evasione fiscale. E non si può non essere d’accordo. Mario Draghi, quando era Governatore della Banca d’Italia, accusò l’evasione di essere all’origine della macelleria sociale. Papa Francesco ha affermato che «nega il principio basilare della vita: il reciproco soccorso».
E gli imprenditori? La posizione di Confindustria non è ancora ben definita. Ma da analisi e discorsi emerge un filo rosso non proprio scontato, e anche però una non piccola divergenza di giudizi.
Il filo rosso è che occorre alleggerire il cuneo fiscale sì, ma solo dal lato dei lavoratori. Ossia, non per ridurre, come ci si aspetterebbe, il costo del lavoro, aumentando competitività e occupazione. E la dinamica del CLUP in questo ultimo periodo dice che ce ne sarebbe pure bisogno.
Questa posizione è emersa sia dalle analisi condotte dal Centro studi Confindustria che, pur derubricando le proposte a «elementi utili ad alimentare il dibattito», afferma che sarebbe opportuno «un accorpamento delle aliquote IRPEF sui primi scaglioni, con conseguente rafforzamento dei redditi medi», costo 8 miliardi, e «un intervento mirato sui redditi da lavoro dipendente per aumentare il netto in busta paga anche ai lavoratori con redditi tanto bassi da non pagare tasse», costo 2 miliardi. In questo modo si darebbe impulso ai consumi e si aumenterebbe l’incentivo a lavorare (ma non ci sono abbastanza persone già incentivate dalla mancanza di un impiego?). Totale: 10 miliardi. Coperture? Sempre per il dibattito, si avanzano le ipotesi di rimodulazione dell’IVA, contrasto dell’evasione, aumento della tassazione sui rendimenti dei titoli di Stato.
Con toni molto diversi, lo stesso filo c’è nel discorso di Carlo Bonomi all’ultima assemblea di Assolombarda. Il cuneo va ridotto in modo più deciso, sempre a totale beneficio dei lavoratori. Bonomi, che guida la più grande territoriale dell’aquilotto ed è anche presidente del Gruppo tecnico per il fisco di Viale dell’Astronomia (quindi sa molto bene di cosa parla), non articola la proposta perché i dettagli tecnici non si addicono a un intervento pubblico che riesce efficace se sa emozionare. Parla, però, di un intervento da 13-14 miliardi, da finanziare con il bonus di 80 euro e con la cancellazione di quota 100 e della parte dei fondi del reddito di cittadinanza che rendono quest’ultimo più una politica del lavoro che un sostegno alle famiglie in povertà.
Bonomi non considera gli incapienti, ma chiama gli imprenditori a dar prova di saper aumentare la coesione sociale investendo di più nei giovani, con maggiori retribuzioni, e nelle donne, con estensione della maternità da 5 a 8 mesi, «come già facciamo in Assolombarda con i nostri dipendenti». E nel discorso di Bonomi ci sono altri richiami alla solidarietà, tipica della tradizione meneghina (la Credenza di Sant’Ambrogio risale al 1198).
Dunque, il filo rosso è quello del sostegno dei redditi dei lavoratori. E di una società più solidale. Nel segno della lotta al sovranismo, che danneggia l’economia di mercato. Che il filo rosso dovesse essere questo era chiaro già dal 2016.
E la divergenza nei giudizi? A Viale dell’Astronomia sono allineati sull’impostazione del Governo: la manovra «non può che essere cauta, perché deve dare fiducia», dice il Direttore generale, sebbene «si profili restrittiva». Il fatto che sia restrittiva è, però, una valutazione sbagliata, visto che tutti gli indicatori la indicano come moderatamente espansiva o al più neutra.
Il Presidente di Assolombarda, invece, non la manda a dire: la manovra è timida, non rappresenta una svolta, non stupisce. Difficile pensare che questa differenza di vedute sia casuale od occasionale.