La discesa del petrolio non si ferma. Il greggio chiude la settimana in Asia a prezzi che non si vedevano dal 2009: il Brent cade sotto i 63 dollari, il crude oil sotto i 60. Il barile ha perso quasi il 9% questa settimana, circa il 45% da giugno, quando il prezzo del barile si muoveva attorno a 107 dollari.
La debolezza del settore oil sarà al centro della prossima riunione della Fed: il calo dell’inflazione può allontanare l’aumento dei tassi Usa. Ma, a giudicare dai risultati dell’asta Tltro di ieri, non è sufficiente la risvegliare l’economia europea.
Il bollettino dei mercati segnala: Tokyo si avvia ad una chiusura prudente con rialzi inferiori al punto percentuale, grazie al recupero del dollaro. Nella settimana il Nikkei ha perduto il 3% circa. Domenica 14 si terranno le elezioni anticipate. Modesti i movimenti anche a Hong Kong e Shanghai in attesa dei dati sui consumi.
La ripresa delle vendite al dettaglio (+4,4% a novembre, nonostante la delusione del Black Friday) ha invece riportato il buonumore a Wall Street: l’indice Dow Jones è avanzato dello 0,36%, l’S&P 500 circa dello 0,6% e il Nasdaq dello 0,52%.
Assai meno brillante l’umore degli operatori nel Vecchio Continente. Dopo tre sedute consecutive di ribasso, le Borse europee hanno mancato l’appuntamento con il rimbalzo. Ha chiuso in parità la Borsa di Parigi, mentre Londra ha segnato un calo dello 0,3%. Salgono solo Francoforte +0,6% e Madrid +0,24%. Vicina alla parità anche Piazza Affari: indice Ftse Mib -0,09% a quota 19.201.
In serata l’euro perde terreno nei confronti del dollaro che sale a 1,239, da 1,244 della chiusura precedente. Non è riuscito il recupero dei titoli petroliferi (Stoxx del settore -0,3%). Eni è scesa dello 0,6%, da segnalare la promozione di Bank of America a Buy (target price a 19 euro). Saipem è salita dello 0,3%. Hsbc ha tagliato le stime della società fino al 2017e il target price da 14 a 10 euro. Nell’ultimo mese il titolo ha perduo il 32%.
ATENE E’ GIA’ IN DEFAULT
Pesa sul Vecchio Continente l’ipoteca della crisi greca. La Borsa di Atene è caduta in ribasso del 7%: nelle ultime tre sedute è crollata del 20%. Il titolo di Stato decennale greco ha visto il rendimento salire al 9% dall’8,5%. Intanto il rendimento del titolo triennale ha superato la barriera del 10%. Un pessimo segnale: quando i rendimenti dei titoli a breve superano quelli delle obbligazioni a medio termine, vuol dire che i mercati cominciano a valutare la concreta possibilità di un default.
Il premier Antonis Samaras ha dichiarato in Parlamento che, se entro la fine dell’anno il candidato del governo non sarà eletto alla Presidenza della Repubblica, il Paese andrà alle elezioni anticipate in un clima di pesantissima incertezza, con il forte rischio che a vincere le elezioni sia la sinistra di Syriza decisa a rimettere in discussione gli accordi con Bruxelles.
La sindrome greca torna così a condizionare il mercato del debito sovrano. Il Btp decennale italiano si è mantenuto stabile con il rendimento 2,05%. Lo spread tra Btp e Bund risale in chiusura a 138 bp, complice la performance del bund tedesco, sceso in giornata al minimo storico dello 0,662%.
TLTRO
S’avvicina l’appuntamento con il QE europeo, almeno a giudiare dall’andamento delle altre misure “non convenzionali” già varate dalla Bce. Il secondo appuntamento con i prestiti Tltro al sistema bancario ha infatti registrato un mezzo “flop”. L’ammontare chiesto da 306 istituti europei è stato di 129,8 miliardi, poco meno del doppio dell’operazione di settembre, condizionata dall’Aqr. Ma il totale delle due aste , 212,4 miliardi (per giunta in parte destinati a saldare il prestiti del primo Ltro del 2011) è molto inferiore ai 400 miliardi messi a disposizione da Francoforte. Fra le banche, MontePaschi +0,5%, Unicredit +0,9%, Intesa +0,4%.
FCA
Fiat Chrysler chiude in ribasso del 6,27% a 9,19 euro, dopo avere segnato in mattinata un minimo di 9,0350 euro. E’ il quarto ribasso consecutivo. Dal picco di lunedì a 11,22 euro, il titolo ha lasciato sul terreno il 20%. Il gruppo ha annunciato il pricing dell’offerta di 87 milioni di azioni ordinarie costituite da azioni proprie detenute da FCA e da ulteriori azioni derivanti dall’esercizio del diritto di recesso.
Le azioni saranno vendute in America al prezzo di offerta di 11 dollari ciascuna, pari a 8,84 euro per azione al cambio euro dollaro di stamattina. A Wall Street ieri sera il titolo FCA ha chiuso con un calo del 9,5% a 11,47 dollari. Le banche collocatrici dell’offerta hanno un’opzione per acquistare da FCA fino ad ulteriori 13 milioni di azioni ordinarie. Exor, la holding degli Agnelli che controlla Fca, è scesa del 2,5%. Fra i titoli dell’industria, Finmeccanica è scesa dell’1%, StM ha perso lo 0,6% dopo che Ubs ha tagliato il giudizio a Sell da Neutral. Enel è salita dello 0,2%, Snam +0,7%. Positiva GTech +0,2%.
TELECOM
Telecom Italia chiude con un rialzo del 2,2% a 0,9440 euro. Nelle battute iniziali di stamattina il titolo si è spinto fino a 0,9770 euro. Ad attirare gli acquisti è l’indiscrezione di Bloomberg di ieri sera che riferisce dell’arrivo di un’offerta su Tim Brasil promossa dal trio di concorrenti Oi-Claro-Vivo.
La cordata sarebbe pronta a valutare il 100% di Tim Brasil circa 7,5 volte l’Ev/Ebitda, pari a 12 miliardi di euro, vale a dire 8 miliardi per la quota detenuta da Telecom Italia (67%). In passato, il management del gruppo italiano ha più volte detto di essere disponibile ad avviare trattative solo in caso di un’offerta per Tim Brasil di almeno 9 miliardi di euro per il 67% di Tim.
Stamattina, Il Sole24Ore scrive che è a rischio la vendita di Portugal Telecom ad Altice per 7,4 miliardi di euro (di cui 500 milioni di earn out): i soci portoghesi della holding PT Sgps, azionista di Oi, potrebbero mettere il veto e far saltare l’operazione. Se non vende le attività in Europa, Oi non ha le risorse per poter manovrare sul mercato domestico.
Due giorni fa il consiglio di amministrazione di OI ha deliberato la cessione di PT Portugal, più alcune attività in Ungheria, ad Altice: gli asset vengono valorizzati 7,4 miliardi di euro a livello di Ev, in più ci sono 500 milioni di euro di earn-out (esborso aggiuntivo al raggiungimento di certe condizioni). L’operazione non include le attività in Africa ed a Timor di Oi.
“Con questo passo, Oi prosegue nella sua strategia di rafforzamento della sua capacità finanziaria in vista dell’intenzione di avere un ruolo da leader nel consolidamento del mercato del Brasile”, si legge nel comunicato. Stamattina Credit Suisse ha alzato il prezzo obiettivo sul titolo a 1 euro con rating Neutral.
TAMBURI
Tamburi è poco mossa a 2,54 euro. Oggi è stato sottoscritto un accordo tra Fimag (Finanziaria Mariano Guzzini S.p.A.), holding di controllo di tutte le partecipazioni del gruppo industriale Guzzini, e TIPO (società partecipata da Tamburi Investment Partners), per l’entrata di TIPO nel capitale di iGuzzini Illuminazione S.p.A.
iGuzzini è la prima azienda italiana nell’ideazione e nella produzione di apparecchi e sistemi di illuminotecnica di alta qualità ed una delle prime aziende europee del settore architetturale con 20 filiali internazionali ed un’unità produttiva in Cina. iGuzzini è presente in 64 paesi e nel 2013 ha realizzato un fatturato di 199 milioni di euro. Il 62,3% del fatturato deriva da prodotti immessi nel mercato negli ultimi cinque anni.
L’affermazione del LED – che già oggi è impiegato nella gran parte della produzione di iGuzzini – in pochi anni sostituirà tutte le altre sorgenti luminose. TIPO acquisirà una quota del 14,29%; una parte molto rilevante dell’investimento sarà effettuata tramite un aumento di capitale finalizzato all’accelerazione dello sviluppo del gruppo iGuzzini sia in Italia che all’estero, dove già viene esportata una quota del 75% circa del fatturato.
Per Giovanni Tamburi, presidente di TIPO: “L’entrata nel capitale di una delle più belle ed importanti società al mondo nel settore del design, dell’alta tecnologia per l’architettura e delle soluzioni illuminotecniche più avanzate è per noi motivo di grande orgoglio ed è di per sé un grande onore. A maggior ragione visto che il nostro intervento, a fianco di una famiglia di imprenditori da sempre di grande successo, è mirato ad incrementare ulteriormente lo sviluppo a livello internazionale n un comparto dove l’Italia è universalmente riconosciuta come leader”.