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La frittura non va demonizzata, se fatta ad arte ha interessanti qualità

Wikipedia - Schellenberg

Parlare di frittura è parlare di una delle più tentatrici e piacevoli trasgressioni gastronomiche.  Inutile nasconderselo ma i cibi fritti hanno un gusto, una consistenza, un aroma ed un sapore ai quali è difficile resistere. Tanta bontà però si porta anche dietro una condanna permanente che  si fa più pesante con il passare degli anni.  Non a caso i fritti sono il regno in cui possono sguazzare a piacimento i giovani  in tutto il mondo. “Loro se lo possono permettere”: è il mantra ricorrente dei grandi che spesso devono assistere impotenti, e non senza una mortificante invidia, a tante patatine, ciambelle,crocchette, supplì, frittelle, consumate sotto i loro occhi dai ragazzi.  Qualcuno cede alla trasgressione ma subito subentra il pentimento pubblico, quasi uno scusarsi per aver invaso un mondo di libertà gastronomica dal quale, dopo una certa età, ci si deve sentire obbligatoriamente estranei. Un tempo però, non era così. Oltre a far parte dei finger food tanto presenti agli aperitivi e banchetti, i fritti sono legati a molte tradizioni culinarie sia festive che non. Si friggeva per festeggiare gli avvenimenti importanti in famiglia, per carnevale, per Natale oppure per sfizio. Storicamente questa cottura è una delle più recenti, infatti, richiede una pentola in metallo che sopporti le alte temperature e una buona disponibilità di grassi. Nel medioevo si afferma la frittura con lo strutto (che fa raccapricciare i contemporanei al solo pensiero) e prima di quel periodo le notizie sono ambigue, forse riferite alla tostatura o alle altre tecniche di cottura.

La frittura è la cottura degli alimenti nei grassi animali o vegetali portati ad alte temperature. Cibi fritti sono sempre stati demonizzati in quanto ritenuti nocivi per la salute. Ma è vero? Dipende, ci sono rischi legati al consumo di alimenti fritti in maniera scorretta e non sono neanche pochi, ma rispettando alcune regole possiamo ridurli efficacemente.

Iniziamo dalla chimica. Durante la frittura l’alimento cede l’acqua e assume l’olio, nel frattempo avvengono due tipi di reazioni: idrolisi e termossidazione dei grassi. Se prendiamo in esame gli oli, questi sono composti da trigliceridi,cioè 3 catene di acidi grassi uniti da una molecola di glicerolo. Gli acidi grassi possono essere saturi e insaturi, diversi oli contengono percentuali diverse di entrambi. Normalmente grassi saturi sono quelli ritenuti poco salutari e  grassi insaturi in giuste quantità sono ritenuti salutari. Nelle fritture accade il contrario, la presenza di grassi polinsaturi  e grassi acidi liberi abbassa il “punto di fumo” di un olio (temperatura alla quale il grasso comincia a decomporsi, fuma e produce un odore acre). Una frittura fatta male ad una temperatura troppo elevata provoca una sovrapproduzione di acidi grassi liberi che si staccano dal glicerolo il quale si ossida e forma acroleina, una sostanza tossica. In questa situazione si possono formare anche altri composti tossici, legati al tipo di alimento fritto come acrilammide, glicilammide e idrossimetilfurfurale. Per non parlare della polimerizzazione  e formazione di grassi trans. Questi effetti nocivi si possono ridurre ponendo l’attenzione alla qualità dell’olio e alla tecnica di frittura. Bisogna scegliere un olio  con punto di fumo elevato e non oltrepassare questa temperatura.

Punto di fumo di alcuni oli più comuni con acidità minore del 5% in gradi centigradi

(puramente indicativo, può cambiare in base al grado di raffinazione):

olio di palma = 254
olio di mais = 235
olio di arachidi = 230
olio di girasole = 211
olio di girasole alto oleico = 244
olio di oliva variabile = 160-205
olio di oliva raffinato = 200-240


Il punto di fumo diminuisce: se l’olio è aperto da molto tempo perché si ossida, se viene riutilizzato più volte o se utilizzato troppo a lungo.

Gli oli maggiormente impiegati nelle fritture sono quelli di semi, ritenuti più leggeri o meno invadenti nel sapore mentre olio di oliva viene utilizzato poco perché meno economico, più robusto di sapore e conferisce un colore più scuro alla frittura. In realtà olio di oliva è migliore per fare un buon fritto, la spremitura delle olive avviene senza uso di solventi come è invece per gli oli di semi e per questo non contiene residui che possono passare all’alimento. Olio extravergine di oliva è ricco di acido oleico, un grasso monoinsaturo molto più stabile dei grassi polinsaturi e contiene una grande quantità di antiossidanti che ne ritardano la degradazione. Secondo alcuni studi i fenoli presenti nell’olio di oliva mitigano la formazione di acrilamide in cottura. A questo punto occorre una spiegazione sulle sostanze dannose che abbiamo visto citate in giudizio.

L’Acroleina è un’aldeide, un composto altamente reattivo, volatile dall’odore acre. Si forma anche durante la combustione delle sigarette e durante la fermentazione errate nella produzione del vino. L’Acroleina è tossica e già a basse concentrazioni provoca l’infiammazione alle vie aeree e alle congiuntive dell’occhio, comporta lo squilibrio degli enzimi epatici ed è un possibile cancerogeno. Quindi se l’olio in padella produce fumo buttatelo, non è utilizzabile! È stato dimostrato che acroleina ha un importante impatto sull’intestino: aumenta la permeabilità intestinale (leaky gut), riduce le giunzioni strette e provoca la morte tra le cellule epiteliali. Uno studio del 2017 ha inoltre dimostrato che esposizione cronica ad acroleina come quella degli addetti alla friggitrice nelle catene dei fast food e delle friggitorie, può provocare le cardiomiopatie e insufficienza cardiaca. Di contro nelle fritture casalinghe eseguite correttamente questi rischi sono molto bassi, soprattutto se si friggono alimenti freschi come verdure e pesce e non quelli in busta prefritti come patate o bastoncini di pesce. Infatti il consumo eccessivo di questi alimenti è stato associato ad uno maggiore rischio di mortalità.

Un altro composto nocivo che si può formare durante la frittura è acrilamide prodotto durante la cottura di alimenti contenti gli amidi con la reazione di Maillard, quella che rende i cibi abbrustoliti e croccanti. Acrilamide è presente non solo nei fritti ma anche nei biscotti, cereali da colazione, caffè, pane, pizza e prodotti da forno in generale. Nel 2015 EFSA ha pubblicato la sua prima valutazione completa dei rischi associati al consumo di acrilamide. Le prove su animali mostrano che acrilamide è genotossica (danneggia il DNA) e cancerogena, mentre le prove sull’uomo sono poche e poco convincenti. Sembra che i recenti studi non confermano l’associazione tra l’assunzione di acrilamide in una normale dieta e tumore del rene e del seno. Dal 11/04/2018 è entrato in vigore il regolamento EU 2017/2158 che obbliga cuochi, pasticceri e industria alimentare a ridurre acrilamide nei loro prodotti. EFSA ha stabilito una dose diacrilamide che ha un effetto trascurabile sulla salute: 1g di patatine, 3g dipatate fritte e 4g di biscotti. Sicuramente la quantità di questo composto può essere ridotta, la quantità è proporzionale al colore dell’alimento: più è scuro e più ne contiene. Per diminuire acrilamide possiamo adottare alcuni accorgimenti: lasciare le patate in ammollo per 30 minuti prima della cottura,scegliere le varietà con meno zuccheri e asparigina, tagliarle in pezzi uguali così cuociono uniformemente oppure sbollentarle in acqua e aceto per eliminare l’amido.

Allora ritorniamo alla domanda posta prima: il fritto è nocivo alla salute? Un fritto fatto male sicuramente si, ma se viene eseguito correttamente i rischi ad esso legati si riducono notevolmente. Vale la pena acquistare un buon olio adatto, di oliva o di arachidi, e seguire le regole. Usare una giusta quantità di olio e friggere una giusta quantità di alimenti per volta, per non abbassare troppo la temperatura dell’olio. Asciugare bene gli alimenti e non mettere il sale prima della cottura per evitare la fuoriuscita dell’acqua. Dopo la cottura invece usare la carta assorbente ed eliminare l’olio in eccesso. Seguire queste regole è fondamentale per ottenere una frittura leggera, asciutta e poco oleosa che se consumata con moderazione offre anche una serie di vantaggi. Alimenti fritti conservano meglio le loro proprietà nutrizionali al confronto con altre tecniche di cottura, le verdure restano più crude e perdono meno vitamine. La colecisti riceve uno stimolo importante alla contrazione e allo svuotamento della bile accumulata (ma non va bene se ci sono calcoli biliare). Di conseguenza anche il fegato viene attivato maggiormente, soprattutto se è un’po’ pigro. Le verdure fritte, soprattutto le melanzane, favoriscono la regolarità intestinale per aumento della peristalsi. La frittura riduce il picco glicemico del pasto a causa del rallentamento dello svuotamento gastrico e a causa della conversione di una parte di amido(se presente) in amido resistente che non viene assimilato. Un buon abbinamento fa il resto. Accompagnare una frittura di pesce preparata a regola d’arte con una bella insalata colorata e una spremuta è il modo migliore per poter gustare un pasto accattivante e soddisfare così il palato. Perché friggere è un arte.

Buon appetito!

Il suggerimento di First&Food

Ristorante Osaka

Ristorante OSAKA
Corso Garibaldi 68, 20121 Milano
All’interno della galleria dell’Hotel Ritter

Tel. +39 02 29060678 / +39 02 62087829
Cell. +39 3311059517

email : ristoranteosaka.milano@gmail.com

Dal 1999 nel cuore di Milano, nella caratteristica zona di Moscova, il Ristorante Osaka, con il suo stile essenziale e tradizionale, “un locale dove regna sovrana – scrive la Guida Michelin – un’atmosfera sobria e minimalista, tipicamente orientale. Dalla cucina piatti nipponici, serviti anche al banco, di fronte allo chef che li prepara espressi”.

Nel  menù, il piatto principe varia ogni giorno, è sempre preparato con materie prime che sono acquistate  fresche ogni giorno. Accanto ai suoi piatti più noti come Sushi, Sashimi, Ramen e  Gyoz, lo Chef Ikeda Osamu approdato a Milano, dopo aver lavorato al ristorante giapponese “Benken” presso l’Hotel Nikko di Parigi e al “Restaurant Osaka” di Parigi, propone un eccellente Tempura di verdure. “La tempura giapponese – sottolinea Osamu – è una frittura leggera, asciutta e croccante che riesce a mantenere la freschezza e il sapore della verdura, senza appesantirla di olio. Questo avviene grazie alla pastella: mescolata poco, per evitare la formazione del glutine, e dalla temperatura fredda, che, immergendola nell’olio a 170-180°, subisce uno shock termico. La verdura, inoltre, per mantenere il suo gusto fresco e la sua croccantezza, viene fritta solo per pochi minuti, così da preservare la sua bontà anche dal punto di vista nutritivo.”

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