Ma come ha fatto Max Allegri a pensare che, senza una preparazione fisico-atletica adeguata, la Juve potesse affrontare con il solito modulo superoffensivo una Lazio che si è allenata scrupolosamente dai primi di luglio e che in tutto il pre-campionato aveva dimostrato di stare benissimo?
Sarebbe ingeneroso e ingiusto dimenticare quanto di buono Allegri ha fatto in tre anni di Juve, ma se errare è umano, perseverare è diabolico e la replica della debacle di Cardiff merita qualche riflessione in casa bianconera e meriterebbe l’autocritica del mister. Nella finale di Champions, perduta dalla Juve senza onore contro il glorioso Real Madrid, Allegri, che non manca di fantasia e di acume tattico, era completamente caduto nella trappola diabolica di quel grande ex che è Zinedine Zidane, che prima ha ingabbiato Dybala e poi ha mandato i blancos in pressing all’inizio della ripresa precipitando la Juve in uno stato confusionale senza precedenti.
Ma contro la Lazio Allegri, anzichè far tesoro della lezione di Cardiff, ha ripetuto errori imperdonabili per un allenatore del suo calibro.
Il primo è stato la presunzione di poter applicare un modulo terribilmente dispendioso come il 4-2-3-1, che funziona alla grande quando tutta la squadra è in piena forma ma non all’inizio della stagione. Gli altri sono venuti di conseguenza. Il più grave è stato quello di escludere Claudio Marchisiio, il bianconero più in forma in questo scorcio di stagione e l’unico in grado di dare idee, geometrie e personalità a un centrocampo anemico, sempre in difficoltà quando gli attaccanti non aiutano. Bisognava avere il coraggio di giocare con il 4-3-3 o di escludere Khedira, che ha tanti meriti ma che oggi non si regge in piedi per più di un tempo, come si era già visto contro il Totthenam.
Il terzo errore di Allegri, che si collega strettamente ai primi due, è quello che commise anche il grandissimo Marcello Lippi nel terrificante Mondiale del 2010: privilegiare la gratitudine verso i campioni del passato anzichè dare spazio a forze fresche. Alllegri ha preferito mettere in campo gloriose Cariatidi – da Barzagli a Chiellini e Benassia per non dire di Higuain e Mandzukic – che potranno, con la loro classe e la loro infinita esperienza, essere utilissimi e talvolta determinanti nel corso della stagione, ma che ora sono palemente in ritardo di condizione e rischiano una figuraccia dietro l’altra.
Non si poteva lanciare finalmente il giovane Rugani in difesa e non si potevano schierare Douglas Costa e Bernardeschi se non dal primo minuto almeno dall’inizio del secondo tempo? Lo spogliatoio, si sa, ha i suoi equilibri e ogni allenatore ha bisogno del consenso della truppa e soprattutto dei veterani ma con le sconfitte si fa presto a smarrirlo.
Tranne le ultime due finali, quella ben più importante della Champions di Cardiff e quella della Supercoppa italiana di Roma, nulla è perduto per la Juve, ma Allegri è troppo intelligente per non capire che deve correre ai ripari fin da sabato nel debutto in campionato contro il Cagliari e che la gratituine che la società e i fans gli debbono per i trionfi del passato non sono per sempre. Nel calcio, dove tutto cambia alla velocità del suono, non si può vivere solo di ricordi.