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La maggioranza degli italiani boccia la tutela del risparmio

Secondo due italiani su tre (il 66%), le regole e i controlli che tutelano il risparmio non sono efficaci e in prospettiva la situazione è destinata a peggiorare. È quanto emerge della ricerca Acri/Ipsos realizzata in occasione della Giornata mondiale del Risparmio.

Rispetto al 2016, anno su cui ha influito la risoluzione delle quattro banche avvenuta a novembre del 2015, si riduce la percentuale dei pessimisti e cresce quella dei soddisfatti dalle regole e dai controlli attuali, passata dal 26 al 34%. Tuttavia, rispetto allo scorso anno peggiora la percezione nei detentori di azioni (54% contro 50%) mentre diventa maggioritaria la percezione di una tutela efficace per i fondi comuni.

Si riduce ma resta maggioritaria la quota degli italiani pessimisti sulla tutela del risparmio nei prossimi 5 anni (52% contro 67% nel 2016) ma questo non avviene a scapito degli ottimisti che mantengono la stessa quota percentuale da un anno all’altro (19%).

PER GLI ITALIANI CRISI ANCORA GRAVE, 4 ANNI PER USCIRNE

Dall’indagine emerge anche che per gli italiani la crisi economica è ancora grave e la prospettiva è di uscirne definitivamente solo tra 4 anni. Gli autori della ricerca ritengono che la percezione della crisi si stia attenuando e che la controprova ne sia una maggiore propensione al consumo rilevata quest’anno, anche a scapito del risparmio.

Rimangono però forti differenze, soprattutto territoriali: mentre nel Nord Ovest si registrano i principali segni di un ritorno di fiducia, nel Sud sono quasi del tutto assenti. Cambia, invece, la percezione del ruolo dell’Europa: gli italiani del campione Ipsos, pur criticando l’eccesso di regole di Bruxelles, riescono a comprendere, più che nel recente passato, la positività del quadro generale.

RISPARMIO E INVESTIMENTI: ITALIANI IN ORDINE SPARSO, IL MATTONE NON TIRA PIÙ

Quanto al rapporto fra risparmio e investimenti, per gli italiani non esiste più l’investimento ideale e il mattone pur in risalita, non ha più l’appeal degli anni prima della crisi. Dalle risposte al sondaggio emergono tre gruppi quasi omogenei. Un 33% che ritiene che proprio non ci sia un investimento ideale, un 31% che indica gli immobili e un 29% che predilige gli investimenti finanziari reputati più sicuri. Dalle risposte sull’immobiliare, tuttavia, si regista una crescita per il terzo anno di fila, al 31%. Percentuale comunque molto lontana dal picco del 2006 quando sette italiani su dieci indicavano il mattone come investimento ideale.

La ricerca Acri/Ipsos osserva poi come il numero di italiani propensi al risparmio rimane estremamente elevato: sono l’86% (nel 2016 l’88%). C’è tuttavia dalle risposte la constatazione di una riduzione dell’ansia di risparmiare rispetto all’inizio della crisi. L’espressione “Non vivo tranquillo se non risparmio” nel 2014 la sottoscrivevano il 46% degli italiani, l’anno dopo il 42% ed oggi solo il 37%, stessa percentuale del 2016.

Prevalgono coloro che ritengono sia bene fare dei risparmi senza troppe rinunce: (49%, -2 punti percentuali rispetto al 2016). Dopo quattro anni consecutivi di crescita, diminuisce la quota di italiani che affermano di essere riusciti a risparmiare negli ultimi dodici mesi: passano dal 40% del 2016 al 37% attuale, e aumentano coloro che consumano tutto il reddito (41%, erano il 34% nel 2016).

GUZZETTI: GLI ITALIANI ESCONO DA SITUAZIONE PSICOLOGICA NEGATIVA, ORA FOCUS SU GIOVANI E SUD

Secondo il presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, gli italiani “stanno uscendo da una situazione psicologica negativa” legata alla lunga crisi globale: le risposte del campione di italiani interpellato dall’Ipsos a fine settembre sono meno cupe di quelle del 2016 e ci sono primi segnali di recupero della fiducia. Guzzetti ne individua uno in particolare: “Non c’è più l’ansia di risparmiare dato che aumentano i consumi”.

A questo punto, le ricette di politica economica “devono porre al centro il Sud e i giovani in particolare visti i tassi di disoccupazione al 60% – ha continuato Gussetti – Se non si affronta la questione in modo radicale il Paese non ha molto futuro”.

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