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La Lombardia tiene: solo 2 imprese su 100 hanno chiuso

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L’impatto della crisi da Covid, almeno fino a metà settembre, è stato abbastanza contenuto per le imprese della Lombardia. In attesa di capire quanti danni faranno la seconda ondata e le nuove misure restrittive, Assolombarda ha condotto un sondaggio su oltre mille imprese del cuore pulsante della locomotiva d’Italia, ovvero delle provincie di Milano, Monza Brianza, Lodi e Pavia. Ne è venuto fuori che in queste aree, dove si produce buona parte del pil regionale (che a sua volta corrisponde a un quinto di quello nazionale), fino all’11 settembre nove imprese su dieci sono rimaste regolarmente aperte. Un altro 8% ha chiuso parzialmente, e solo il 2% è stata costretta ad abbassare le saracinesche (per ora) definitivamente.

Addirittura, nei due mesi tra metà luglio e metà settembre alcune imprese hanno riaperto, dopo aver chiuso durante il lockdown. Infatti il dato relativo al 15 luglio rilevava l’85% di aziende rimaste completamente aperte. La ripresa del manifatturiero in Italia, considera Assolombarda, “è rapida e sopra le attese. La produzione industriale ad agosto è sopra i livelli pre-pandemia solo in Italia, mentre in Germania è ancora sotto del -11,2% e in Francia del -5,4%. Tuttavia, considerando nel complesso i primi otto mesi del 2020, la perdita di produzione industriale in Italia è del -15,4% rispetto al 2019; il recupero si prospetta dunque lungo”.

In questo quadro, in Lombardia, a settembre e nel primo parziale di ottobre la ripartenza dell’economia continua ad essere vivace. Alcuni sparsi lo confermano: Assolombarda cita i consumi elettrici, che in Lombardia a settembre sono solo del -3,6% inferiori ai valori di un anno fa, così come il traffico dei veicoli pesanti sulle tangenziali milanesi è solo del -2% nella prima metà di ottobre. Tuttavia il traffico dei veicoli leggeri sulle tangenziali (-14% nelle media delle prime due settimane di ottobre) e la mobilità delle persone per motivi di lavoro (-22% in Lombardia al 15 di ottobre), ancora molto al di sotto del pre-Covid per effetto anche dell’intenso ricorso allo smart working da parte delle imprese del territorio.

Per quanto riguarda proprio lo smart working, il focus sulle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, Paviam rivela che prima del lockdown della scorsa primavera solo il 28% delle imprese utilizzavano il lavoro agile: il 93% lo ha fatto durante, il 72% lo sta facendo adesso, e secondo Assolombarda il 59% continuerà a farlo anche in futuro, a pandemia finita. Più bassa però è la quota di dipendenti in smart working: prima del Covid erano il 22%, oggi sono il 42%, di cui però solo una parte (il 12% del totale) che lavora esclusivamente da remoto. La maggior parte (il 33% del totale) lavora prevalentemente da remoto, e c’è anche un 13% che lavora prevalentemente in presenza. La maggioranza dei lavoratori complessivi, il 58%, non lavora in smart working, anche se il documento è aggiornato a prima delle nuove misure del Dpcm del 25 ottobre.

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Categories: Economia e Imprese