“L’Europa probabilmente è già in recessione”, sostiene Luca Paolini, strategist di Pictet. “Nessuno pensa a fare shopping – continua – con la guerra sulla porta di casa, per giunta con il rischio inflazione in crescita”. Nel giro di pochi giorni i destini dell’Europa si sono separati dal resto della finanza globale: le Borse Ue sono sotto del 20% dal 24 febbraio, quasi invariate le altre. Impressionante la forbice dei prezzi del gas naturale, 33 volte più alti in Europa che, per ora, rinuncia a seguire gli Usa nel probabile embargo del petrolio di Mosca.
Le Borse Ue costano il 25% meno di Wall Street
Rispetto ai big americani, le blue chip europee sono oggi a sconto di un buon 25%, come non capitava dalla crisi greca del 2011. “Ma probabilmente – chiude l’analista – questo non basterà ad invogliare gli acquisti”. Solo uno sbocco positivo nella guerra ucraina potrebbe cambiare il quadro. “Per ora non resta che aspettare”. Il parere dell’analista trova conferma nell’andamento dei mercati, peraltro deboli un po’ dappertutto, non solo nel Vecchio Continente, che oggi cerca una strategia comune su energia, difesa e sicurezza alimentare, i tre talloni d’Achille della Ue.
Dopo una seduta da brivido in Europa. Gli scarsi risultati del terzo round di negoziati tenutosi ieri deprimono stamattina le borse dell’Asia Pacifico. I passi in avanti del Congresso degli Stati Uniti sulla via dell’approvazione di una legge che vieti le importazioni di petrolio russo stanno riportando su il greggio.
Perdono colpi anche i bond di Pechino
Il Nikkei di Tokyo perde l’1,7%. CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzen -0,7%. Hong Seng di Hong Kong -0,2%. Kospi di Seul -0,8%. BSE Sensex di Mumbai -0,2%.
Bloomberg riporta che a febbraio c’è stata una vera e propria fuga dai titoli di stato della Cina da parte degli investitori esteri. I deflussi netti sono stati pari a 35 miliardi di yuan, circa 5,5 miliardi di dollari, livello record.
I future di Wall Street sono oggi in lieve calo. Ieri l’S&P500 ha chiuso in ribasso del 3%, peggior seduta dal 2020. Il Nasdaq-3,6% (sotto del 20,1% dai massimi) è ufficialmente entrato nel bear market.
Intel presenta l’Ipo di Mobileye. Euro ai minimi
Stasera Apple presenta il nuovo iPhone. Intel, intanto, ha presentato il file per l’Ipo della controllata israeliana Mobileye, leader dei sistemi dell’auto a guida autonoma. L’obiettivo è una valutazione di 50 miliardi di dollari.
Il Treasury Note a dieci anni tratta a 1,78%. Oro in lieve calo a 1.788 dollari l’oncia.
Euro poco mosso a 1,086, in prossimità dei minimi da maggio 2020: i mercati scommettono che a Bce, più per necessità che convinzione, confermerà la politica soft, anche a costo di correre rischi sul fronte dell’inflazione.
Borse alla merce’ del petrolio. Sale l’indice della paura
Fate largo alla geopolitica, cari analisti. Ormai i calcoli sui fondamentali, ma anche le valutazioni sui tassi di interesse e l’inflazione, sono sfuggite al controllo degli addetti ai lavori, compresi i banchieri centrali. Sotto i cieli della guerra, quel che conta è la capacità di adattarsi a condizioni estreme, all’insegna della massima volatilità. È la chiave di lettura di una giornata vissuta all’insegna del braccio di ferro sulle materie prime: apertura sul filo del terrore sull’onda della minaccia di sanzioni Usa sul petrolio russo; prezzi in ripresa dopo la frenata di Germania ed Olanda su quest’ipotesi; finale di nuovo in rosso dopo che un alto funzionario degli Stati Uniti ha detto a Reuters che nessuna decisione in merito “è stata presa”, ma “è probabile che coinvolga solo gli Stati Uniti se dovesse accadere”.
Il tutto nel bel mezzo di segnali di distensione (il prossimo incontro tra le delegazioni in terra turca) e diktat in arrivo da Putin. Il risultato, a parte le montagne russe sull’energia, è l’estrema volatilità: per il nono giorno consecutivo l’indice Vix della paura resta sopra i 30 punti assai di più media degli ultimi tre mesi (intorno ai 24 punti).
Il Btp meglio del Bund, spread a 159
Il secondario italiano regge l’onda d’urto meno peggio del Bund, bene rifugio per eccellenza, in calo nelle ultime battute.
Lo spread tra decennale italiano e tedesco arretra a 159 punti base (-1,9%), con un tasso del Bund di -0,01% e del Btp di +1,58%.
Moody affonda Mosca. Putin ci pagherà in rubli
Moody’s ha abbassato ulteriormente il rating sulla Russia a Ca. Una situazione paradossale visto che il debito pubblico di Mosca non supera il 20% del Pil ma il rischio default è cresciuto in maniera geometrica con la frana del rublo da 75 sul dollaro (prima della guerra) a 160.
Per contro, Mosca ha deciso di pagare in rubli i creditori di obbligazioni in valuta estera: una mossa che fa alzare il costo di protezione dal fallimento del debito. Rientrano nella categoria di chi verrà rimborsato in rubli i paesi come l’Italia, parte di una lista nera di nazioni ostili stilata da Putin.
Schizzano i Cds, Mosca verso il default
Ma non tutti i regolamenti dei bond in valuta estera offrono questa possibilità: per queste obbligazioni, in caso di pagamento in rubli, si potrebbe verificare un “trigger event”, cioè un evento che determina il default e che permette ai titolari dei Cds di farsi rimborsare dalla loro controparte. I Credit default swap (Cds) russi a 5 anni, i contratti che pagano in caso di insolvenza, sono balzati a un record di 2.619 punti base rispetto ai 1.725 punti di venerdì. Secondo Bloomberg, ciò corrisponde a una probabilità record dell’80% di insolvenza del Paese. Nonostante il decreto del governo, il colosso di Stato Gazprom ha rimborsato ai propri obbligazionisti 1,3 miliardi di dollari per i bond in scadenza ieri, con pagamento con in moneta americana (e non in rubli) tramite delle società veicolo in Europa.
Volatilità record: a Milano (-1,36%) una forbice di 1.100 punti
Piazza Affari tra alti e bassi chiude una delle sedute più complicate (-6% all’apertura ai minimi dal novembre 2020) con un ribasso dell’1,36% a 22.160 punti da un minimo di 21.060 punti. Soffre più di tutti Francoforte (-2,01%).
Ha ormai un valore storico il dato sugli ordini all’industria tedesca, rilevato a gennaio prima dell’aggressione russe all’Ucraina. Gli ordini per i beni industriali sono cresciuti dell’1,8% su base mensile in termini destagionalizzati, dopo un incremento rivisto del 3,0% a dicembre, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica.
Riparte la Germania, ma crolla la fiducia degli investitori
Il sentiment degli investitori nella zona euro è crollato a marzo, alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina e delle implicazioni che questa comporta per l’economia globale, secondo un sondaggio pubblicato oggi. L’indice Sentix per la zona euro è calato a -7,0 a marzo dal 16,6 registrato nel mese precedente, toccando il minimo da novembre 2020.
In rosso anche le altre piazze: Parigi -1,31%; Madrid -0,95%; Amsterdam -0,4%; Londra -0,44%.
Lvmh chiude Mosca, ma paga gli stipendi
Lvmh (-1,7%) e Kering (-3%) hanno deciso la chiusura “temporanea” dei punti vendita in Russia. Una scelta sofferta per Bernard Arnault che conta 124 negozi nel Paese. Il miliardario ha assicurato lo stipendio ai dipendenti.
Gas alle stelle, nuovo record a 345 euro
Al centro della seduta l’ascesa senza freni di gas e petrolio. Il gas ha aggiornato il suo massimo storico fino al nuovo record di 345 euro al Megawattora, per poi rallentare in area 280 euro ad Amsterdam.
Nella notte il Brent ha sfiorato quota 140 dollari al barile in Asia. il petrolio del mare del Nord sale del 4% a 123 dollari al barile; il greggio texano +2,17% a 118,2 dollari al barile.
Non si ferma neppure la marcia dell’oro, con il lingotto consegna immediata che tratta in area 1984 dollari l’oncia. I future viaggiano sopra quota 2 mila.
Petrolio e acciaio spingono Tenaris
I titoli energetici guidano la corsa approfittando dell’impennata delle materie prime. In testa c’è Tenaris (+13,3%), sostenuta sia dal rialzo del petrolio che dalla prospettiva di commesse per l’acciaio sul mercato europeo dopo l’uscita di scena della concorrenza russa.
Vola anche Eni (+4,29%). Chiude in rosso Saipem (-2,66%).
Corre la difesa: Leonardo e Fincantieri al top
Sugli scudi i titoli della Difesa. Leonardo (+6,3% a 8,034 euro) accelera insieme a Fincantieri (+7,67% a 0,5375 euro), in netta controtendenza a Piazza Affari, che ha vissuto un’altra giornata complicata per la guerra in Ucraina e le sue ripercussioni.
Equita sim, che sui due titoli ha rispettivamente un rating buy e un prezzo obiettivo a 8,8 euro e un giudizio hold con target price a 0,69 euro, sottolinea che “il Governo italiano sta valutando con la prossima legge di bilancio (ottobre 2022) un incremento graduale della spesa militare di circa 8/10 miliardi euro nei prossimi cinque anni”.
Bene anche Prysmian (+4,5%), in linea con i rivali francesi di Vallourec (+7%).
Tim recupera, poi precipita
Seduta sulle montagne russe per Telecom Italia che in mattinata recupera il 10% buona parte del terreno perduto nelle ultime due sedute della scorsa settimana (-30%). Poi, in chiusura cede il 5,45% ripiombando a 0,236 euro.
Banche: rimbalzo fallito, sotto tiro il gruppo Exor
Segna ancora rosso il settore bancario: Unicredit è la peggiore (-5,6%), seguita dalla coppia Bper (-5,17%) e Bpm (-4,61%). Intesa (-2,79%).
Al fondo del listino spiccano i gioielli di casa Exor: Stellantis perde il 6,4%, seguito da Ferrari (-5,68%). Iveco lascia sul terreno il 3,24% nonostante il memorandum di intesa con Hiunday per lo sviluppo delle tecnologie.
Riparte Gas Plus (+19,24%), il miglior titolo dell’indice milanese.
Iervolino compra l’Espresso. Repubblica in sciopero
Colpo grosso nell’editoria. Danilo Iervolino, 44 anni, neopresidente della Salernitana, già alla testa dell’università online Pegaso ceduta al fondo Cvc, dopo l’acquisto di Blue Financial Corporation (editore della versione italiana di Forbes) ha annunciato l’acquisto dell’Espresso. A vendere il settimanale è il gruppo Gedi, controllato da Exor. L’operazione, si legge in una nota, sarà condotta dalla neocostituita società L’Espresso Media, partecipata al 51% da BFC Media Spa +1,43% all’Egm ed al 49% da Idi srl a socio unico, ovvero il veicolo di Danilo Iervolino. L’operazione si presenta come un’alleanza più che una semplice cessione.
“L’accordo prevede varie forme di collaborazione – spiega infatti la nota sull’operazione – tra cui la prosecuzione dell’abbinamento del settimanale L’Espresso all’edizione domenicale del quotidiano La Repubblica, la promozione congiunta delle iniziative editoriali, dei servizi di distribuzione nelle edicole e di gestione degli abbonamenti”. La novità ha provocato le dimissioni del direttore Marco Damilao (sostituito da Lirio Abbate) e allo sciopero dei giornalisti. Anche Repubblica oggi è in sciopero.