Chiudere gli enti considerati inutili. Un’impresa titanica, al limite dell’impossibile, quella che ha in programma il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, se solo si considera che il problema dello sfoltimento delle strutture inutili o doppioni si trascina da mezzo secolo. Una giungla che attualmente contempla ben 173 enti, cui occorre aggiungere i 27 ordini professionali, per i quali però il taglio è stato espressamente escluso per legge. In totale, dunque, 200 enti.
Punto di riferimento si può considerare la legge n.14 dell’ormai lontano 1978. Da allora si sono susseguite varie normative: per far tappa ai giorni nostri, vanno segnalate le Finanziarie del 2002, quella del 2007, quella successiva, la legge 122/2010 sino a giungere ai decreti 201/2011 e 95/2012 in materia di semplificazione e ora la spending review.
Le normative taglia-enti hanno sinora portato alla soppressione di una cinquantina di enti ed istituti pubblici non economici statali, mentre altri 4 sono stati privatizzati (fondazione “il Vittoriale degli italiani”, l’istituto di beneficenza Vittorio Emanuele lll, l’ente opere laiche palatine pugliesi, l’Unuci).
Ma resta il nocciolo dei sopravvissuti enti pubblici nazionali, stimati attualmente in ben 200 compresi gli ordini professionali ( le stesse rilevazioni ufficiali non riescono a essere più precise, stante anche le diverse classificazioni e connotazioni degli enti pubblici).
Proviamo a fare una fotografia. Le curiosità non mancano davvero.
Partiamo dalle Authority, abbastanza giovani per nascita, essendo state create in questi ultimi lustri. Sono 12: Autorità garante della concorrenza e il mercato, per la protezione dei dati personali, per l’infanzia, per l’energia, per le comunicazioni, per la regolamentazione dei trasporti, per la vigilanza sui contratti pubblici, per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, per la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, per le società e la Borsa, per la vigilanza sui fondi pensione e per la vigilanza sulle assicurazioni.
Ma la parte del leone la fanno i parchi e gli istituti ambientali (30), alla pari degli enti dell’area culturale e di ricerca. In questo secondo capitolo si va dalle storiche accademie della Crusca e dei Lincei all’Invalsi, dal Cnr alla stazione zoologica Anton Dohm, dall’agenzia spaziale italiana Asi all’agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca Anvur, passando per gli istituti di astrofisica e di fisica nucleare, di geofisica e vulcanologia, di oceanografia e geofisica sperimentale, di ricerca metrologica Inrim. E poi una serie di altri istituti che dovrebbero essere accorpati ma che sono in attesa del regolamento di attuazione della unificazione strutturale: giunta per gli studi storici, istituto di numismatica, istituto per il medio evo, istituto per l’età moderna e contemporanea, per la storia antica, per la storia del risorgimento, l’istituto internazionale di studi Garibaldi, la Domus mazziniana.
Poi il capitolo trasporti e infrastrutture, con 28 tra autorità portuali e altri enti come Enac, Ansv, Ansf. Altri 15 nell’area produttiva, commerciale e sportiva: oltre a enti come Enit, Enea, Aci, Cai, Coni, istituto per il credito sportivo, l’Ice l’elenco annovera anche il banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali, la cassa conguaglio gas di petrolio liquefatto, cassa conguaglio settore elettrico, la fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo. Una fondazione, quest’ultima, prevista dal decreto 83/2012, ma non ancora costituita.
L’elenco è davvero lungo: 5 enti nell’area difesa, 7 nel capitolo delle finanze (agenzia del demanio, delle entrate, per l.e dogane e i Monopoli, cassa ufficiali della guardia di Finanza, fondo assistenza per i finanzieri, di previdenza del personale ex ministero delle finanze, di previdenza per il personale ispettivo, appuntati e finanzieri). E poi- alla rinfusa- l’Isfol, l’Inal, l’Inps, l’ordine mauriziano, l’istat, l’agenzia per l’Italia digitale, la scuola superiore della magistratura. Infine, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, gli Irccs pubblici. Sono 20.